Fondi integrativi in sanità: un'analisi di Ornella Mancin su QS

Molti, con insistenza negli ultimi tempi, li indicano con il "Secondo pilastro della sanità": sono i fondi integrativi, quelli che andrebbero a coprire i servizi che non rientrano nei Lea, i livelli essenziali di assistenza. Una forma di sanità privata che andrebbe a integrarso - o a sostituire - quella pubblica. Proprio su questo riflette Ornella Mancin, medico di famiglia a Cavarzere e consigliera dell'OMCeO veneziano, in un articolo pubblicato ieri, giovedì 17 maggio, sulla rivista on line di settore Quotidiano Sanità. «Non è raro - riflette la dottoressa - vedersi chiedere esami a rischio di consumismo sanitario che come SSN stiamo faticosamente arginando con un lavoro sull’appropriatezza prescrittiva che richiede tempi lunghi e che sta dando solo adesso qualche frutto». Tra sostenibilità, medicina difensiva e volontà politica assente, questo l'articolo integrale. 

La sostenibilità non c’entra nulla col Secondo Pilastro sanitario

17 MAG - Gentile Direttore,
il  nostro SSN compie quarant’anni. È un sistema che pur con i suoi limiti ha dimostrato di funzionare al punto che in tanti ce lo invidiano. Tuttavia la sua sussistenza è sempre più a rischio. Un Sistema sanitario capace di garantire una sanità di eccellenza e un universalismo delle cure ha dei costi non facilmente sostenibili e si deve sempre più fare i conti con la mancanza di risorse e con una crisi di sostenibilità.
Una popolazione sempre più anziana e longeva, una crescente evoluzione tecnologica con arrivo di macchinari sempre più sofisticati e costosi, l’introduzione di nuove farmaci molto efficaci ma estremamente cari e il costante aumento di domanda da parte dei cittadini, stanno mettendo a dura prova il nostro SSN a fronte di un finanziamento che è fermo al palo da ormai molti anni.
 
Di questo tempi si parla molto  e con insistenza del “Secondo Pilastro Sanitario”, cioè di quei Fondi integrativi che dovrebbero perseverare le caratteristiche di solidarietà e universalismo della sanità pubblica  e che andrebbero a coprire tutti quei servizi che non rientrano nei Lea e per i quali i cittadini attualmente pagano di tasca propria
Non è ancora chiaro  come “Il secondo Pilastro” possa di fatto affiancare il SSN. Di certo, il forte aumento della  spesa sanitaria privata, che secondo l’Istat si avvicina ai 40 miliardi (il 90% dei quali attualmente è out-of-pocket), induce a pensare al “secondo pilastro “ come una possibilità concreta di mettere ordine nella giungla dei terzi paganti, portando ossigeno al nostro SSN e al contempo assicurando  “una maggiore uguaglianza nell’accesso alle cure per tutti i cittadini” (Vecchietti Qs 7 maggio).

Sembrerebbe l’uovo di colombo ma alcune perplessità sono legittime e il Presidente dell’Enpam Oliveti nel suo recente intervento in questo Quotidiano (QS 9 maggio) ne esprime alcune che impongono a tutti una riflessione. 
Si afferma che la spesa sanitaria privata dei cittadini cresce per l’inefficienza del nostro SSN: si chiede Oliveti: “Inefficienza  casuale o voluta?”.
A volte dal nostro osservatorio di medici in trincea, si ha l’impressione che una certa deriva sia se non voluta perlomeno tollerata
Se ho un banale mal di schiena e come cittadino voglio fare una RM, troverò il medico di famiglia che non me la prescriverà come prestazione a carico del SSN, ma avrà difficoltà a negarmela se io aderisco a un Fondo integrativo che me la rimborsa totalmente.
Questo perché “rispetto a quanto previsto inizialmente dalla normativa, quasi il 60% delle prestazioni coperte dal secondo pilastro non sono affatto integrative, ma sostitutive di quelle già incluse nei Lea“ (dati forniti dal presidente della fondazione Gimbe, Cartabellotta).
Questa è una delle principali criticità che sta  facendo aumentare la spesa sanitaria privata. Chi ha un fondo privato integrativo inserito nel suo contratto di lavoro, ritiene di avere diritto a ricevere tutti i servizi di cui stante il suo giudizio, necessita. Certo ci deve essere un medico che lo prescrivi, ma come dice il Presidente Oliveti bisogna tener conto che i medici sono spesso sottoposti  a una “pressione che induce  atti di medicina difensiva”, oltre che tener conto degli “interessi degli stessi medici, i meno pagati tra i Paesi comparabili, che trovano nel privato l’integrazione che gli manca”. 
Succede così che non è raro vedersi chiedere “tutti gli esami del sangue”, l’elettrocardiogramma con la vista cardiologica (sa, ho quasi 50 anni e non si sa mai), la vista oculistica (sa un controllo agli occhi) … e così via in un rischio di consumismo sanitario che come SSN stiamo faticosamente arginando con un lavoro sull’appropriatezza prescrittiva che richiede tempi lungi e che sta dando solo adesso qualche frutto.
 
Che dire poi di alcune prestazioni che risultano più care all’assistito se eseguite in regime SSN rispetto al privato? Succede per esempio nelle Regioni con il superticket dove al ticket della prestazione si aggiungono i 10 euro di tassa della ricetta. Al cittadino in molti casi converrà la prestazione privata, in tempi più brevi e a costo inferiore/ equivalente o di poco superiore. 
Di fatto in questo modo si favorisce una sanità a due binari ,quella pubblica obbligata a giusti criteri di appropriatezza e quella privata libera da vincoli.
 
Ma il vero nodo che pone il presidente Oliveti nel suo intervento è “Chi paga e come il Secondo Pilastro sanitario?”. 
Quello che sappiamo è che i Fondi integrativi, in costante aumento per il loro inserimento nei rinnovi contrattuali, godono di specifiche agevolazioni fiscali con detrazioni che di fatto sottraggono finanziamenti alla fiscalità generale e quindi indirettamente al finanziamento del SSN. 
Allora come Oliveti viene da chiedersi quale sia il vantaggio di “inserire un secondo Pilastro sanitario rispetto all’opzione di revisionare il Primo, che vive di universalismo e di fiscalità generale”.
 
Il nostro modello sanitario pubblico, equo e universalistico è una conquista irrinunciabile per l’eguaglianza di tutti i cittadini, da difendere e garantire alle future generazioni. 
Siamo davvero sicuri che lo stiamo facendo con tutte le nostre forze?
 
La completa assenza della sanità nei programmi elettorali prima e le notizie che ci giungono sui punti programmatici del costituendo governo (QS 13.5.2018) rendono evidente che la politica non sia molto interessata a incidere sugli aspetti strutturali del sistema, uscendo dalle logiche di una sostenibilità a breve termine. 
Se è vero, come si legge a conclusione dell’indagine sulla sostenibilità del SSN, approvata dalla Commissione Igiene  e sanità del Senato a gennaio 2018, che “Il Sistema è tanto sostenibile quanto noi lo vogliamo” , appare chiaro che occorre anzitutto una esplicita volontà politica per il mantenimento del SSN cosa che deve essere dimostrata con i fatti a partire da un finanziamento adeguato, dalla riduzione degli sprechi e da una riorganizzazione del sistema che tenga conto del cambiamento della società.
 
“Abbiamo un grande sistema sanitario che molti ci invidiano”, ha detto in una recente intervista a QS il Presidente Anelli, proseguendo: “Ecco, proviamo a miglioralo. E il miglioramento non può avvenire attraverso il definanziamento verso il quale sembra inesorabilmente destinato il nostro sistema. Perché la salute è un investimento. La salute produce Pil. Le fabbriche funzionano se gli operai stanno bene. E stanno bene se sono messi nelle condizioni di essere curati”.
 
Alla luce delle riflessioni sopra riportate l’OMCeO di Venezia, il 9 giugno, si propone come laboratorio di ricerca della nostra Area Metropolitana, riunendo in un Seminario i principali soggetti della Sanità Pubblica (il Segretario Regionale della Sanità e del Sociale del Veneto, i Direttori Generali delle AULLS della Provincia, Sindaci, Sindacati) con i rappresentati della Sanità Privata, Cittadinanzattiva e Confindustria; questo evento sarà propedeutico ad una seconda tappa nazionale che si svolgerà il 22 settembre, nell’ambito della manifestazione Venezia in Salute.
L’impegno dell’Ordine di Venezia è quello di garantire la sostenibilità del SSN preconizzando possibili modelli di integrazione pubblico privato capaci in primo luogo di conservare una sanità eccellente e l’universalismo delle cure.
La  revisione del SSN e la sua cooperazione con il Sistema Privato non devono essere sollecitate da una presunta emergenza di sostenibilità del SSN ma richiedono un pensiero di lungo termine e il coinvolgimento di tutti gli attori che a vario titolo contribuiscono al nostro sistema sanità.
 
Dr. Ornella Mancin, Consigliera OMCeO Venezia

 

Segreteria OMCeO Ve
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