Caso Englaro: contro la decisione della Corte d'Appello di Milano

La Corte di Appello di Milano ha autorizzato la sospensione dell'alimentazione e dell'idratazione per Eluana Englaro: questa decisione significa morte certa della ragazza per fame e disidratazione, la morte peggiore che possa essere inflitta ad un essere umano.

Da medici siamo convinti che:

- non è compito di un giudice stabilire criteri clinici in base ai quali dichiarare non più assistibile un paziente

- la condizione di "stato vegetativo persistente" non è mai identificabile con uno stato di "coma irreversibile" dal  quale si differenzia per la presenza di risveglio spontaneo o stimolato, di attività elettrica cerebrale presente e variabile, di movimenti di apertura degli occhi spontanei o sotto stimolo ambientale

- in medicina il giudizio di irreversibilità di una condizione patologica, qualunque essa sia, non è criterio sufficiente per chiedere la sospensione delle cure: con questa sentenza viene data priorità assoluta ad una selezione della persona, in base al solo criterio di qualità della vita

- il paziente in stato vegetativo persistente non è un paziente terminale e per questo è inappropriato e
antiscientifico legare la sua "idoneità a vivere" ad una eventuale condizione di reversibilità

- questa decisione su Eluana è una condanna a morte perpetrata per legge in nome della pietà


Perciò oggi affermiamo che :

- la sospensione dell'idratazione e dell'alimentazione a una persona in condizioni generali stabili, in stato    vegetativo persistente da anni, senza l'evidenza di alcun peggioramento clinico che ne indichi l'approssimarsi della fine, è eutanasia (cioè atto dal quale deriva la morte del paziente)

- non esiste oggi una legge in Italia che abbia approvato l'eutanasia, la quale neppure è ammessa dal nostro Codice deontologico

- la soluzione adottata dai giudici di Milano è perfino peggiore di quella che si avrebbe praticando alla paziente una iniezione letale (eutanasia, inaccettabile per definizione), che quantomeno, a parità di esito, risparmierebbe alla stessa una agonia di durata indefinibile e senza speranza.


La decisione della Corte d'Appello di Milano, pertanto, è gravissima in quanto da un lato scavalca le leggi dello Stato e la discussione politica e culturale, dall'altro sminuisce il ruolo del medico il cui dovere è la "tutela della vita, della salute fisica e psichica dell'Uomo e il sollievo della sofferenza" (art.3 Codice Deontologico), riducendolo a mero esecutore se non spettatore di decisioni prese altrove.


Andrea Babbo
Giuseppe Barbiero
Paolo Bellemo
Manuela Berto
Roberto Boscolo
Gabriele Crivellenti
Mattia Doria
Antonio Lo Giudice
Giampaolo Poles
Elena Ramilli
Salvatore Ramuscello
Sebastiano Ruggeri
Luigi Stocco
Cosimo Tomaselli
Pietro Valenti
Milena Zanon
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