Comunicato stampa per il Primo Simposio Nazionale sulle decisioni di fine vita

Mestre, 22 maggio 2008

COMUNICATO STAMPA

A confronto il mondo della medicina, della teologia e della filosofia. La testimonianza di Englaro

SABATO A MESTRE IL PRIMO SIMPOSIO NAZIONALE
SULLA DESISTENZA TERAPEUTICA

Sul tavolo le questioni etiche e l’urgenza di una legge ad hoc per questa terapia di fine vita

“Sarà un po’ come mettere il dito in una piaga che fino ad oggi, nel nostro Paese, è stata coraggiosamente affrontata da pochi addetti ai lavori, circondati spesso da un diffuso pregiudizio e da atteggiamenti miopi”.

Nasce con questo spirito il simposio dal titolo “Le decisioni di fine vita: quale il ruolo della desistenza terapeutica” organizzato dall’Ordine dei Medici Chirurghi ed Odontoiatri della provincia di Venezia che si terrà sabato 24 maggio (dalle 9.00 alle 13.30) presso l’hotel Michelangelo di Mestre.

“Un appuntamento – spiegano il dott. Maurizio Scassola, presidente dell’OMCeO veneziano e il dott. Cristiano Samueli, responsabile scientifico del simposio - che rappresenta una sfida, perché per la prima volta in Italia la desistenza terapeutica diventa tema di discussione tra mondi diversi che, se messi in dialogo tra loro, possono creare le basi per importanti svolte nel campo delle terapie di fine vita. E’ fondamentale abbattere quel muro che porta a ignorare l’esistenza di una questione che invece appartiene alla quotidianità di quanti, tra medici e familiari, si trovano a contatto con i malati terminali”.

Tra i “muri” che il simposio punta ad abbattere, quello della confusione terminologica che frequentemente porta ad intendere la desistenza terapeutica (pratica che sostituisce ogni atto finalizzato a tenere artificialmente in vita il paziente, sostituendo ad essa una terapia per alleviarne il dolore ed accompagnarlo verso la fine) come sinonimo di eutanasia.

Il tavolo del confronto, cui siederanno tra gli altri il chirurgo internazionale e presidente uscente della commissione Sanità del Senato, Ignazio Marino, il filosofo Massimo Cacciari e il teologo don Corrado Cannizzaro, docente di bioetica presso lo Studium Generale Marcianum di Venezia, ruoterà quindi attorno a due filoni principali.

“In primo luogo – spiegano Scassola e Samueli – approfondiremo gli aspetti etici e deontologici
che si legano alla desistenza terapeutica, affrontando il concetto della qualità del morire e analizzando le dinamiche umane che si sviluppano tra medico, familiari e paziente, nel momento in cui arriva la difficile scelta di come affrontare la fine di un’esistenza”.

Aspetti questi che troveranno un momento di ulteriore riflessione nella testimonianza di Beppino Englaro, padre di Eluana, la ragazza di Lecco ridotta da oltre 16 anni ad uno stato vegetativo permanente a seguito di un drammatico incidente stradale. Un caso che continua a tenere aperta la questione relativa al diritto di rifiuto delle cure anche per i soggetti in stato di incoscienza.

La presenza di Beppino Englaro introduce giocoforza il secondo tema cruciale del simposio, ovvero quello dello giurisprudenza e delle leggi per regolamentare la desistenza terapeutica, “già nei fatti praticata ma non ancora riconosciuta attraverso una normativa. Per dare la dimensione di quanto la desistenza terapeutica sia diffusa - dicono ancora Scassola e Samueli – basta ricordare i risultati di un’indagine condotta da Guido Bertolini, epidemiologo dell’Istituto ‘Mario Negri’, assieme al Gruppo italiano di valutazione degli interventi in terapia intensiva.
I dati, riferiti al 2005 ma ancora del tutto attuali, ci dicono che il 62% dei decessi registrati nei reparti di rianimazione italiani avviene perché i medici, perlopiù dopo un confronto con i familiari, decidono un atto di desistenza terapeutica, come può essere quello di sospendere la ventilazione forzata o non aggiungere un’ulteriore cura che si ritiene inutile”.

Di qui la necessità di intervenire per introdurre una legge ad hoc: “attualmente medici e famiglie sono lasciati a loro stessi, ingabbiati in una assenza di normativa che lascia drammaticamente in sospeso una moltitudine di questioni, prime tra tutte il ‘chi?’ e ‘quando?’ deve decidere per dare inizio all’applicazione della desistenza terapeutica. Il simposio di Mestre rilancerà in modo chiaro questo problema, così come quello dell’esigenza di avere sul territorio nazionale una rete di hospice adeguati per dare ai malati terminali accoglienza e cure adeguate. Fra l’altro la regione Veneto ha il primo hospice pediatrico in Italia.
Nella nostra società - concludono Scassola e Samueli - si parla sempre di qualità della vita, ma la civiltà di un Paese si misura anche attraverso la dignità che riusciamo a dare a chi si trova alla fine del proprio percorso esistenziale”.
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