La cultura della donazione serve a tutti: pazienti e medici

Salvare una vita, far vivere in condizioni migliori chi è costretto a terapie lunghe e difficili, poter riacquistare, nel caso ad esempio del trapianto di cornea, la vista. In un’epoca di stringente individualismo ed egocentrismo, donare è un gesto di squisita gratuità: significa davvero salvare qualcuno, un dono per la vita.
Diffondere la cultura della donazione e far capire ai medici stessi, soprattutto quelli di famiglia, tutti i passaggi necessari che portano dall’espianto al trapianto di organo sono gli obiettivi del convegno Donazioni: vite per la vita, organizzato per il prossimo 23 marzo al Centro Cardinal Urbani di Zelarino dalla Fondazione Ars Medica, braccio operativo culturale dell’OMCeO veneziano, in collaborazione con una delle eccellenze territoriali in materia di trapianti, la Fondazione Banca degli Occhi del Veneto Onlus.

Nata ormai 30 anni fa da un’idea del professor Giovanni Rama, chirurgo oftalmologo, e dell’imprenditore Piergiorgio Coin, la Banca degli Occhi è un ente no profit che si occupa di trapianti, di ricerca e di cura delle malattie oculari. Punto di riferimento dell’intero Nord Est, grazie alla grande sensibilità di tante famiglie e al lavoro instancabile di moltissimi operatori, è la prima banca in Europa per numero di cornee raccolte e distribuite: oltre 4mila ogni anno.
Molto impegnata sul fronte della ricerca, la Banca degli Occhi è anche tra i primi centri al mondo capaci di distribuire lembi di cellule staminali corneali ricostruiti in vitro per curare quelle patologie oculari per cui il solo trapianto di cornea non basta.

«La collaborazione con loro – spiega Ornella Mancin, medico di medicina generale e presidente dell’Ars Medica – è nata durante l’ultima edizione di Venezia in Salute, a cui hanno partecipato per la prima volta nel 2018. Conoscendoci e confrontandoci è nata l’idea di un convegno sulla donazione, tema che noi non abbiamo mai affrontato ma che è di grande attualità per tanti motivi: perché di organi c’è tanto bisogno, perché c’è una cultura carente sulla donazione e perché è carente anche l’informazione che riceviamo noi medici di famiglia sulle procedure, sulle modalità, su cosa dire ai pazienti o ai familiari».
Difficile, insomma, anche negli ambulatori, dare risposte chiare e riuscire a orientare le scelte. Non sono casi rari, ad esempio, i pazienti che non donano il sangue per paura di infettarsi con gli aghi. «Sono pochi, purtroppo – continua la presidente – i trapianti da vivente. E, avendo a che fare con persone decedute, il processo non è sempre facile. C’è una maggiore sensibilità alla donazione da parte dei giovani, ma con chi ha una certa età si fa più fatica perché si ha paura di affrontare l’argomento della morte, un aspetto molto intimo della vita».

Sono proprio i medici di famiglia, dunque, i destinatari privilegiati di questa mattinata di studi. «Il convegno – spiega Diego Ponzin, direttore medico della Fondazione Banca degli Occhi – vuole rafforzare il dialogo con il medico di medicina generale sulla donazione degli organi e dei tessuti. Il medico di famiglia ha un ruolo importante: può informare e sensibilizzare, facendo cultura di donazione verso i cittadini, ma è anche una figura centrale nella valutazione del donatore e della sicurezza dei trapianti. In questo percorso c’è bisogno di conoscenza e fiducia reciproci, tra i cittadini e i professionisti attori coinvolti, e questo convegno mira a rafforzare proprio questi aspetti».
Il medico di famiglia ha, in particolare, un ruolo determinante nella sicurezza del trapianto. «Quando, ad esempio, alla Banca viene donata una cornea – spiega la dottoressa Mancin – proprio attraverso il medico di medicina generale si risale alle eventuali patologie di cui soffriva il paziente, per capire se poter usare o meno le sue cornee. I medici che non conoscono questo ente, però, difficilmente forniscono informazioni di salute dei propri pazienti e questo causa difficoltà. Se i medici di famiglia li conoscono e cominciano a capire come lavorano, dubbi e paure svaniranno».

Un po’ a sorpresa – ma neanche tanto vista la collaborazione ormai di vecchia data dell’Ars Medica con questa disciplina – ad aprire la giornata sarà un filosofo, Umberto Curi, professore emerito di Storia della Filosofia all’Università di Padova, che parlerà del dono e del valore della gratuità. «La donazione – prosegue la dottoressa Mancin – è un atto d’amore, di generosità, è un modo di porsi nei confronti della vita, una visione della vita. Per questo non si poteva non partire da un filosofo per dare un inquadramento generale di questo aspetto. In altri tempi si sarebbe chiamato il prete, in una società laica non si può non chiamare un filosofo. Vogliamo aprire il convegno con questo sguardo al dono come modo di essere nel mondo». Saranno poi passati in rassegna i vari aspetti tecnici: una fotografia del mondo della donazione nel territorio veneto, gli esempi di come concretamente si opera nella donazione, il ruolo dei vari attori che vi partecipano, dall’infermiere al medico di famiglia.

Aperto, se vogliono, anche ai cittadini e a tutti gli i operatori sanitari, una cifra del convegno è l’approccio multidisciplinare alla questione. «Nell’ambito della donazione – prosegue Mancin – questo tipo di approccio è fondamentale: le figure professionali che lavorano di concerto tra di loro sono tante. Ma la collaborazione in questo caso deve essere ancora più estesa, deve allargarsi oltre i confini della nostra professionalità, deve aprirsi anche al cittadino: senza di lui, senza la sua disponibilità, la donazione alla fine non esiste. È un concerto ampio, in cui la società stessa deve essere partecipe e recepire l’importanza del donare».

Chiara Semenzato, giornalista OMCeO Provincia di Venezia

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In allegato la locandina con il programma dettagliato dell’evento

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