Resistenza agli antibiotici, sfida epocale. Ma qualche passo avanti c’è

Usare meno farmaci: è questa l’unica arma davvero efficace per combattere la resistenza agli antibiotici, una questione sanitaria che ha assunto ormai caratteristiche globali. Da un lato batteri contro cui le molecole risultano sempre più inefficaci, dall’altro le imprese farmaceutiche che nel settore non investono più perché gli antibiotici sono molto costosi e rendono poco. Con il risultato che da dieci anni ormai non se ne affaccia uno di nuovo sul mercato.
Il quadro della situazione è stato tracciato ieri sera, giovedì 9 marzo, in un’affollatissima sala convegni Caterina Boscolo dell’OMCeO veneziano, nel corso di aggiornamento Uomini, animali e antibiotici: un triangolo “pericoloso”, che Ordine, Fondazione Ars Medica e Ordine dei Veterinari hanno organizzato insieme, dopo che il tema era emerso con vigore nell’incontro precedente di ottobre.
L’ansia e la preoccupazione espresse a più riprese dalla classe medica e da Stefano Grandesso, dirigente della UOC Laboratorio Analisi Chimico-cliniche e microbiologia dell’Ospedale dell’Angelo di Mestre, sono state, però, bilanciate dal cauto ottimismo espresso dai veterinari.
Importante il dato sottolineato da Raffaella Barbero, coordinatrice del Gruppo di Lavoro Nazionale sul Farmaco Veterinario della FNOVI, la Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Veterinari, e confermato anche da alcuni professionisti dell’Istituto Zooprofilattico di Padova presenti in sala: negli ultimi tre anni l’uso degli antibiotici sugli animali, soprattutto nel settore avicolo, è calato di circa il 30%.
Se si aggiunge, poi, l’attenzione che in questo senso sta emergendo nelle grandi aziende produttrici, spinte da una sempre più alta pressione da parte dei consumatori ad avere prodotti antibiotic free, il presupposto positivo può trasformarsi in uno o più passi avanti decisi.

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Nel suo saluto iniziale, sottolineando la proficua e sempre più stretta sinergia tra medici e veterinari, il presidente Giovanni Leoni ha accennato alla questione dell’inquinamento da Pfas in Veneto, definito il “terzo evento catastrofale mondiale di inquinamento ambientale”, che riguarda non solo le acque potabili, e quindi l’uomo in modo diretto, ma anche gli animali che quell’acqua da un lato la bevono e che dall’altro mangiano prodotti agricoli irrigati con acque inquinate.
«L’antibiotico resistenza – ha spiegato a sua volta Sandro Zucchetta, presidente dell’Ordine dei Veterinari – è una sfida epocale. Su questo problema come veterinari siamo sul pezzo da tempo: dall’ambiente medico arrivano dati preoccupanti. Bisogna conoscere il problema, capirlo, e trovare soluzioni, ognuno secondo le proprie competenze e professionalità. Fondamentale anche lo scambio di dati tra le professioni sanitarie».
Subito dopo l’accenno a un’esperienza personale: una gatta, portata nel suo studio da una coppia di anziani dopo vari altri tentativi, con un’infezione che non si riusciva a guarire in alcun modo. Gli esami diagnostici rivelano una resistenza a tutti gli antibiotici.
«Ho scoperto poi – ha aggiunto – che l’anziano padrone faceva avanti e indietro di continuo in strutture di lungo degenza. Non so se questo avesse attinenza con quanto successo alla gatta, ma è stato un campanello d’allarme. Un caso che mi ha colpito molto perché trovarsi ad affrontare una patologia in cui l’armamentario terapeutico non è efficace penso sia una condizione che deve far riflettere».
Sotto la lente di ingrandimento anche il modus operandi delle aziende zootecniche e il benessere animale. «Sono due argomenti – ha detto Zucchetta – ben presenti nella dialettica interna ma che si scontrano con la realtà economica: produrre bene costa. Dobbiamo puntare sulla qualità e non sulla quantità. Qui entra in campo la figura del consumatore: deve rendersi conto che buono e sano costano e deve essere informato di questo per poi fare le sue scelte».

La parola è poi passata agli esperti. Assente per motivi di salute, il professor Giovanni Re, ordinario di Farmacologia e tossicologia veterinaria all’Università di Torino, è stato sostituito da Raffaella Barbero, farmacologa veterinaria e ricercatrice all’Istituto Zooprofilattico piemontese. «L’antibiotico resistenza – ha spiegato illustrando i dati preoccupanti sui decessi umani nel mondo – nasce quando nasce l’antibiotico. Alcuni di questi farmaci hanno retto bene per un ventennio, altri sono durati poco, meno di un paio d’anni. Le catastrofiche previsioni per il 2050 parlano di 10 milioni di morti legati all’antibiotico resistenza, più delle vittime che mieterà il cancro». L’antibiotico resistenza, insomma, è un problema umano: l’uomo ne muore.
Un ampio spazio della sua relazione è stato poi dedicato alla ricerca e allo sviluppo di nuovi farmaci, ormai praticamente ferma. «Studiare nuovi antibiotici – ha detto – non è facile: non sono fonti di reddito efficaci. Sono molto costosi e rendono poco: è un decennio ormai che non ne vediamo di nuovi sul mercato».
La loro classificazione, il modo in cui vengono usati in ambito umano e animale, l’impatto che hanno sulla zootecnia, gli altri temi affrontati. «È fondamentale – ha aggiunto – l’uso razionale degli antibiotici, il cui impatto è alto, almeno il 50%, negli animali da affezione, cani e gatti. Le normative sono stringenti per gli animali che producono alimenti, non altrettanto per quelli da compagnia».
Per questo uso razionale sono fondamentali la diagnosi corretta, la conoscenza della farmacodinamica – lo studio degli effetti biochimici e fisiologici dei farmaci sull’organismo e il loro meccanismo d'azione – e della farmacocinetica – che studia quantitativamente l’assorbimento, la distribuzione, il metabolismo e l’eliminazione dei farmaci – il rispetto delle indicazioni terapeutiche, l’attenzione all’associazione di farmaci diversi. «Siamo – ha sottolineato ancora – i quarti utilizzatori in Europa di antibiotici, ma qualche dato incoraggiante c’è: in 3 anni l’uso veterinario è stato ridotto del 30%».
Questi i messaggi da portare a casa:

  • gli antibiotici non sono una risorsa rinnovabile;
  • gli antibiotici dovrebbero essere l’ultima linea di difesa e non la prima;
  • la sinergia è fondamentale: serve uno sforzo comune tra le classi sanitarie;
  • bisogna ridurre la quantità di farmaci utilizzati;
  • alcuni antibiotici fuori moda funzionano meglio di alcuni di ultima generazione;
  • bisogna puntare sul benessere animale, sulla biosicurezza, sulla prevenzione e la profilassi: i prezzi dei prodotti saliranno, il pollo arrosto costerà di più, ma sarà più sano.

Fedele alle promesse fatte nell’articolo di presentazione pubblicato su questo sito, Stefano Grandesso ha concluso la serata di aggiornamento spiegando che bisogna trattare le infezioni e non le colonizzazioni, illustrando come sia cambiato negli anni l’impatto dei gram positivi, praticamente sconfitti, e dei gram negativi, oggi imperanti e raccontando, batterio per batterio, quali ceppi siano presenti sul territorio veneziano e dove siano stati isolati, per lo più nei reparti ospedalieri.
«Siamo nell’era – ha spiegato, supportato da dati e grafici – delle infezioni non più trattabili, degli organismi multiresistenti. Bisogna stare attenti alla nostra realtà perché quello che succede qui non succede a Treviso o a Udine. Ci sono differenze anche tra Venezia e Mestre, divise solo da un ponte».
Conoscere il più possibile quello che c’è sul territorio è, dunque, il più importante dei consigli dati ai colleghi impegnati localmente, i medici di famiglia ad esempio. E poi, ancora: preservare i farmaci più importanti, usarli in modo accurato, ma anche andare alla scoperta di qualcosa di vecchio, lasciato in un cassetto, ma che può funzionare meglio.
Partita ancora apertissima, insomma, quella tra l’uomo e la resistenza agli antibiotici. Una strada per vincerla è stata tracciata, ma servono passi più decisi per far sì che quello tra uomini, animali e farmaci il triangolo sia sempre meno pericoloso.

Chiara Semenzato, giornalista OMCeO Provincia di Venezia

Segreteria OMCeO Ve
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