Responsabilità professionale: bene la nuova legge, ma non basta

Scioglie alcuni nodi, la nuova legge 24 sulla responsabilità professionale per chi lavora nella sanità, ma restano ancora tanti i punti da chiarire, a partire, ad esempio, dai decreti attuativi di cui il provvedimento approvato a marzo ha bisogno per diventare realmente efficace. Provvedimenti su cui, per ora, non c’è certezza di tempi: non si sa se e quando saranno varati. Senza di loro, la legge è zoppa.
Quasi tutti i relatori presenti hanno definito il provvedimento “un deciso passo avanti”, ma, ad eccezione del Procuratore della Repubblica Adelchi D’Ippolito che l’ha sostanzialmente promosso, sono tanti i dubbi emersi dagli esperti riuniti venerdì pomeriggio, 12 maggio, al Padiglione Rama per il convegno Responsabilità medica: la nuova disciplina dopo l’entrata in vigore della Legge 24, organizzato dall’OMCeO veneziano, in collaborazione con la Procura e l’Ordine degli Avvocati e il patrocinio dell’Ulss 3 Serenissima.

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I saluti delle autorità
Un incontro “importantissimo” lo definisce Giuseppe Dal Ben, direttore generale dell’azienda sanitaria lagunare e padrone di casa, che poi aggiunge: «La legge 24 cerca di mettere un po’ di ordine da una parte in quel mondo caotico del contenzioso medico legale che si sta sempre più sviluppando, dall’altra nelle “paure” del medico che prendono corpo nella medicina difensiva. È un tentativo che, spero, possa dare frutti importanti».
Davvero poco entusiasta nei confronti del provvedimento, e lo mette subito in chiaro, il legale Paolo Mario Chersevani, presidente dell’Ordine degli Avvocati di Venezia, che nei suoi saluti sottolinea l’importanza della sinergia con altre professioni e dell’interdisciplinarietà per affrontare alcune materie. «Tutte le libere professioni – spiega – sono sotto attacco. Le professioni intellettuali sono viste dalla politica di oggi come un fastidio e un disturbo, mentre dovrebbe essere riconosciuto il ruolo fondante che a loro compete. Siamo qui a parlare oggi della legge Gelli, di responsabilità professionale medica: su questo tema ne abbiamo viste di tutti i colori. Dobbiamo essere noi professionisti a dare indicazioni, sia ai nostri iscritti sia al legislatore, che possano essere di chiarimento».
Un’apertura, quella alle altre professioni, che, come sottolinea citando i recenti convegni con gli psicologi e i giornalisti, è anche uno dei tratti caratterizzanti della presidenza di Giovanni Leoni alla guida dell’OMCeO veneziano. «Il tema – aggiunge subito dopo – è molto dibattuto. Io non credevo che alla fine il decreto Gelli venisse approvato… Mancano ancora i decreti attuativi e si trovano già volumi interi di controdeduzioni sulle problematiche che la legge non risolve. Il medico sceglie di fare questa professione per curare la gente, non per difendersi dagli attacchi legali. Se pensassimo alle implicazioni legali che il nostro operato comporta, non potremmo avere il coraggio, la prospettiva, l’inventiva, la fantasia, la concretizzazione degli sviluppi della scienza. Non potremmo prenderci rischi professionali per curare casi difficili. Spero che questi eventi servano anche a un’analisi della professione del medico nella sua interezza perché di certe persone che si prendono dei rischi possiamo avere bisogno tutti».

Il procuratore D’Ippolito illustra la legge
Al procuratore della Repubblica Adelchi D’Ippolito il compito di aprire il convegno illustrando la legge 24, approvata in via definitiva alla Camera il 28 febbraio e pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 17 marzo scorso. «Uno degli obiettivi – dice subito, come già aveva fatto in passato – è restituire serenità al medico. La collettività ha interesse ad avere un medico tranquillo, preoccupato della salute del paziente e non di costituire prove con cui, poi, eventualmente difendersi in un’aula di tribunale».
Spiega poi la fondamentale importanza del consenso informato, che consente “la condivisione delle cure con il paziente”, e delle linee guida, nuovo concetto introdotto con forza nel provvedimento che il magistrato non esita a definire 2rivoluzionario”. «Assumono – spiega – un significato decisivo: non è, infatti, punibile il medico a cui venga contestata l’imperizia e che abbia provocato un danno, se si è attenuto rigorosamente alle linee guida pubblicate».
Altri passi avanti, secondo D’Ippolito, il taglio della prescrizione, da 10 a 5 anni, il doppio binario sulla responsabilità civile che riguarda sia le strutture sanitarie sia i singoli professionisti, e l’onere della prova dell’eventuale errore medico, che ora spetta al paziente e non al camice bianco. Fondamentale anche il tentativo obbligatorio di conciliazione attraverso una consulenza tecnica preventiva. «Il ruolo del consulente – aggiunge – è delicato e decisivo. È garanzia di terzietà e di indipendenza che la consulenza arrivi da un collegio in cui ci siano sempre almeno un medico legale e un medico esperto della materia». Un ginecologo, per capirsi, non può essere chiamato a valutare l’operato di un cardiologo, come spesso succede oggi.
«Questa legge – conclude – fa fare significativi passi avanti, pur non risolvendo totalmente il problema. La cosa decisiva, però, è e resta il rapporto virtuoso tra paziente e medico. Ho raccolto decine di denunce per episodi modesti, ma con protagonisti medici scortesi, sgarbati, poco attenti. Abbiate un’attenzione profondamente rispettosa della sensibilità del malato: è questo a ridurre in modo significativo il ricorso al giudice».

I dubbi degli esperti
I primi dubbi sui punti poco chiari della legge arrivano direttamente dal presidente degli avvocati, Paolo Maria Chersevani, e muovono proprio dalle parole del procuratore. «Io non credo – dice – che voi medici sarete rasserenati da questa norma. I dati sulla medicina difensiva, ad esempio, che è praticata da almeno il 60% degli ospedalieri, sono devastanti: una spesa di parecchi miliardi l’anno, il 10% della spesa sanitaria nazionale, lo 0,75% di PIL. La legge, poi, è un passo avanti più sotto il profilo penale che sotto quello civile. Prendiamo, ad esempio, la prescrizione: scende a 5 anni, ma da che momento si calcola? Non da quando avviene il fatto, ma da quando ho la fondata attendibilità che un certo evento si sia verificato in seguito a un preciso comportamento».
Altri punti deboli della norma, secondo l’avvocato Chersevani: l’applicare un criterio assicurativo simile a quello dell’RC auto e le menzionate linee guida. Da un lato, infatti, se il professionista è soggetto ad azione di rivalsa, perde addirittura un grado di giudizio. Dall’altro non è chiaro a quali linee guida si faccia riferimento: chi le farà, in che tempi, cosa succede se non ci sono documenti di indirizzo pubblicati. «La legge 24, insomma – conclude – ha una buona impostazione, ma la praticabilità è difficile».

Con un po’ di ottimismo in più, invece, Cristina Potì, responsabile dell’unità operativa Sicurezza del Paziente dell’Ulss 3 Serenissima, sottolinea come la legge faccia riferimento esplicito alla sicurezza delle cure per la persona assistita, al processo cioè che tende ad evitare o a mitigare gli effetti degli eventi avversi in sanità, e all’“esercente la professione sanitaria”, non sia cioè solo destinata ai medici, ma a tutti i professionisti della salute.
«L’articolo 16 – aggiunge poi – è estremamente importante perché vieta l’acquisizione o l’utilizzo nei procedimenti giudiziari dei verbali e degli atti conseguenti all’attività di gestione del rischio clinico. Questa è una piccola rivoluzione: è un messaggio forte, ci invita a parlarci con chiarezza, fidandoci l’uno dell’altro, aspetti fondamentali per gestire il rischio».

A presentare un focus sulla responsabilità civile sia per le strutture sanitarie sia per il singolo professionista è l’avvocato del Foro di Venezia Camilla Mastrangelo, che passa in rassegna gli articoli 7, 8, 12, 13, 14 e 15 della nuove legge.
Il legale sottolinea, tra l’altro, come il provvedimento tuteli più il danneggiato che i professionisti sanitari, garantendo risarcimenti più veloci e sicuri, come il medico dipendente ricavi pochi vantaggi dalla norma, e come si possano sollevare dubbi di legittimità costituzionale, per violazione del principio di uguaglianza, dato che emergono due responsabilità distinte: extracontrattuale per i medici, liberi professionisti e dipendenti, che svolgano la loro attività in ambito ospedaliero pubblico o privato e contrattuale per struttura e medici che lavorano in libera professione, al di fuori delle strutture.
Si sofferma poi – sempre evidenziando le criticità della norma – anche sul tentativo di conciliazione, sull’obbligatorietà per tutti dell’assicurazione, sull’istituzione del fondo di garanzia per i danni derivanti da responsabilità sanitaria. «Anche io – dice – ho dei dubbi sulla reale efficacia concreta della disposizione, che possa diminuire i contenziosi. Molte norme non sono immediatamente applicabili perché mancano i decreti attuativi. La norma è come un gatto che si mangia la coda, la coperta resta un po’ corta: tira da una parte e lascia fuori i piedi dall’altra. Non credo che questa legge sia una novità epocale, che cambi effettivamente le cose».

La parola passa poi a Mario Giordano e Giorgio Spadaro, consulenti legali dell’Ordine veneziano dei Medici, per approfondire il tema delle azioni di rivalsa. «Dopo un travaglio durato 10-15 anni – dice con più ottimismo l’avvocato Giordano – si è arrivati a una stabilizzazione del sistema. La legge Gelli è una specie di ciclone, ma un ciclone indispensabile perché risolve una serie di situazioni che puntavano dritte verso l’iceberg, verso la catastrofe, soprattutto economica. A mio avviso questa legge riequilibra la situazione, creando una sorta di sistema di vasi comunicanti attraverso i quali compensare: si risarcisce, ma fino a un certo punto, e ci si riprende, attraverso le assicurazioni, una parte di ciò che si è speso».
Spiega poi come la chiave della norma stia nell’obbligatorietà dell’assicurazione estesa a tutti, analizzando le azioni di rivalsa possibili soprattutto da parte delle strutture private, come contenuto negli articoli 9, 12 terzo comma, e 13 ultima parte, e che si struttureranno nella maggior parte dei casi come appendici dei giudizi principali.
Le azioni di rivalsa, invece, nelle strutture pubbliche il tema scandagliato dall’avvocato Giordano che vede, tra gli aspetti positivi della norma, la terzietà garantita dal giudizio, la valutazione autonoma rispetto al giudice civile, la possibile riduzione dell’addebito da parte del giudice, la non trasmissibilità agli eredi dell’eventuale responsabilità riconosciuta, salvo nel caso ci sia stato illecito guadagno.
«Questa legge – conclude – fa un piccolo passo avanti, ma non dà effettiva certezza sulla riduzione dei contenziosi. È, poi, ridondante di enunciazioni che non hanno nulla di normativo. Le leggi sono comandi: con una legge devo dire cosa posso e non posso fare e cosa succede se lo faccio. Qui ci sono molti enunciati inutili».

Una normativa ostica, la legge 24, anche per Silvano Zancaner, direttore dell’unità complessa di Medicina Legale dell’ulss 3 Serenissima, che ne dà un giudizio negativo. «La responsabilità colposa – spiega – può essere legata a colpa specifica o generica e, in quest’ultimo caso, a negligenza, imprudenza o imperizia. La nuova legge ci fa un favore con l’impunibilità per imperizia, ma è un piccolo favore, dato che la maggior parte degli addebiti è per le altre due categorie».
Sottolinea, poi, come ancora non ci sia chiarezza sul concetto di colpa grave, come l’accordo sulle linee guida sia di difficile attuazione, visti i tanti soggetti che potrebbero essere coinvolti nella stesura, come di “buone pratiche cliniche” ce ne siano tante, in una scelta complessa tra quelle da seguire, come restino comunque pesanti gli oneri a carico del singolo professionista, in sostanza 6 anni di stipendio, in caso di rivalsa.
«L’unica vera fonte di notizie – conclude, dando ai presenti un consiglio concreto – che il medico legale ha, per esprimere una valutazione su come abbia lavorato il collega, è la cartella clinica. Si possono capire le scelte e i ragionamenti che le hanno sostenute. Scrivere è espressione di diligenza e di controllo dell’iter clinico del paziente».

Prima della conclusione dei lavori, spazio anche all’avvocato della Regione Veneto Giacomo Vigato, in rappresentanza del direttore generale dell’Area Sanità Domenico Mantoan, che ha partecipato attivamente all’estensione di una polizza assicurativa regionale con contenuti innovativi. «Ci siamo chiesti – spiega – come la Regione potesse fornire il suo contributo. La regola aurea è l’alleanza terapeutica tra medico e paziente, la comunicazione in ambito sanitario diventa essenziale. La prima tutela per i medici, allora, è una buona organizzazione della struttura, una giusta suddivisione di responsabilità e attività. Così si diminuisce il rischio».
In quest’ottica la Regione ha cercato una tutela effettiva per i camici bianchi lavorando per trovare un contratto assicurativo omogeneo per tutte le realtà e spingendo le aziende sanitarie a conoscere il loro effettivo rischio interno.

Proprio ai modelli organizzativi del servizio sanitario e alle unità operative fa, infine, riferimento Maurizio Scassola, vicepresidente della FNOMCeO nel suo breve intervento finale. «La riorganizzazione – sottolinea – non è possibile a costo zero. Il territorio si sta riempiendo di unità operative complesse: cosa sono, se non questo, i distretti e le medicine di gruppo integrate? Ci vogliono investimenti per la formazione, ma anche nella tecnologia. Bisogna fare un deciso salto di qualità». Servono, ad esempio, esperti a sostegno delle decisioni cliniche e banche dati a cui accedere velocemente per avere risposte immediate da inserire nelle cartelle cliniche a supporto delle proprio scelte.

Tante, insomma, le perplessità rimarcate dai giuristi su questa nuova norma, su cui si intravede da parte del legislatore un tentativo di buona volontà, ma su cui ancora molto resta da fare. Temi complessi su cui, è stato sottolineato a chiusura dei lavori, ci si dovrà ancora confrontare a lungo.

Chiara Semenzato, giornalista OMCeO provincia di Venezia

Segreteria OMCeO Ve
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