GIPEF E COMEM A Venezia : Cronaca di un Meeting Euro-Mediterraneo

GIPEF E COMEM A Venezia: Cronaca di un Meeting Euro-Mediterraneo

Nella stupenda cornice dell’isola di San Servolo a Venezia, su iniziativa della FNOMCeO italiana e grazie allo straordinario impegno dell’Ordine Provinciale dei Medici chirurghi e odontoiatri di Venezia , nei giorni 2, 3 e 4 ottobre 2008 si è svolta un’importante sessione del GIPEF e della COMEM .

L’acronimo GIPEF (Grecia Italia Portogallo Spagna Francia ) connota un organismo sorto nel 1994 per volontà degli Ordini nazionali dei medici di questi 5 paesi fondatori con l’obiettivo di confrontare esperienze e realtà professionali, consolidatosi a tal punto da allargarsi nel 2004 , ad altre 5 nazioni europee : Belgio, Lussemburgo, Slovenia, Albania e Cipro.

La COMEM invece ( Conference des Ordes des Medicins Euro Mediterraneens) è un organismo che , conferendo un respiro mediterraneo , raggruppa le 10 nazioni del GIPEF stesso e delegazioni ordinistiche nazionali provenienti dalla sponda sud del mediterraneo , dal Medio Oriente e dal Nord Africa ( Algeria, Marocco,Tunisia, Egitto, Libia, Mauritania,Giordania, Palestina, Siria e Malta, Bahrain, Emirati arabi, Kuwait, Qatar , Sudan).

Giovedì 2 ottobre, all’apertura dei lavori del meeting internazionale il Presidente dell’OMCeO di Venezia Maurizio Scassola, nel porgere il benvenuto alle delegazioni presenti, ha affermato “… da sempre abbiamo creduto in un nostro ruolo attivo e partecipe nella costruzione di una rete euro-mediterranea di relazioni professionali, e ci candidiamo come interlocutori, proponendo questa nostra esperienza come laboratorio di confronto su temi etico-filosofici applicati a progetti di assistenza e cura della Persona “.

Si è quindi entrati nel vivo dei lavori del GIPEF con l’intervento del Presidente FNOMCeO, Amedeo Bianco, che nella sua relazione ha introdotto il tema di grande attualità dell’organizzazione dell’orario di lavoro.

Le delegazioni dei 10 paesi del GIPEF hanno ampiamente e proficuamente discussa ed infine emendata una bozza di Dichiarazione sulla Direttiva dell’orario di lavoro , condividendo un testo finale che afferma : “In riferimento alla proposta di Direttiva del Parlamento Europeo recante modifiche della Direttiva 2003/88/CE concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro, le delegazioni hanno convenuto che rimangono tuttora validi e attuali i principi posti in premessa alla Direttiva 93/104/CE e alla successiva Direttiva 2003/88/CE finalizzati a coniugare il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro con le esigenze di sviluppo della produttività dei servizi e delle imprese. I

n particolare le delegazioni sottolineano come tutte le modifiche prospettate e presentate come modello di “Flexicurity “ ( modello del mercato del lavoro danese e olandese, nel quale ad una notevole flessibilità in materia di assunzioni e licenziamenti si accompagna una altrettanto estesa sicurezza per coloro che si trovano ad essere disoccupati, grazie alla presenza di ammortizzatori sociali e ad un efficace sistema di formazione che facilita le transizioni da un impiego all’altro ndr) in ambito sanitario, non solo riducono le tutele della salute dei medici ma anche la sicurezza ( e la salute ) dei pazienti.

Le attività del medico infatti si caratterizzano come servizi alla persona su un bene tutelato da principi comunitari e nazionali indisponibili ( la salute ) ed il medico minacciato sui suoi equilibri psicofisici è una potenziale minaccia per la salute dei suoi pazienti”.

Entrando nello specifico delle proposta di modifica dell’orario di lavoro del medico secondo l’EWTD 2003/88/CE , le delegazioni mediche del GIPEF hanno assunto le seguenti posizioni.

“ a) va respinta la proposta di modifica che aggiunge alle due definizioni di orario di lavoro (art 2 comma 1) e periodi di riposo ( art 2 comma 2 ) due nuove definizioni e precisamente “on call work “ (comma 1 bis ) e “ inactive part of on call work” (comma 1 ter ).
Questa scomposizione del tempo di lavoro tra quello attivo ed inattivo è irrazionale ed impraticabile sul piano organizzativo e gestionale, nonché terreno fertile di contenziosi in materia di responsabilità professionale, infine minaccioso per la sicurezza dei pazienti potendosi asserire che in realtà in un turno di 14 ore, anche notturne, solo 8 sono conteggiate come attive ai fini della durata massima settimanale del lavoro.

b) non è accettabile la proposta (art 16 bis ) di consentire agli stati nazionali per via regolamentare pattizia o legislativa l’estensione fino a 12 mesi del periodo di riferimento per il calcolo della durata massima settimanale del lavoro.

c) non è condivisibile la proposta di modifiche agli articoli 17 (paragrafi 2 e 5 ) e 18 (comma 3) della EWTD 2003/88/CE che riconducono ad “un limite ragionevole” comunque non oltre le 72 ore, il riposo compensativo ed entro 14 giorni quello settimanale. Come documentato da una vasta letteratura scientifica in materia, il riposo giornaliero, per assolvere alle sue finalità di tutela della salute del lavoratore e, nel caso dei medici, la sicurezza dei pazienti, deve immediatamente seguire il tempo di lavoro.

d) E’ da respingere, in particolare per i medici, il principio dell’”opt-out “individuale , ovvero la scelta di portare oltre le 48 ore la durata massima settimanale del lavoro, che verrebbe quindi innalzata a 60 ore o 65 ore “.

Il documento preparato dal GIPEF si conclude con l’appello che “ …tutti i medici, compresi quelli in formazione, vengano esclusi dalle modifiche della EWTD 2003/88/CE , con l’impegno in tutte le organizzazioni mediche europee per una azione forte di pressione sul Parlamento Europeo e Consiglio, chiamato nei prossimi mesi a votare la nuova Direttiva e infine con la proposta di una giornata di mobilitazione unitaria dei medici europei a sostegno di una organizzazione dell’orario di lavoro del medico che affianchi al rispetto delle esigenze delle strutture non solo i diritti alla tutela delle condizioni di vita e di lavoro dei professionisti ma anche la sicurezza dei pazienti “ .

Il dottor Nicolino D’Autila, Presidente della Federazione Regionale ordine medici dell’Emilia-Romagna ha poi presentato all’assemblea la “proposta di Direttiva concernente i diritti dei pazienti relativi all’assistenza transfrontaliera”. Questa bozza di Direttiva è stata ampiamente discussa dalle 10 delegazioni del GIPEF ; è stato espresso vivo apprezzamento per la scelta della Commissione che ha inserito nella legislazione Europea una specifica area dedicata a questo aspetto della assistenza sanitaria , che garantisce al cittadino europeo un libero e appropriato accesso ai servizi sanitari transfrontalieri, a ricevere i trattamenti garantiti dai servizi sanitari nazionali in un altro paese dell’Europa Unita con la certezza del rimborso della spesa sostenuta allo stesso livello di quello previsto nel proprio sistema sanitario.

La Direttiva precisa infine che i pazienti transfrontalieri hanno diritto ad un trattamento senza discriminazioni e allo stesso livello di quello ricevuto dai cittadini residenti. Nel pomeriggio di venerdì 3 ottobre ha avuto inizio l’assemblea della COMEM ;

 il Presidente dott. Mohamed Bekkat-Berkani , algerino , ha dato inizio ai lavori di questo organismo di cooperazione e scambio culturale medico che raggruppa i 10 paesi del GIPEF e 15 delegazioni di nazioni che si affacciano sulla sponda sud del mediterraneo, del nord africa e dei paesi arabi. La partecipazione alle sessioni di lavoro è stata molto intensa, la COMEM ha affrontato dapprima la proposta della creazione di una piattaforma di informazione, comunicazione formazione tra i paesi della COMEM , indi con l’intervento del dott. Sergio Dompè, Presidente di Farmindustria, si è discusso sulle “ opportunità di ricerca biomedica internazionale nei paesi del mediterraneo, il progetto di una rete” che ha suscitato grande interesse ed alcuni timori, soprattutto tra i componenti delle delegazioni di lingua araba, a causa delle diverse culture e del diverso modo di intendere la ricerca clinica.

La giornata di sabato 4 ottobre, Chairman il dott. Bekkat-Berkani e il vicePresidente OMCeO di Venezia, Salvatore Ramuscello, è stata interamente dedicata all’argomento “ Formazione del medico nei paesi della COMEM, modelli a confronto” .

La mobilità non solo dei pazienti, ma anche dei medici, impone infatti ad ogni nazione delle profonde riflessioni su questo inedito fenomeno della mobilità dei professionisti medici. Nel suo intervento il dott. Ramuscello , citando la Direttiva del Parlamento europeo 2005/36/CE ( relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, che fissa le condizioni per poter esercitare determinate professioni in Paesi europei diversi da quelli in cui la persona ha la cittadinanza e ha svolto i propri studi o la propria esperienza professionale ndr) ha illustrato alle delegazioni euro-mediterranee ed arabe i capisaldi che la compongono;

in Europa la professione medica è una professione intellettuale ( non commerciale), il medico ha una responsabilità individuale e svolge una attività indipendente. Il medico che si laurea in un paese europeo, ha il diritto di lavorare in Europa e gli Stati non possono non riconoscere il titolo di laurea posseduto; vige infatti un principio di automatico riconoscimento . Se invece il medico che vuole esercitare la professione proviene da un paese extra-UE, gli viene richiesto questo minimo profilo : che l’ammissione all’Università sia avvenuta attraverso il possesso di un diploma , che il corso di studi medici abbia avuto una durata di almeno 6 anni o 5500 ore teorico/pratiche sotto supervisione universitaria e che dimostri una adeguata conoscenza della pratica clinica conseguita anche attraverso una frequenza in ospedale.
La Direttiva 2005/36/CE prevede inoltre per i medici specialisti e per gli odontoiatri un idoneo percorso.

L’intervento del Chairman dott Mohamed Bekkat-Berkani , Presidente del Consiglio nazionale degli ordini dei medici di Algeria, ha fatto conoscere all’assemblea la realtà universitaria dei paesi della sponda sud del mediterraneo . Il Marocco, la Tunisia e l’Algeria riproducono il modello di studi francese; l’Algeria ha 10 facoltà di medicina e circa 10.000 studenti , sparsi in 4 università; si accede al corso di studi in base alla media ottenuta col diploma di stato, il corso di medicina dura 7 anni, il diploma di specialità dai 3 ai 5 anni.. Stessa realtà in Tunisia. Nel Medio Oriente arabo prevale invece il modello anglosassone , con semestri e crediti di ore. Il corso di studi in medicina prevede 2 anni di basi scientifiche poi tre anni di clinica e infine un anno di internato in ospedale. Negli Emirati Arabi prevale lo stampo americano con Università pubbliche e private ( il corso di laurea in medicina è aperto anche alle donne nei soli campus di Abu Dhabi e Dubai ) con il consueto schema 2+3+1 . In Libano invece le Università hanno indirizzo di formazione francese, inglese, americana ed europea.

Nei paesi arabi emerge ora l’esigenza di formare medici specialisti in “nuove” specialità - prima sconosciute - quali la geriatria e l’oncologia o in malattie infettive come l’Aids o in imaging. Nel 1962 , anno dell’indipendenza dell’Algeria – ha ricordato il dott Bekkat-Berkani- l’aspettativa di vita media in Algeria era di 40- 45 anni , ora si è arrivati a 70-75 anni ; per questo ora servono medici specialisti in geriatria o in oncologia. L’introduzione di nuove tecnologie di imaging o le nuove possibilità diagnostiche fanno sorgere l’esigenza di disporre di professionisti preparati nelle cure ai prematuri, nella diagnosi prenatale , anche se nei paesi arabi si frena su questo poiché non è possibile fare una IVG terapeutica, causa vincoli della società non sormontabili.

Altri due punti importanti sono stati toccati dal collega algerino, il grande giovamento che potrebbero trarre i paesi del sud mediterraneo dall’insegnamento della medicina con lo scambio di insegnanti provenienti dall’Europa , anche attraverso videoconferenze e/o internet. Il secondo tema, delicato e “sofferto “ è invece quello della fuga dei cervelli, ovvero la fuga dei medici formati nelle università dei paesi del sud del mondo ( con notevole dispendio di risorse per la formazione ) che scappano verso l’estero, verso i paesi ricchi , per restarvi a lavorare. La collaborazione Nord/Sud potrebbe frenare questa fuga e proprio la COMEM potrebbe suggerire agli Stati alcune soluzioni. Tra l’altro, sostiene Bekkat-Berkani, proprio la migrazione dei cervelli impone l’armonizzazione dei corsi di studi medici .

Il collega francese Montanè ha posto l’attenzione sulla necessità di conoscere in tempo reale conoscenze e competenze di questi medici “migratori”. A questo proposito il dott Ramuscello ha ribadito la necessità che venga adottata al più presto una CARD medica, ovvero una sorta di scheda curricolare contenente i dati salienti di ogni professionista medico ; ritiene inoltre che debbano essere proprio le organizzazioni come la COMEM ( ovvero gli Ordini dei medici ) a far pressione sulla politica perché adotti in tempi brevi questa Card, che permetterebbe una rapida circolazione dei medici all’interno della Unione Europea.

Il collega proveniente dalla Giordania, prof Madidi ha esordito dicendo che nel suo Paese non esiste il problema della responsabilità individuale del medico ; poichè esercita una professione umanitaria , non si può chiedere conto al medico di eventuali errori.

Si è aperto allora un breve dibattito su chi debba giudicare le responsabilità dei medici, gli ordini professionali o la giustizia ? Nel suo intervento il prof Allowi ( Marocco ) ha ricordato come l’Europa abbia impiegato 30 anni per arrivare alla Direttiva europea 36/2005 ma nello stesso tempo ha sostenuto che l’elaborazione legislativa europea potrebbe aiutare i paesi del Sud a crescere più in fretta, capitalizzando cioè l’esperienza europea in questo campo, quanto di buono ha elaborato il pensiero europeo. A tal fine Allowi ha chiesto un workshop ad hoc .

Il dott Amato dell’Osservatorio del COMEM con sede a Palermo ha detto : siamo istituzioni che si confrontano con i Governi e con i ministeri della Salute, mentre ignoriamo le relazioni con le Università. E’ giunto il tempo di pensare ad una programmazione del numero dei medici non solo nazionale ma internazionale.

Nel suo intervento Maurizio Scassola ha sottolineato la necessità di tarare gli obiettivi formativi sulla medicina che cambia e ha riconosciuto nella COMEM uno strumento di aggiornamento continuo per la professione.

Nel suo intervento la delegazione Giordana ha affermato come dal 1998 esiste un Consiglio medico Nazionale in Giordania. Qui c’è il problema dei medici giordani che si laureano in 102 università diverse, fin nell’Honduras; il Consiglio nazionale non “esamina” i medici laureati in Giordania ma ha la necessità di validare quelli provenienti da fuori nazione. Le sfide del futuro immediato in Giordania sono : l’innalzamento dell’età media dei medici e la scarsità di giovani medici specialisti e soprattutto l’ emigrazione dei medici. Circa il 60% dei medici giordani , una volta laureati nel loro paese, emigra in USA , ( a questo proposito il collega giordano ha usato il termine: furto dei cervelli ); si pone pertanto in maniera forte il problema di come far rimanere in loco i medici .

Il dott. Salvatore Ramuscello parlando dell’ECM ha sostenuto che nei 27 paesi della UE esistono 27 ECM diversi, volontari e/o obbligatori, indicando in un ECM europeo il prossimo obiettivo da conseguire, con crediti validi in tutto l’ambito europeo e crediti non solo basati sullo studio ma anche sulla pratica.

Gli Emirati Arabi si trovano invece di fronte alla sfida futura della privatizzazione della assistenza sanitaria.

Il collega francese Montanè ha detto chiaramente che nel suo Paese c’è un animato dibattito contro l’applicazione della Direttiva europea , c’è un forte ostacolo in Francia alla libera circolazione dei medici. Ogni Stato vuole avere voce in capitolo sulla circolazione dei medici e oppone resistenze. E’ necessario allora trovare un minimo denominatore comune , che potrebbe essere rappresentato dalla formazione/accreditamento . Il dott. Montanè riguardo alla fuga dei medici ha usato il termine “pii auspici “ per farli restare nei paesi d’origine, poiché i flussi migratori non riguardano solo la direttrice Sud/Nord ma anche l’interno della UE, citando il caso dei 5000 medici che dalla Polonia sono emigrati in Gran Bretagna e degli 800 medici rumeni arrivati in Francia dopo il recente allargamento a 27 paesi della UE.

.E’ necessario allora lavorare sulle convenzioni bilaterali tra Stati e Stati ( soprattutto dell’Africa) e , sempre secondo Montanè, stipulare una sorta di convenzione sul tipo di formazione e durata della stessa suggerendo ad esempio una sorta di “contratto “ : vieni in Italia o in Francia o in Europa per 4 anni, ti specializzi in xyz poi ritorni a lavorare nel tuo paese di origine.

Il collega del Sudan ha ribattuto che è più giusto organizzare piuttosto che porre un divieto alla migrazione dei medici. Ha poi sostenuto che internet facilita la comunicazione all’interno della COMEM.

A conclusione della tre giorni del meeting di San Servolo è stato presentato all’attenzione e all’approvazione dell’assemblea della COMEM il cosiddetto “ Documento di Venezia” sulla formazione del medico.

In estrema sintesi il documento premette che la buona formazione del medico rappresenta l’elemento fondante e l’aspetto prioritario per l’esercizio della professione medica, nonché il profilo di garanzia ai pazienti e lo strumento di controllo da parte degli Ordini dei Medici circa le capacità e le competenze dei loro iscritti.

Afferma che la formazione rappresenta un interesse comune per i medici di tutti i paesi aderenti alla COMEM , sostiene che è opportuno un coordinamento e una omogeneizzazione delle iniziative formative e professionali. In questa ottica il Documento propone di affidare all’OMCeO di Venezia il compito di promuovere e gestire una Scuola di Formazione in ricerca clinica applicata dei Paesi della COMEM ; infine di attivare un portale da intendersi come moderna piattaforma di informazioni, comunicazioni e progetti formativi fra tutti i paesi della COMEM .

Nell’esporre il Documento ai presenti il Presidente FNOMCeO Amedeo Bianco ha sottolineato come il filo conduttore della dichiarazione, il terreno comune è la formazione e come i sistemi formativi possano reciprocamente capirsi e integrarsi.

Formare è compito dell’Università, ha ribadito Bianco, ma l’aggiornamento, l’educazione continua del medico è compito degli Ordini professionali.

Nel campo della ricerca clinica applicata la COMEM potrebbe rivestire un ruolo importante , poiché la ricerca ha bisogno di espandersi in gruppi sempre più vasti. Ecco allora l’idea di costruire un luogo, qui a Venezia, in San Servolo, una scuola dove cominciare a costruire un modello di ricerca per l’area mediterranea , una grande vetrina di lavoro professionale assieme, anche sulla formazione dei ricercatori clinici , perfezionando i profili della sperimentazione.

Le argomentazioni di Amedeo Bianco ha suscitato un vivacissimo dibattito che ha toccato numerosi aspetti ( i finanziamenti di questa scuola garantiscono continuità? Portano condizionamenti ? La ricerca è limitata ad alcuni paesi o è allargata a tutti i membri della COMEM ? C’è necessità di appoggiarsi a qualche Università, trattandosi di una scuola? Quali saranno queste ricerche?) A tutte questi quesiti Bianco ha risposto con puntualità ed efficacia, tanto che l’assemblea della COMEM si è conclusa con la decisione di accogliere l’Intenzione di Venezia e di discutere nella prossima riunione le osservazioni che verranno nel frattempo avanzate dai paesi membri , al fine della successiva approvazione. I

Il Chairman Bekkat-Berkani , chiudendo il meeting internazionale, ha avuto parole di elogio e di ringraziamento per la grande accoglienza ricevuta dalle delegazioni e per la impeccabile organizzazione del meeting.

Alla tre giorni di San Servolo hanno partecipato, oltre al il Presidente dell’Ordine dei medici chirurghi e Odontoiatri di Venezia Maurizio Scassola e al Vice presidente Salvatore Ramuscello, i Consiglieri Allibardi, Breda, Roncali, Sinigaglia, Leoni, Picciano,Gallo, Mediati, Fameli, Nicolin, Berto, Morando e Tomaselli. Gran parte del merito per la riuscita del meeting va all’impegno profuso senza risparmio dalle dottoresse Caterina Boscolo e Carla Carli.

Il prossimo appuntamento del GIPEF e della COMEM si terrà in Libano, a Beirut.


Franco Fabbro
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