Malattie da animali a uomo: collaborare il segreto della prevenzione

Metà medici, metà veterinari: una numerosa, variegata e attenta platea ha partecipato ieri sera, giovedì 5 maggio 2016, al convegno malattie trasmissibili da animali a uomo organizzato dalla Fondazione Ars Medica, braccio operativo dell'OMCeO di Venezia guidato dalla dottoressa Ornella Mancin, in collaborazione con il locale Ordine dei Medici Veterinari e il patrocinio dell'Ulss 12 Veneziana.
Una serata per capire meglio quali sono i vettori più pericolosi nel nostro territorio, come i medici possano riconoscere a prima vista i sintomi di eventuali epidemie e per spiegare che la sanità pubblica passa anche e soprattutto attraverso la salvaguardia dell'ambiente in una stretta sinergia tra tutti gli attori coinvolti per affrontare le sfide globali e difendere la biodiversità. Il segreto, insomma, per una prevenzione accurata è la collaborazione.

“Siamo tutti medici – ha detto nel suo saluto iniziale Giovanni Leoni, presidente dell'OMCeO veneziano – ed è un gran piacere per me sviluppare queste collaborazioni tra professionisti. Medici e veterinari veneziani hanno tanti problemi in comune, a partire dalla reperibilità alle chiamate d'urgenza, dalle differenze per chi ha scelto la libera professione alle nuove normative”.
“Una sola medicina, una sola salute – ha sottolineato subito dopo Sandro Zucchetta, presidente dell'Ordine veneziano dei Medici Veterinari – significa comunicazione e collaborazione tra diverse discipline per stabilire un approccio olistico, dunque integrato, alle sfide globali e locali. L'obiettivo comune è la prevenzione, il controllo delle malattie in grado di determinare epidemie tra gli esseri umani e gli animali, mantenendo l'integrità dell'ecosistema e garantendo la biodiversità”.
Tra le parole – chiave: riconoscere il legame essenziale tra animali e uomo, monitorare e sorvegliare il territorio, educare e sensibilizzare la popolazione e trovare soluzioni innovative e multidisciplinari.
Soddisfatto della collaborazione tra categorie professionali anche Luca Sbrogiò, da qualche mese direttore del Dipartimento di Prevenzione dell'Ulss 12 Veneziana. “L'iniziativa congiunta – ha commentato – di medici e veterinari è positiva perché va in controtendenza: la somma delle competenze di queste due categorie mette in moto sinergie straordinarie. Le nuove sfide della sanità pubblica necessitano di visioni intersettoriali e di percorsi formativi condivisi per trovare insieme nuove soluzioni”.

Entrando nel vivo del convegno, sotto la lente di ingrandimento dei relatori sono passati in particolare quei vettori che nel nostro territorio trasmettono malattie sia agli uomini sia agli animali: zanzare, zecche e flebotomi, cioè i pappataci.
“Zanzara comune e zanzara tigre – ha spiegato la dottoressa Gioia Capelli, dell'Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie – sono due mondi separati che trasmettono malattie diverse e che vanno affrontati in modo diverso”. Tra le patologie che possono insorgere nel cane la filaria, nell'uomo la febbre West Nile. “Servono – ha proseguito – una sorveglianza e un monitoraggio continui del territorio, sotto il profilo medico, veterinario ed entomologico. Se il virus non circola si risparmiano un sacco di soldi. Se invece circola si può partire subito con la prevenzione”.
Da tenere sotto controllo anche le zecche, sia quelle del cane, sia quelle dei boschi presenti in tutte le aree collinari, ma che sempre più si stanno insediando anche nei grandi parchi urbani alle periferie delle città. In questo caso i pericoli sono la rickettsia, la babesia, la TBE, cioè l'encefalite trasmessa proprio dalle zecche, la malattia di Lyme.
“Confrontando i dati – ha aggiunto la ricercatrice – sui cani di proprietà e su quelli vaganti, abbiamo visto che dal punto di vista epidemiologico non ci sono differenze se non per le filarie”. In pratica chi ha un cane fa una prevenzione corretta contro questa patologie, ma non usa o usa poco e male i repellenti contro le zecche, le pulci e i flebotomi.
“Siamo ancora indietro – ha concluso la dottoressa Capelli – con la Leishmania, la popolazione ancora non la conosce bene. Le malattie nel nostro territorio sono stabili e presenti. I casi umani per ora sono sporadici ma in realtà è solo questione di tempo, arriveranno. Fondamentali allora lo screening precoce, tutti gli anni, anche se l'animale è sano, la corretta prevenzione e l'educazione sanitaria”.

Un'analisi accurata dei parassiti che possono colpire il cane al centro, invece, della relazione del professor Antonio Frangipane di Regalbono, docente al dipartimento di Medicina Animale, Produzioni e Salute – la vecchia facoltà di Veterinaria – dell'Università di Padova, che si è occupato soprattutto dei problemi che possono insorgere nella convivenza stretta tra esseri umani e amici a 4 zampe.
Tra i parassiti più infestanti il genere Toxocara Canis, specie complessa che si presenta sottoforma di larve racchiuse in uova ingerite dal cane, molto resistente e che colpisce soprattutto, ma non solo, i cuccioli passando attraverso la madre. Tra le patologie che possono provocare se arrivano all'uomo: dolori addominali, tosse, asma, febbre, nei casi più gravi miocardie e crisi epilettiche.
Tra gli altri parassiti potenzialmente pericolosi l'ancylostoma, larve libere nell'ambiente che penetrano per via transcutanea, di cui la cagna è sempre un buon serbatoio e che provocano eritemi cutanei localizzati, e la giardia duodenalis, parassita idrodiffuso che vengono mangiati e si replicano nell'intestino.
“La convivenza cane – uomo in condizioni igieniche precarie – ha sottolineato il docente – aiuta la diffusione di assemblaggi zoonici, non solo da animale a uomo ma anche da uomo ad animale. Una ricerca che abbiamo condotto a Padova sui cani di proprietà nelle aree urbane ci ha detto che è molto basso nella popolazione il livello di percezione del rischio sanitario legato alle feci canine. Chi ha il cane ne sa quanto chi non ce l'ha”. Anche in questo caso, allora, fondamentali l'educazione e la sensibilizzazione ai rischi sanitari: una medicina, una salute. Animali e uomo condividono lo stesso ambiente.

Un articolato focus sulla malaria, sulla malattia di Lyme, sulla dengue e sulle febbri estive al centro, infine, della relazione sulla prevenzione, diagnosi e cura delle malattie trasmesse da vettori del dottor Sandro Panese, dell'Unità Operativa Malattie infettive dell'Ulss 12 Veneziana.
Una patologia, la malaria, ormai vinta in Occidente, ma che talvolta si ripresenta con casi di importazione, di ritorno temporaneo, e i cui sintomi sono aspecifici: febbre, mal di testa, astenia, vomito, diarrea. “Deve essere diagnosticata – ha sottolineato il medico – e trattata precocemente. Ha un periodo di incubazione di 10 – 15 giorni. Fondamentale l'anamnesi del paziente: dobbiamo aver cura noi medici di chiedere al paziente se ha viaggiato in paesi a rischio. A lui, magari, non viene in mente di dircelo. Al ritorno dal viaggio, poi, la profilassi deve continuare per 4 settimane. Non deve essere interrotta anche se si sta bene”.
Tra i consigli pratici arrivati dal medico, parlando della malattia di Lyme, il giusto modo di rimuovere una zecca. “Bisogna rimuoverla presto e bene – ha spiegato – per prevenire l'infezione e perché succhia sangue a lungo: bisogna prenderla con le pinze vicino alla testa, senza usare prodotti che la uccidano. Va sfilata girandola un po'. Un'operazione non facile, è un insetto molto tenace”.

Chiara Semenzato, collaboratrice giornalistica OMCeO di Venezia

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