Salute su misura: conoscere di più per curare meglio

La medicina di genere in realtà non esiste. Questa la provocazione lanciata dalla professoressa Giovannella Baggio, ordinaria della materia all’Università di Padova, in apertura del convegno Dalla medicina di genere alla medicina per il genere: la salute su misura, che si è svolto sabato 25 marzo nell’Auditorium del Centro Culturale Leonardo da Vinci di San Donà di Piave.
Una mattinata di studi organizzata dalla sezione locale del Soroptmist Club, in collaborazione con l’OMCeO veneziano – in particolare con il lavoro del segretario Luca Barbacane, moderatore della seconda sessione, e di Alessandra Cecchetto, presidente della Commissione Pari Opportunità dell’Ordine – e il patrocinio della FNOMCeO, dell’Ulss 4 Veneto Orientale, dell’Assessorato alle Politiche sociali del Comune di San Donà e del Comune di Portogruaro.
Una provocazione, argomentata durante la lectio magistralis, per chiarire come medicina di genere non sia solo salute della donna, ma sia in realtà un approccio che il medico deve avere alle differenze tra uomini e donne in salute e in malattia, a tutte le età. Differenze sostanziali, come è stato spiegato durante le varie relazioni, la cui conoscenza aiuta il professionista a curare meglio i propri pazienti.

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I saluti delle autorità
«Questo convegno – spiega subito Maria Pia Bonsi, presidente del Soroptimist Club di San Donà e Portogruaro introducendo ospiti e relatori – ha l’obiettivo di sensibilizzare e far conoscere gli stereotipi e i pregiudizi di genere per combatterli in modo consapevole e arrivare a una vera salute su misura».
Nei suoi saluti anche un auspicio: la possibilità di creare presto, come già successo in altre città d’Italia, anche nel Pronto Soccorso di San Donà una camera rosa bianca, dove ospitare donne, bambini e anziani vittime di violenza.

Maria Grazia Carraro, direttore sanitario dell’Ulss 4 Veneto Orientale, dopo aver portato i saluti del direttore generale Carlo Bramezza, sottolinea come il convegno sia una buona opportunità per riflettere su un argomento mai scontato, neppure all’interno delle strutture sanitarie. «Bisogna saper cogliere – dice – le differenze di genere, saperle anche prevenire, cogliere i primi elementi per poter mantenere quanto più possibile la salute di tutti».

Nel suo saluto, Giovanni Leoni, presidente dell’Ordine lagunare, parte, invece, dalla targa su un muro veneziano dedicata a Elena Lucrezia Cornaro, prima donna laureata nella storia – era il 1678 – per sottolineare le problematiche della dimensione della donna nella professione e dare qualche dato sulla loro presenza tra corsie ospedaliere e ambulatori.
«Nel nostro Ordine – dice – nelle classi di età più elevate la prevalenza è ancora maschile: su un totale di circa 4.200 iscritti il 66% è uomo, il 34% donna. Ma la situazione si ribalta tra gli under 30 dove le donne sono il 60%, gli uomini il 40. In poco tempo la professione si trasformerà. La donna, però, deve avere anche la possibilità di sposarsi, di avere figli, di fare una vita normale. I turni di servizio, allora, dovranno essere compatibili con una vita di relazione, con la vita sociale, cosa che attualmente non è. Quello che dovrebbe essere scontato, non lo è e bisogna combattere per ottenerlo».

«Il cammino di una comunità – sottolinea Andrea Cereser, sindaco di San Donà di Piave – dipende dalla quantità e dalla qualità degli stimoli culturali che riceve. Penso che nel nostro Paese ci siano 4 fratture importanti con cui fare i conti: quella geografica tra Nord e Sud, una economica tra una ricchezza e una povertà sempre più distanti, una generazionale, bisogna far pace tra giovani e meno giovani, e una di genere. L’iniziativa di oggi, che sono felice di ospitare qui, va nella direzione di ricomporre questa frattura».

Un tema importante, ma davvero poco trattato: così definisce la medicina di genere, subito dopo, Ketty Fogliani, vicesindaco e assessore alle Pari Opportunità del Comune di Portogruaro, in prima fila per buona parte della mattinata. «Riguardo al tema di genere – aggiunge – bisogna dare al territorio questa sensibilità, trattarlo in tutti i suoi aspetti».

Una considerazione sul ruolo delle pari opportunità, sulle politiche che le attuano e sul loro significato arriva, infine da Cristina Greggio, presidente del Comitato Nazionale Consulte e Pari Opportunità del Soroptimist International. «Ogni materia – spiega – che oggi trattiamo, ogni atto che facciamo deve essere guardato con la capacità di vedere la ricaduta che ha in termini maschili e femminili, valorizzando tutte le differenze. Pari opportunità significa assenza di ostacoli alla partecipazione politica, economica e sociale di qualsiasi individuo. Siamo abituati a sentirne parlare in ambito familiare o lavorativo, meno nel campo della medicina».

La lectio magistralis
Dopo i saluti di rito, la parola passa ad Annamaria Bernardi, già direttrice della Società di Nefrologia e Nutrizione Clinica di Rovigo, che per Soroptimist ha organizzato il convegno. «Perché – si chiede – abbiamo deciso di affrontare questo tema della medicina di genere? Perché Soroptimist promuove azioni e crea opportunità per trasformare la vita delle donne. Dobbiamo rafforzare le competenze interne, una cultura di genere per sensibilizzare e combattere in modo consapevole. Capire le differenze significa avere approcci terapeutici diversi e più appropriati».

È però la lectio magistralis di Giovannella Baggio, ordinaria di Medicina di Genere all’Università di Padova, a definire il contesto in cui si muove la materia e a lanciare le provocazioni più efficaci. «La medicina – chiarisce subito – deve essere declinata in base alle differenze di genere. Spesso, però, facciamo confusione tra salute della donna e medicina di genere. Oggi con voi cercherò di attraversare tre ponti e il primo è proprio questo: medicina di genere non è solo salute della donna, è un continuo paragone tra salute dell’uomo e della donna».
In sostanza, insomma, non è una nuova specialità, un settore della medicina, ma un approccio alle differenze, una nuova dimensione trasversale che studia le influenze del sesso e del genere sulla fisiologia, a partire dalla convinzione che troppi studi abbiamo descritto le malattie concentrandosi prevalentemente e talvolta esclusivamente su casistiche di un solo sesso.
Argomenta il suo pensiero con un primo esempio relativo alla maggiore longevità della donna rispetto all’uomo, un divario di circa 5 anni. «Sul fronte, però – aggiunge – degli anni di vita sana dopo i 50, non c’è differenza, il divario si annulla: uomini e donne ne hanno 20 a disposizione. Tutto quello, dunque, che la donna guadagna in numero di anni di vita, lo perde in vita sana. Sono anni di vita ammalata, di vita disabile». Ecco, allora, una prima sostanziale differenza da capire.

Scatta qui il paradosso, la provocazione: la medicina di genere in realtà non esiste. A supporto della tesi, snocciola una serie di esempi:

  • le malattie cardiovascolari studiate soprattutto per l’uomo senza tener conto, però, che l’infarto è la prima causa di morte per le donne, con sintomi atipici difficili da riconoscere;
  • l’osteoporosi, patologia molto studiata nella donna, ma la cui mortalità è più elevata nell’uomo che, invece, non viene quasi trattato;
  • il tumore al polmone, aumentato del 600% nella donna dagli anni Trenta ad oggi, soprattutto in quelle giovani, mentre per gli uomini è in netto calo;
  • l’obesità, a cui la donna è più facilmente predisposta rispetto all’uomo;
  • la depressione, studiata nella donna, anche se in realtà ci sono più suicidi di maschi depressi;
  • l’artrosi, che la donna subisce di più ma ancora non si sa perché;
  • ​la demenza e i deficit cognitivi, per cui essere donna è un fattore di rischio maggiore.

«Abbiamo parlato – dice la professoressa Baggio spiegando il paradosso – di tutto: di cardiologia, di cancro, di tutte le branche della medicina. Allora capirete perché la medicina di genere non esista: dobbiamo parlare di medicina genere-specifica. Attraversiamo questo ponte, altrimenti creiamo una nicchia, una strada parallela che non invade tutto il nostro modo di lavorare, a tutti i livelli, a tutte le specialità».

Terzo e ultimo ponte da attraversare: le medicina genere-specifica non deve essere ridotta a medicina sesso-specifica. «Essere medico – aggiunge – con un approccio genere-specifico non vuol dire solo saper comprendere e interagire con le proprie competenze scientifiche, declinate per genere, ma integrarle con la persona-uomo o la persona-donna che si ha di fronte, essere unico e irripetibile. La medicina di genere deve convivere con l’approccio di genere alla salute in generale, che chiama in causa tutti i temi: le politiche socio-sanitarie, gli investimenti economici, i determinanti di salute, la prevenzione, l’alleanza terapeutica medico-paziente». Su tutto questo deve poggiare lo sviluppo della medicina di genere.

Le altre relazioni
Tracciato il quadro di riferimento, alcune declinazioni cliniche della medicina di genere sono state affrontate nel resto della mattinata. Roberta Ravenni, dirigente medico SOC Neurologia dell’Ulss 5 Polesana, ha spiegato le differenze del sistema nervoso tra uomo e donna, sottolineando le distinzioni anatomiche, funzionali, biochimiche e dei processi maturativi del cervello, il peso e il volume diversi, il differente modo di pensare legato alle diverse parti che si usano, l’importanza delle connessioni.

Daniela Fratti, già professore aggregato di Medicina Interna all’Università di Ferrara, ha parlato, invece, dei rischi cardiaci che possono correre le donne in gravidanza – dalle malattie valvolari acquisite alla stenosi mitralica e a quella aortica, dal prolasso valvolare mitralico alle insufficienze mitralica ed aortica, alle cardiomiopatie – con un particolare riferimento alle ragazze straniere che arrivano in Italia con patologie ancora molto evidenti in alcuni dei paesi da cui provengono.

Ad Annamaria Bernardi è spettato il compito di parlare delle differenze di genere negli aspetti endocrino-metabolici, soffermandosi in particolare sull’obesità, l’anoressia nervosa, la sindrome metabolica, l’osteoporosi, la tiroide, la malattia di Cushing, la patologia ipofisaria.

Un focus su donna e tiroide è stato illustrato, poi, da Maria Rosa Pelizzo, già direttrice della Clinica Chirurgica dell’Università di Padova, che ha spiegato le alterazioni morfologiche e funzionali, il nodo tiroideo, la patologia più frequente, gli strumenti per individuarlo, le possibili neoplasie, le terapie adatte.

Spazio anche a Adriana Gottardo e Simeone Fabris, medici di famiglia dell’Ulss 4 Veneto Orientale, per capire l’approccio che il medico di medicina generale può avere nei confronti della medicina di genere, lui che conosce il paziente a tutto tondo, le sue relazioni sociali, i tratti della personalità, le abitudini, i comportamenti,i valori e le influenze.
Ecco, allora, che il medico di famiglia può avere un ruolo privilegiato, pur essendo ancora molto lungo il percorso da fare: servono corsi di formazione sulla medicina genere-specifica per dare cure più appropriate, efficaci ed eque, per attuare una prevenzione primaria senza essere medici “in attesa”, ma medici di iniziativa.

Prima di chiudere i lavori, la parola è andata, infine, anche ad Alessandra Cecchetto, ginecologa e presidente della Commissione Pari Opportunità dell’Ordine di Venezia, con il compito di illustrare il difficile cammino che le donne devono fare nella professione medica, spesso senza arrivare a ricoprire posizioni di comando, pur essendo numericamente più presenti degli uomini.

Conclusioni dei lavori affidate a Carla Zanfrà, vicepresidente Soroptimist Internacional, che ha sottolineato come molte delle relatrici del convegno appartengano ai Club Soroptimist, dicendosi orgogliosa e soddisfatta di usare tutte le competenze per creare eventi di questo livello, e a Maurizio Scassola, vicepresidente della FNOMCeO, che ha portato i saluti della presidente Roberta Chersevani.
«Voglio riprendere – dice – l’introduzione del sindaco: le comunità crescono quando riconoscono le differenze. Noi oggi abbiamo ragionato di differenze di genere e non sulle differenze tra genere maschile e femminile. Un valore aggiunto della presenza della donna è la capacità di narrare: presso i medici questa capacità di narrazione è un punto nodale, di intrecci, di reti, di solidarietà, è apportatore di notizie fondamentali sulla storia della persona che abbiamo davanti. Da qui si dipana tutta la differenza di genere: nella capacità di ascolto e di differenziare le narrazioni che apprendiamo per poi porle in termini di strategia. È questo che oggi, da questo convegno, ci portiamo a casa».

Chiara Semenzato, giornalista OMCeO Provincia di Venezia

Segreteria OMCeO Ve
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