Infermieri, Triage e Codici Bianchi

di Giovanni Leoni

Su La Nuova Venezia in data  8 aprile 2016 è stato pubblicato un articolo a firma Filippo Tosatto in cui si cita un documento di indirizzo dalla Regione Veneto per il Pronto Soccorso di affidamento di pazienti che presentano casi “apparentemente semplici“ ad un percorso infermieristico di diagnosi, superando il “passaggio formale” del consulto medico, medico che comunque “resta autorizzato”  a delegare a loro ulteriori compiti come la rimozione della suture (restando comunque responsabile finale in quanto delegante - n.d.A.) allegato 1.

Se questa ipotesi di cui ho notizia dalla stampa venisse confermata ed in tali termini non potrei che esprimere un giudizio totalmente negativo sull’idea di risolvere il problema dell’afflusso Codici Bianchi in Pronto Soccorso semplicemente spostando il problema sugli Infermieri per vari ordini di ragioni.

Il Codice Bianco indica che il paziente accettato in Pronto Soccorso non presentava nessuna urgenza, che per  la patologia di cui è affetto poteva rivolgersi al proprio medico di fiducia in definitiva  non necessitava immediatamente dell’Ospedale. La certificazione finale è un atto medico, Classificazione del Codici allegato 2
La normativa vigente prevede una codifica iniziale all’ingresso al PS  alla presentazione all’’Infermiere del Triage, che sarebbe la prima selezione - informazione sulla stato del paziente da colloquio, sulla base di previsti parametri che genera il codice e la priorità di visita medica.

Triage è un  termine francese che troverete spesso in articoli dedicati, significa cernita - smistamento -  deriva dalla medicina di guerra, usato dal chirurgo di battaglione che sul campo, in caso di impossibilità a curare tutti i feriti da solo contemporaneamente,  selezionava tra i soldati, quelli che potevano farcela e dovevano essere trasportati nelle retrovie, quelli a cui restava poco da vivere e venivano assistiti in qualche modo sul posto, fino alla fine.   

Il metodo, con criteri un pò meno crudi, è stato portato ai nostri tempi nella medicina civile per selezionare i pazienti in caso di afflusso contemporaneo ai servizi di emergenza, con il triage si supera la logica della lista di attesa in base all'ordine di arrivo dei pazienti, privilegiando piuttosto i loro problemi acuti di salute.

Esiste anche un codice finale dopo la visita medica ed eventuali accertamenti come esami del sangue, radiografie e visite specialistiche relative con annesso pagamento del ticket.
Per i codici bianchi il ticket è sempre dovuto e con esami vari anche di una certa entità.
A volte il codice può anche differire dall’ingresso all’uscita da Pronto Soccorso sulla base degli esami effettuati.

Trovo interessante l’ipotesi di una pacifica presa in carico di responsabilità, da parte degli infermieri di azioni come la diagnosi e magari a questo punto anche della relativa terapia, perchè così io capisco dall’articolo e spero di sbagliarmi, sulla base di una delibera regionale, senza un corso di studi specifico, in quanto non previsto dall’attuale ordinamento nè dalle leggi dello stato, e senza vantaggi economici con cui pagarsi una adeguata assicurazione con nuove clausole  tutte da inventare, in quanto le esistenti sono basate su altri e più limitati ambiti di attività.      

La Corte di Cassazione Penale con sentenza n. 8885 del 3 marzo 2016 ha affermato che “ai fini dell’accertamento dell’esercizio abusivo della professione medica non è il metodo scientifico adoperato ma la natura dell’attività svolta. Ciò che caratterizza l’attività medica, per la quale è necessaria una specifica laurea ed una altrettanto specifica abilitazione, è la “diagnosi” cioè l’individuazione di una alterazione organica o di un disturbo funzionale, la “profilassi” ossia la prevenzione della malattia, la “cura”, l’indicazione dei rimedi diretti ad eliminare le patologie riscontrate ovvero a ridurre gli effetti.  Non ha rilievo la circostanza in cui queste tre componenti della professione medica siano effettuate - omissis -  in quanto ciò che rileva e che siano poste in essere da soggetti che non hanno conseguito la prescritta abilitazione medica.     
 

Ma Legge e Deontologia a parte, credo che i pazienti  abbiano diritto ad essere visitati da un laureato in medicina e chirurgia con relativa necessaria specializzazione o corso di studi e lavoro equipollente, necessario per legge per praticare  una disciplina  così delicata come la Medicina d’ Urgenza, costruita a livello di approccio iniziale solo sulla storia del paziente, sui  sintomi  e sui  segni presentati che impone al medico un rapida lettura mentale nel suo bagaglio personale di conoscenze, costruito in anni di studio e di pratica, per arrivare a formulare una l’ipotesi di una diagnosi e prescrivere gli accertamenti necessari ed una adeguata terapia.

I miei colleghi più anziani  mi  hanno cresciuto ammonendomi a considerare con attenzione anche i casi più apparentemente banali perchè il giudizio a volte può essere difficile e basta un solo caso di diagnosi errata o ritardata,  come insegna la cronaca sulla stampa, per rovinare la vita di un medico.

Per inciso Il sottoscritto ha fatto in passato il medico di Pronto Soccorso e tuttora condivide la vita del colleghi del PS, di notte e di giorno, chiamato in consulenza come specialista e medico di guardia di un reparto di Chirurgia Generale.  

Le  professioni del medico e dell’infermiere sono da sempre in evoluzione e sinergiche fra loro, ma l’ambito di attività deve rimanere correlato al corso di studi, non alterato da interessi di tipo economico per risparmiare sulle assunzioni e sul ricambio generazionale del medici, con ripercussioni negative sulla qualità dell’assistenza al paziente.


Il Presidente  OMCeO  Provincia di Venezia
                 Dr. Giovanni Leoni
 

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