Medico della mutua, vittima di guerra 28-10-2010

Li accoltellano per una ricetta, li picchiano per una medicazione, li stuprano se sono donne, li uccidono senza un perché. Almeno la metà dei dottori di famiglia ha subito violenza durante le visite. E i giovani laureati evitano l’ambulatorio.

I medici fiscali devono essere accompagnati dai carabinieri per entrare nelle zone di frontiera della periferia di Napoli. Altrimenti si beccano come minimo minacce, spintoni, qualche pugno e gomme dell’auto tagliate. Ma questo è il Bronx, si potrà dire, dove neppure i «dottori» vengono rispettati. Però Claudio Carosino, 59 anni, medico di famiglia, non abitava a Napoli e non andava a controllare i lavativi senza scrupoli. Curava i suoi malati e li seguiva anche nelle loro abitazioni. Eppure, nonostante questa dedizione, è stato preso a fucilate da un suo paziente, durante una visita a domicilio: uno psicolabile che ha imbracciato il fucile e lo ha spedito all’altro mondo. Ucciso da un paziente depresso. Magra consolazione per sua moglie e i suoi due figli. Una fatalità? Cominciano ad essere troppe visto che solo martedì scorso a Castellammare, un anziano di 80 anni si è presentato dal suo medico di base con una forbice nascosta dentro le pagine di un quotidiano. Appena questo lo ha ricevuto nel suo studio ha sfilato le forbici e ha cominciato a colpire il medico, al torace, al braccio, all’inguine e lo ha mandato all’ospedale in gravi condizioni. Perché lo ha fatto? Il medico gli aveva sbagliato la ricetta e quella era la giusta punizione. A suo parere. E che dire del pianeta dei medici di guardia? Quelli che sostituiscono di notte oppure nei festivi i medici di famiglia? Che è un mondo scomodo, emarginato, sfigato, zeppo di aggressioni, violenze, addirittura di morti.
Il segretario nazionale di Fimmg Continuità assistenziale, Silvestro Scotti, ha pubblicato sul web un vero e proprio bollettino di guerra di cui sono state vittime tanti suoi colleghi. E ora, dopo mille denunce sulle cose che non vanno, spedirà al presidente della Repubblica una lettera «per chiedere il riconoscimento del valore civile di questo servizio reso alla collettività in cambio di un pugno di euro». Duemila per la precisione, per fare turni massacranti di notte e di domenica, Natale compreso. Un mondo fatto soprattutto di donne, (il 60%) che scelgono questi turni per evitare di sottrarre tempo alle famiglie. E sono proprio loro le principali vittime di pazienti violenti o psicopatici. «Le tentate violenze ai danni delle donne, che quasi sempre avvengono sul posto di lavoro della vittima - denuncia Scotti - sono raddoppiate, passando da una media di 5-6 a 12 casi l'anno». Uno al mese. E l'elenco degli episodi include anche tre vittime: la prima a Varese nel 1988, la seconda a Gagliano del Capo, nel 1999, e la terza a Solarussa (Oristano) nel luglio 2003.
Quegli episodi ormai dimenticati mettono i brividi appena se ne ripercorre la dinamica. Come quella poveretta di Oristano, che aveva solo 32 anni e ha perso la vita perché si è ribellata allo stupro. Così il suo giovane carnefice (23 anni) l’ha ammazzata con decine di coltellate senza tanti complimenti. A Varese, invece, è stato un colpo solo alla gola a uccidere un altro medico nell’ambulatorio. Ma accanto agli omicidi non si contano le rapine e le violenze. Vicino a Caserta una trentenne è stata sequestrata e violentata nel suo ambulatorio sprovvisto persino di telefono. E a Barisardo il telefono c’era ma non è servito a nulla. La specializzanda di 28 anni ha chiamato la polizia mentre alcuni delinquenti avevano staccato la corrente dallo studio e simulato un incendio per poter entrare. Ma dopo la richiesta di aiuto non si è presentato nessuno in suo soccorso.
Storie di vero terrore che accadono anche ai medici maschi. Se l’è vista brutta, per esempio, quel professionista che ha dovuto prescrivere ad una ragazza un antidepressivo sotto la minaccia di un coltello puntato alla gola. Pugni e calci, invece, per un collega di Dolianova solo perché il paziente non era soddisfatto della medicazione di una vecchia ferita. La lista dei soprusi è infinita. Persino una banda di ragazzini a Pieve Emanuele hanno minacciato e aggredito la dottoressa di turno e poi se ne sono andati dopo aver fracassato le finestre della struttura pubblica.
Persino chi ha studio in centro città non è esente da rischi. Claudio Cricelli, presidente della Società Italiana di Medicina Generale, ammette che «almeno la metà dei medici di famiglia (sono 48 mila) hanno subìto durante la loro vita professionale atti di violenza verbale e fisica per mancata prescrizione di medicinali o certificazione non conforme alla legge. In pratica, se il medico non ci sta ad imbrogliare lo Stato, viene picchiato o minacciato con le parole (che a volte sono più efficaci dei pugni)». «I colleghi, però tendono a far passare queste cose sotto silenzio, cerca di minimizzare e non sporge denuncia» spiega Cricelli. Altro che professione ambita: quello del medico sta diventando un lavoro pericoloso. E infatti i giovani scappano via. «C’è una disaffezione a questa categoria» ammette Maurizio Benato, vicepresidente della Fnomceo. «I giovani scelgono la specialità che almeno vale 27.000 euro annui lordi anziché 11.000 euro lordi della medicina generale. Ma oltre alla scelta economica c’è il rifiuto del carico di lavoro che è enorme per il medico di famiglia. Con 1500 pazienti si calcolano 12000 tra contatti e visite in un anno di attività. E a questi vanno aggiunti i rischi, che non paga nessuno».

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