Chiarimento interpretativo sulla pubblicità dell'informazione sanitaria

Un definitivo chiarimento interpretativo, in merito alla questione della pubblicità dell’informazione sanitaria, arriva dalla giurisprudenza. La sentenza della Cassazione Civile n. 3717 del 9 marzo 2012 precisa chiaramente che le liberalizzazioni, introdotte in materia di pubblicità dalla lg. 248/2006, trovano applicazione non solo per i professionisti, ma anche per le strutture sanitarie gestite da società di capitali.
L’art. 2 della Lg 248/2006 stabilisce che “sono abrogate le disposizioni legislative e regolamentari che prevedono con riferimento alle attività libero professionali e intellettuali:
(…)
b) il divieto, anche parziale, di svolgere pubblicità informativa circa i titoli e le specializzazioni professionali, le caratteristiche del servizio offerto, nonché il prezzo e i costi complessivi delle prestazioni secondo criteri di trasparenza e veridicità del messaggio il cui rispetto è verificato dall'ordine;
(…)
Le disposizioni deontologiche e pattizie e i codici di autodisciplina che contengono le prescrizioni di cui al comma 1 sono adeguate, anche con l'adozione di misure a garanzia della qualità delle prestazioni professionali, entro il 1° gennaio 2007. In caso di mancato adeguamento, a decorrere dalla medesima data le norme in contrasto con quanto previsto dal comma 1 sono in ogni caso nulle. “

Il recente aggiornamento giurisprudenziale rende definitiva chiarezza sui termini di controllo preventivo e di verifica della pubblicità dell’informazione sanitaria, escludendo in ogni caso che l’Ordine possa ancora fare riferimento alla legge 175/92. In particolare stabilisce che "L'abrogazione generale contenuta nella L. n. 248 del 2006, art. 2, lett. b, nella quale è sicuramente compresa l'abrogazione delle norme in materia di pubblicità sanitaria, di cui alla L. n. 175 del 1992, prescinde dalla natura (individuale, associativa, societaria) dei soggetti rispetto ai quali rileva l'esercizio della professione sanitaria, atteso che la stessa è attuativa dei principi comunitari volti a garantire la libertà di concorrenza e il corretto funzionamento del mercato e sarebbe illegittimo, oltre che irragionevole, limitarne la portata all'esercizio della professione in forma individuale, fermo restando che, all'interno del nuovo sistema normativo, nel quale la pubblicità non è soggetta a forme di preventiva autorizzazione, gli Ordini professionali hanno il potere di verifica, al fine dell'applicazione delle sanzioni disciplinari, della trasparenza e della veridicità dei messaggio pubblicitario".

In particolare per quanto concerne le strutture sanitarie la legge 175/92 prevedeva un’autorizzazione REGIONALE rilasciata previo nulla osta dell’Ordine territorialmente competente. In tal senso l’Ordine non aveva potere autorizzatorio diretto, ma esplicava un proprio parere intermedio di congruità sul messaggio nel corso dell’iter di autorizzazione regionale. Ad oggi la regione del Veneto, non ha modificato tale percorso, anche se al momento le pratiche di pubblicità sono ferme in Regione alla luce di questa recentissima giurisprudenza che introduce un definitivo stop a qualunque forma di controllo preventivo sulla pubblicità ed elimina i criteri stringenti e ben incardinati sui contenuti e le forme del messaggio stabiliti dalla precedente normativa. La sentenza sarà oggetto di una attenta valutazione da parte dell’ufficio legale della Regione che dovrebbero portare ad un documento regionale di indirizzo su modi e forme della pubblicità.
Questa questione sottende due differenti e, per loro stessa natura, contrastanti interessi. Da un lato la possibilità di pubblicizzare la prestazione offerta con metodi e contenuti sempre più estremi e concorrenziali, dall’altro la necessità di tutelare il cittadino da pubblicità ingannevoli in un ambito di sicuro interesse stante la natura le bene protetto: la salute.
Il compito dell’Ordine si mantiene in una posizione di equilibrio, attento a rendere un giudizio deontologico che calibri il messaggio in termini di decoro e dignità della professione, comunque secondo criteri di veridicità e correttezza del messaggio.
In effetti, questo ruolo viene richiamato anche dalla sentenza laddove pur confermando “l'abrogazione delle norme restrittive della pubblicità” affida agli Ordini professionali il “controllo della libera pubblicità, ai fini disciplinari, sotto il profilo della trasparenza e veridicità (cfr., rispetto agli avvocati, Sez. Un. 18 novembre 2010, n. 23287, in motivazione)”.

La sentenza citata n. 23287 del 18.11.2010, seppur riferita all’Ordine degli Avvocati, si sofferma proprio su questo rilevante aspetto poiché specifica “diversa questione dal diritto a poter fare pubblicità informativa della propria attività professionale è quella che le modalità ed il contenuto di tale pubblicità non possono ledere la dignità e al decoro professionale, in quanto i fatti lesivi di tali valori integrano l'illecito disciplinare” il quale dispone che “sussiste la libertà di informazione da parte dell'avvocato sulla propria attività professionale, ma che tale informazione, quanto alla forma ed alle modalità deve "rispettare la dignità ed il decoro della professione" e non deve assumere i connotati della "pubblicità ingannevole, elogiativa, comparativa".

In tal senso anche il Codice di deontologia medica contiene una serie di articoli che danno lo stesso rilievo, seguendone l’ordine si evidenziano alcuni concetti fondamentali per comprendere quelli che sono i limiti di controllo ed il tipo di valutazione posta a carico dell’Ordine. Fin dal primo articolo, infatti, emerge per il medico l’obbligo del decoro e della dignità anche al di fuori della professione e nell’art. 4 si precisa che il medico non deve soggiacere a interessi, imposizioni e suggestioni di qualsiasi natura, non ultima quella puramente commerciale.
Il capo XI si occupa poi espressamente della pubblicità e informazione sanitaria che deve essere trasparente e veritiera, assecondando i principi della correttezza informativa, responsabilità e decoro professionale. “L’informazione non deve essere arbitraria e discrezionale, ma obiettiva, veritiera, corredata da dati oggettivi e controllabili e verificata dall’Ordine competente per territorio.” (art. 56)
“Il medico non deve mai venir meno a principi di rigore scientifico, di onestà intellettuale e di prudenza, escludendo qualsiasi forma anche indiretta di pubblicità commerciale personale o a favore di altri.” (art. 56)
Nella realtà la liberalizzazione della pubblicità ha stressato il limite, con il moltiplicarsi di pubblicità che forzano il messaggio verso forme sempre più commerciali e temerarie, anche di basso profilo.
In tale contesto si rileva anche una disparità, poiché le grandi strutture sanitarie, magari in franchising, hanno possibilità molto più ampie di fare pubblicità e solitamente sono proprio quelle che si spingono all’estremo utilizzando strumenti e mezzi di informazione di natura puramente commerciale e concorrenziale che nulla hanno a che vedere con “l’informazione sanitaria”, spesso senza confrontarsi con i propri direttori sanitari.
L’Ordine per poter mantenere il suo ruolo di garanzia deve essere nella condizione di contemperare i diversi interessi, ponendo limiti chiari e definiti, per questa ragione l’Ordine di Venezia ha continuato a fare verifiche su contenuti, forme e strumenti della pubblicità in maniera precisa e stringente, mettendo in evidenza i punti fragili delle richieste.
Il venir meno della possibilità di un controllo preventivo della pubblicità, comunque rende meno efficiente il sistema, poiché l’Ordine non è per sua stessa natura in grado di esplicare un potere ispettivo e quindi deve affidarsi alle segnalazioni di altri.
Si ritiene pertanto di evidenziare che in alcuni articoli del codice di deontologia viene richiamato l’obbligo di collaborazione degli iscritti con il proprio Ordine (art. 64, 65 e 69). In particolare l’art. 65 comma 1, prevede l’OBBLIGO di “comunicare all’Ordine territorialmente competente ogni accordo, contratto o convenzione privata diretta allo svolgimento dell’attività professionale al fine della valutazione della conformità ai principi del decoro, dignità ed indipendenza della professione”. Stimolando questo doveroso rapporto di collaborazione tra Ordine ed iscritto sarà più facile avere strumenti anche per monitorare il sistema della pubblicità.
Anche il Direttore Sanitario, con l’art. 69 ha compiti precisi: il dovere di comunicare all’Ordine il proprio incarico, di far rispettare il codice di deontologia all’interno della struttura e di vigilare sul “materiale informativo” divulgato, nell’ambito più generale di uno stringente rapporto di collaborazione con l’Ordine.

L’Ordine continuerà a svolgere la propria funzione di controllo e verifica sul messaggio pubblicitario, cercando di dare sempre forza ed efficacia ai principi deontologici, indispensabili per mantenere il decoro e dignità ad una professione che non può confondere le proprie prestazioni con un prodotto commerciale ma deve essere in grado di riprodurre un modello virtuoso in grado di mettere il cittadino nella condizione di fare scelte chiare e consapevoli, tutelandone il bene salute.

    Il Consigliere Segretario                                                                                          Il Funzionario
   dott.ssa Caterina .Boscolo                                                                                    d.ssa Carla Carli

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