Decreto Bersani : conseguenze per la classe medica

DECRETO BERSANI: LIBERALIZZAZIONI, ABOLIZIONE DEL MINIMO TARIFFARIO, PUBBLICITA’, PROPOSTA DI ABOLIZIONE DEGLI ORDINI PROFESSIONALI …RISULTATO: LAVORO MEDICO 15 EURO (lorde) ORA.


Per la stesura del titolo di questo articolo si è preso come esempio l’ultima proposta di lavoro per i giovani medici arrivata all’Ordine da una società di servizi di Milano.

In data 24 marzo 2007 si è svolto a Rovigo il IV congresso regionale del Comitato Permanente degli Ordini e Collegi Professionali del Veneto dal titolo “Le professioni intellettuali alla svolta. Quali prospettive per il futuro?” a cui hanno partecipato per l’OMCeO di Venezia il Vice Presidente dell’Ordine S.Ramuscello, il Presidente CAO C.Tomaselli, il Segretario dell’Ordine C.Boscolo, il Consigliere dell’Ordine M.Breda e D.Dieci componente della Commissione Scienza, Etica e Deontologia.

Con la proposta di legge delega presentata dal Ministro di Grazia e Giustizia on. C.Mastella che recepisce alcuni passaggi del “decreto Bersani”, proposta peraltro già più volte emendata in senso peggiorativo, di fatto gli ordini professionali perdono la loro funzione di Enti Pubblici Ausiliarii dello Stato a cui è affidato il controllo della qualità del professionista nella promozione della buona pratica professionale e trasformati in libere associazioni di lavoratori come le diverse centinaia già esistenti in Italia.
Con il pretesto di liberalizzare il mercato del lavoro vengono aboliti gli Ordini Professionali, ma che fine faranno le ricche Casse Previdenziali, che ricordiamolo sono pagate integralmente dagli iscritti senza il contributo dello Stato e che già in passato si è tentato di assorbire nel patrimonio pubblico? La risposta è evidente.
Nel Nord Italia gli Ordini Professionali iscritti al Comitato Permanente sono 700 con circa 800.000 iscritti, nel Veneto sono 100 con circa 100.000 iscritti. Gli Ordini dei Giornalisti non ne fanno parte.
Secondo le stime della Regione Veneto (Dr L.Romano Consulente CREL), nel trentennio 1971-2001 l’economia prodotta dai professionisti , dai servizi e dal commercio sia in termini puramente economici sia come numero di dipendenti, cioè la capacità di offrire posti di lavoro, ha superato l’industria, lo stesso dicasi per l’intera nazione. Nonostante ciò sui tavoli della concertazione politica, a livello nazionale, regionale ed anche dei comuni, compaiono solo e sempre le rappresentanze industriali e i sindacati dei loro dipendenti. Evidentemente i professionisti sono considerati con peso politico nullo, massimi evasori fiscali (vedi Decreto Bersani), da utilizzare a 15 euro l’ora, utile per le società di capitali pronte ad inondare il mercato professionale italiano.
Persino a livello regionale (E.Donazzan Assessore alle Politiche dell’Istruzione e della Formazione con delega alle Professioni) nel tavolo di concertazione con le parti, la presenza di almeno un rappresentante delle professioni solo come auditore non è stata gradita. Il problema quindi rigurda anche i politici, forse è questa la partnership (R.Marangon Assessore alle politiche per il Territorio) richiesta dal governo regionale ai professionisti?.
Se il problema della concorrenza si risolve con un livellamento dei servizi professionali ai valori tariffari più bassi allora “Signori si chiude”, il futuro è una professione industriale, cioè sotto il controllo degli industriali.
L’attacco alle professioni è iniziato nel 1985 in Inghilterra (G..P. Prandstraller Prof. Ordinario di Sociologia Università di Bologna), un attacco del neoliberismo inglese al capitalismo considerato non produttivo come quello delle professioni. Venti anni dopo, lo stesso concetto neoliberista viene fatto proprio dall’attuale governo italiano che si professa sociale e riformista. Evidentemente la conoscenza scientifica, la ricerca, la capacità creativa, caratteristiche tipiche delle professioni intellettuali, non hanno nessun valore nell’economia moderna. L’economia, indipendentemente dal tipo di governo, è considerata solo come speculativa, ed è questo il motivo per cui sui tavoli di concertazione governativi sono presenti solo gli industiali e i loro dipendenti.
Crediamo sia giunta l’ora di far capire alla nazione che senza i professionisti le attività produttive non si sviluppano e che il capitalismo deve spostare il piatto della bilancia dalla speculazione alla conoscenza, nostro patrimonio.
La competività (concetto oggi di moda) non è solo coraggio economico ma anche la capacità di inventare servizi di tipo professionale nuovi e di qualità. Anche noi medici abbiamo il dovere di chiedere e partecipare a questo cambiamento epocale, cioè fare impresa (un’impresa che produce salute). La nostra professione sia essa libera, convenzionata o dipendente deve impegnarsi a combattere contro questa visione antiintellettuale e antimoderna della società italiana. Anche per il medico dipendente pubblico la libera professione deve essere considerata come una grande opportunità professionale da elevare in senso etico ed economico e da difendere contro gli attacchi di chi tende a criminalizzarla.
Bisogna uscire dalla timidezza e contrattaccare. A chi il compito? Agli Ordini ed ai Sindacati Medici naturalmente.
In questa fase come Ordine dei Medici ed Odontoiatri abbiamo l’obbligo, nell’interesse del cittadino/utente e non in quello delle associazioni dei consumatori, altra faccia con cui si manifesta la politica, di essere presenti sul campo di battaglia attraverso alcune iniziative:

1. Impegno nella raccolta di firme per la presentazione di una legge di iniziativa popolare sulla Riforma degli Ordini Professionali.
2. Marketing dei servizi professionali offerti. Nessuna industria, ospedale o attività del territorio progredisce senza il lavoro dei professionisti.
3. Acquisizione dei consumatori attraverso l’analisi del bisogno dei servizi professionali.
4. Acquisizione di capacità professionali di qualità
5. Organizzazione della professione.(partecipare ai fidi per crediti ai professionisti)
6. Etica professionale intesa come capacità di gestire i servizi essenziali ed indispensabili autonomamente senza cercare protezioni.
7. Cultura professionale intesa come la capacità di attirare l’interesse del cittadino/utente. Non sono le strutture che forniscono la qualità delle prestazioni ma i professionisti che in quelle strutture lavorano.
8. Dare l’assalto ai mezzi di comunicazione di massa. Perché i giornalisti ignorano il mondo professionale? Perché siamo buoni solo per essere triturati?

Ricordiamolo: il medico professionista non stabilisce il suo status solo con la sua qualifica e con il suo camice bianco fonte oggi purtroppo più di guai che di soddisfazioni. Lo status di medico oggi dipende dalla sua capacità di stare sul mercato con prestazioni di qualità. Quanto detto vale anche per i medici dipendenti, obbligo dell’Ordine è quello di rimuovere gli ostacoli, anche quando questi sono rappresentati da altri medici.

S. Ramuscello, C. Tomaselli, C. Boscolo, M. Breda, D. Dieci
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