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Incredibile ma vero ! - Azienda ULSS 10 Veneto Orientale
Incredibile ma vero!
Era da qualche giorno che si vociferava che l’azienda ospedaliera 10 “Veneto Orientale” aveva un progetto alternativo ed innovativo per assistere quei pazienti che non possono ancora essere dimessi dall’ospedale pur essendo stabili dal punto di vista clinico.
Le voci si facevano sempre più insistenti, forse era già stata presentata una richiesta d’autorizzazione in Regione quando, sul Sole 24 ore Sanità del 19-25 dicembre 2006 compare un articolo a firma di Manuela Perrone nel quale Mauro Filippi, dirigente aziendale del servizio professioni sanitarie dell’azienda e referente del progetto, esplicita la proposta: “Creare un reparto di 24 posti letto diviso in due settori composto ciascuno di 12 posti. Ogni settore è affidato ad un infermiere “case manager” (Infermiere professionale preparato per valutare le necessità d’ogni singolo caso clinico dal punto di vista assistenziale), presente nelle ore diurne, il quale mantiene costanti rapporti con il responsabile clinico del caso, con la famiglia e con le strutture territoriali ed è coadiuvato da infermieri (1 ogni sei posti letto) nonché da personale di supporto quali operatori socio-sanitari. Il case-manager ha la responsabilità della continuità del piano assistenziale dei pazienti collocati nel suo settore.
E il medico dov’è? Leggendo attentamente l’articolo il medico c’è, ma è il medico del reparto Ospedaliero inviante a questa struttura, il quale verosimilmente continuerà a svolgere la sua attività nel reparto dove fino al giorno prima quello stesso paziente era accolto e che, quando il “case manager”riterrà terminato il percorso assistenziale, dovrà dimettere il paziente.
Ma come potrà avere ancora il controllo clinico del caso se il paziente non sarà più sotto la sua diretta osservazione? Esiste ora una cura che si esercita… a distanza, senza vedere/ monitorare il paziente? A chi spetta porre una diagnosi ed impostare una terapia? Chi compila le cartelle cliniche? Ci si è forse dimenticati che in Italia la responsabilità giuridica “ultima” di un paziente è del medico? E poi il case manager non dovrebbe essere un “facilitatore sociale”che si occupa delle cosiddette “aree di debolezza”, valuta i bisogni della popolazione, pianifica l’assistenza e i servizi, e per quanto riguarda l’area ospedaliera, in previsione della futura dimissione, attiva l’ADI, fa sì che il paziente trovi tutti gli ausili terapeutici necessari a domicilio ecc.
Si tenta di sostenere (vedi Corriere Medico del 8/6/2006), che al medico spetterebbe solamente la diagnosi e la terapia, mentre all’infermiere la cura e la prevenzione dimenticando che la definizione d’atto medico abbraccia tutte le attività riferite a formazione, ricerca, cura, assistenza a pazienti singoli e a collettività che siano correlate ad una diagnosi cui faccia seguito una terapia.
Vorrei inoltre rilevare come i medici, ovviamente, non siano stati interpellati.
E’ inammissibile che vi sia un reparto assistenziale non coordinato da un medico, ove, però nello stesso tempo, un medico inserito in un'altra unità operativa ne ha la responsabilità clinica e giuridica.
E’ un vero e proprio attacco alla nostra professione!
Era da qualche giorno che si vociferava che l’azienda ospedaliera 10 “Veneto Orientale” aveva un progetto alternativo ed innovativo per assistere quei pazienti che non possono ancora essere dimessi dall’ospedale pur essendo stabili dal punto di vista clinico.
Le voci si facevano sempre più insistenti, forse era già stata presentata una richiesta d’autorizzazione in Regione quando, sul Sole 24 ore Sanità del 19-25 dicembre 2006 compare un articolo a firma di Manuela Perrone nel quale Mauro Filippi, dirigente aziendale del servizio professioni sanitarie dell’azienda e referente del progetto, esplicita la proposta: “Creare un reparto di 24 posti letto diviso in due settori composto ciascuno di 12 posti. Ogni settore è affidato ad un infermiere “case manager” (Infermiere professionale preparato per valutare le necessità d’ogni singolo caso clinico dal punto di vista assistenziale), presente nelle ore diurne, il quale mantiene costanti rapporti con il responsabile clinico del caso, con la famiglia e con le strutture territoriali ed è coadiuvato da infermieri (1 ogni sei posti letto) nonché da personale di supporto quali operatori socio-sanitari. Il case-manager ha la responsabilità della continuità del piano assistenziale dei pazienti collocati nel suo settore.
E il medico dov’è? Leggendo attentamente l’articolo il medico c’è, ma è il medico del reparto Ospedaliero inviante a questa struttura, il quale verosimilmente continuerà a svolgere la sua attività nel reparto dove fino al giorno prima quello stesso paziente era accolto e che, quando il “case manager”riterrà terminato il percorso assistenziale, dovrà dimettere il paziente.
Ma come potrà avere ancora il controllo clinico del caso se il paziente non sarà più sotto la sua diretta osservazione? Esiste ora una cura che si esercita… a distanza, senza vedere/ monitorare il paziente? A chi spetta porre una diagnosi ed impostare una terapia? Chi compila le cartelle cliniche? Ci si è forse dimenticati che in Italia la responsabilità giuridica “ultima” di un paziente è del medico? E poi il case manager non dovrebbe essere un “facilitatore sociale”che si occupa delle cosiddette “aree di debolezza”, valuta i bisogni della popolazione, pianifica l’assistenza e i servizi, e per quanto riguarda l’area ospedaliera, in previsione della futura dimissione, attiva l’ADI, fa sì che il paziente trovi tutti gli ausili terapeutici necessari a domicilio ecc.
Si tenta di sostenere (vedi Corriere Medico del 8/6/2006), che al medico spetterebbe solamente la diagnosi e la terapia, mentre all’infermiere la cura e la prevenzione dimenticando che la definizione d’atto medico abbraccia tutte le attività riferite a formazione, ricerca, cura, assistenza a pazienti singoli e a collettività che siano correlate ad una diagnosi cui faccia seguito una terapia.
Vorrei inoltre rilevare come i medici, ovviamente, non siano stati interpellati.
E’ inammissibile che vi sia un reparto assistenziale non coordinato da un medico, ove, però nello stesso tempo, un medico inserito in un'altra unità operativa ne ha la responsabilità clinica e giuridica.
E’ un vero e proprio attacco alla nostra professione!
Pasquale Picciano
Segretario Aziendale
AULSS 10 “Veneto Orientale”
CIMO-ASMD
Revisore dei conti Ordine dei Medici
Categoria News:
Notizie medici
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