Parere del Consiglio dell'Ordine in merito alla prescrizione di psicofarmaci

L’Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri della Provincia di Venezia nella seduta del 19.12.2007 ha preso atto di un quesito posto da una Collega in merito alla pescrizione di psicofarmaci

QUESITO:
Gentile Presidente,
desidero porre a Lei ed al Consiglio Direttivo una questione riguardante la prescrizione di farmaci oppiacei e psicofarmaci.
Per la precisione mi pongo il problema della responsabilità del medico prescrittore qualora il paziente che avesse assunto su mia indicazione i summenzionati farmaci,andasse incontro ad incidente stradale.Mi riferisco a farmaci di uso molto comune,quali sono le benzodiazepine ed ,ultimamente anche agli analgesici contenenti oppiacei minori,quali codeina o tramadolo per fare un esempio,che sono entrati ormai abitudinariamente nella "penna" del medico.In particolare il codice della strada non fa alcun riferimento alle dosi massime consentite,ma si esprime solo con un generico riferimento al'eventualità del riscontro di "stupefacenti e psicofarmaci" nel sangue o nelle urine del guidatore,per la cui presenza sono previste multe,ritiro della patente,ma ancor peggio la mancata copertura dei danni da parte dell'Assicurazione.
Questo quesito mi è balzato alla mente,dopo aver letto che un collega medico è stato condannato come responsabile di lesioni colpose per l'incidente avvenuto ad un paziente che aveva assunto delle banali gocce di EN.La sentenza cui mi riferisco è la n° 1025 del febbraio 2007 della IV sezione penale di Gorizia:secondo il giudice il medico doveva non solo informare verbalmente il cliente dei possibili effetti collaterali provocati dal farmaco e della particolare attenzione che avrebbe dovuto porre in caso di guida di automezzo,ma anche farsi sottoscrivere una dichiarazione scritta con le medesime precisazioni.
Chiedo pertanto:
1) sarò costretta a farmi firmare una dichiarazione scritta da parte del paziente ogni volta che prescrivero' tranquillanti,sedativi,ipnotici,oppiacei minori, ancorchè abbia avvertito verbalmente il paziente sugli effetti collaterali che tali farmaci possono provocare?
Ed infine,anche in assenza di incidenti,l'assunzione di questi farmaci è comunque compatibile con la guida di automezzi?
La ringrazio per l'attenzione che vorrà prestarmi.
Colgo l'occasione per porgere a Lei ed ai Consiglieri tutti i miei migliori saluti.
F.B. 

PARERE DEL CONSIGLIO DELL'ORDINE APPROVATO IN DATA 19.12.2007

La pratica dell’arte medica si fonda su acquisizioni scientifiche e sperimentali che sono in continua evoluzione, la regola di fondo nella suddetta complessa materia è costituita dalla autonomia e dalla responsabilità del medico il quale, sempre con il consenso del paziente, opera le scelte professionali basandosi sullo stato delle conoscenze delle quali dispone.
Il medico gode infatti di ampia autonomia nelle sue scelte professionali mentre a lui viene fatto obbligo di garantire lo stato delle evidenze scientifiche e sperimentali sotto la propria responsabilità.
A questi principi si ispira innanzitutto il nostro Codice di deontologia riformato di recente nel Dicembre 2006 (art. 13 – Prescrizione e trattamento terapeutico) ed al medico viene riconosciuta “autonomia nella programmazione, nelle scelte e nella applicazione di ogni presidio diagnostico e terapeutico [ … ] “…fatta salva la libertà del paziente di rifiutarle e di assumersi la responsabilità del rifiuto stesso…” mentre “…le prescrizioni ed i trattamenti devono essere ispirati ad aggiornate e sperimentate acquisizioni scientifiche, tenuto conto dell’uso appropriato delle risorse, sempre perseguendo il beneficio del paziente secondo criteri di equità…”
L’ordine in questo senso non dovrebbe mai esprimere giudizi “generici” su questioni terapeutiche che sono specifiche di singoli casi che attengono alla pratica clinica.
Auspichiamo peraltro che il medico proceda sempre tenendo conto innanzitutto dell’individualità del paziente cercando con quest’ultimo di condividere il percorso migliore sia sotto l’aspetto diagnostico che anche terapeutico.
In tal senso la comunicazione medico-paziente assume d’altronde un ruolo preminente e non si può non richiamare l’art. 33 del Codice di Deontologia che impone al medico di “…fornire al paziente la più idonea informazione sulla diagnosi, sulla prognosi, sulle (…) prevedibili conseguenze delle scelte operate”… “ al fine di promuovere la sua massima partecipazione possibile alle scelte decisionali” (…).
Un rapporto privilegiato ed attento nei confronti dei pazienti si esprime in tutto questo e rappresenta evidenza determinante anche sul versante deontologico che da sola sembra consentire il ridimensionamento del problema segnalato; del pari a parere degli scriventi sembra opportuno consigliare ai Colleghi di lasciare opportuna “traccia” del percorso clinico-terapeutico nella documentazione sanitaria anche ambulatoriale.
Ci ha ammonito lo stesso Prof. Fiori, insigne Maestro medico-legale di recente ospite assai gradito del nostro Ordine, in un suo recente editoriale sul n. 4-5/07 della Rivista di Medicina Legale a diffidare delle generalizzazioni desunte dalla lettura delle sentenze (“La medicina delle evidenze e delle scelte sta declinando verso la medicina dell’obbedienza giurisprudenziale?”).
Non vogliamo trascurare comunque il riferimento giurisprudenziale che veniva richiamato dalla Collega ovvero la sentenza 1025 del 17/02/07 della Cassazione Penale che nel caso esaminato stabiliva come il medico di Pronto Soccorso avesse dimesso il paziente dopo la somministrazione di una fiala di EN da 5 mg e non avrebbe riportato nel foglio di dimissione a lui consegnato quali fossero i possibili effetti collaterali del farmaco.
Nell’occasione però il medico aveva somministrato personalmente il farmaco non limitandosi soltanto a prescriverlo e non vi erano evidenze del fatto che avesse avvisato il paziente sulle controindicazioni del medesimo; inoltre quest’ultimo si era poi subito messo al volante (!), né si deve trascurare che in quel caso la Cassazione aveva cassato le precedenti sentenze di I° e II° grado e di certo da quest’ultima per come l’abbiamo letta ed analizzata nel merito non sembra che possano ragionevolmente ricavarsi principi assoluti da applicarsi ipso facto alla pratica clinica.

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