Parliamo ancora di Responsabilità Medica

RESPONSUS ABILIS: “Capace di dare risposta” coincide con la capacità di farsi carico dei problemi e di concorrere a fornire soluzioni o comunque risposte al bisogno; il suo significato ha un legame inscindibile con quello di competenza; la responsabilità è in carico a chi compete la risposta.
L’intervento medico è sempre gravato da rischi e l’esito indesiderato è parte costitutiva, potenziale dell’intervento; la nostra attenzione deve orientarsi non solo sugli operatori sanitari ma anche (e soprattutto) sull’organizzazione delle cure. 
L’esito indesiderato e l’errore medico non sono coincidenti ma possono anche essere spacciati per tali ! 
Se il primo spesso è imprevedibile, il secondo può essere corretto e prevenuto; per questo le conoscenze per la prevenzione e la gestione del rischio devono entrare a pieno titolo nel «core curriculum» formativo dei futuri medici. 
Dal Codice di Deontologia Medica recepiamo che: “… Il medico opera al fine di garantire le più idonee condizioni di sicurezza del paziente e contribuire all’adeguamento dell’organizzazione sanitaria, alla prevenzione e gestione del rischio clinico anche attraverso la rilevazione, segnalazione e valutazione degli errori al fine del miglioramento della qualità delle cure …”. Ricordiamo che solo due paesi in Europa (tra questi l’Italia) hanno conservato per il medico la responsabilità anche in sede penale negli altri è confinata al solo ambito civile.
La Legge 158/2012 (Balduzzi) che doveva circoscrive l’ambito penale al dolo o alla colpa grave si sta dimostrando inidonea e potrebbe anche presentare profili di incostituzionalità.
Oggi al medico si richiedono livelli di accuratezza e competenza tali da rendere aleatoria e residuale ogni ipotesi di «colpa lieve» i cui confini con la colpa comunemente intesa, la colpa grave, risultano nella pratica vaghi e indefiniti.
Attualmente le denunce contro i medici ammontano a 33.000 (circa) ogni anno; nell’ambito dei procedimenti penali, il 99,8% dei procedimenti per lesione colposa ed il 99,1% di quelli per omicidio colposo si risolvono con l’assoluzione del medico. Il ricorso al procedimento penale è usato come arma di pressione nei confronti dell’assicurazione (e del medico) per accelerare i tempi del procedimento civile e della liquidazione del danno.
Segnaliamo che i sinistri protocollati nel 1994 e stimati mediamente pari a 16,4 mila €/sinistro sono stati pagati nel 2002 (dopo otto anni !) per 36 mila €; di qui l’atteggiamento delle assicurazioni che tendono a liquidare il danno in tempo brevi (anche senza il consenso del medico!). 
E’ quindi compito di un paese civile limitare il tempo intercorrente tra l’azione presunta lesiva e comunque dalla sua conoscenza (presa di conoscenza degli effetti dannosi derivati dall’intervento) e l’inizio dell’azione di rivalsa ai due, massimo cinque anni contemperando così anche il diritto del danneggiato ad essere liquidato in tempi dignitosi. 
La depenalizzazione dell’atto medico è una strada percorribile? 
Noi crediamo che sia una strada difficile perché difficile è l’ottemperamento di interessi diversi (le altre categorie professionali difficilmente accetterebbero questa riserva legislativa !) ma dobbiamo percorrere almeno la strada della derubricazione; non è interesse corporativo della categoria medica ma interesse generale per la salvaguardia dei livelli attuali di sicurezza delle cure e di sostenibilità del SSNN. 
Ammonta a 1600 milioni di euro l’anno il costo sostenuto dal SSN per stipulare assicurazioni; sono stimati in 12-14 miliardi di euro l’anno i costi delle procedure e della diagnostica attuata come medicina difensiva. Nell’articolo comparso su Epidemiologia e Prevenzione 2012; 36 (3-4) maggio-agosto, pg: 151-161: “Eventi avversi e conseguenze prevenibili: studio retrospettivo in cinque grandi ospedali italiani”, il 56% di questi eventi avversi sarebbe evitabile e sarebbe imputabile a quel tipo di errori dovuti alla serenità perduta.
Cosa auspichiamo? 
Una più rapida conclusione delle cause civili (potrebbe ridurre il costo dei risarcimenti ed il ricorso al penale); una norma che preveda il risarcimento del professionista ingiustamente incolpato; provvedimenti disciplinari per gli avvocati che promuovono cause temerarie; una sanzione (assegnata dal giudice) a carico del denunciante in caso di «lite temeraria»; la previsione che in caso di cure erogate in una struttura del SSN la richiesta di risarcimento vada inoltrata alla struttura stessa e che in caso di «lite temeraria» questa abbia l’obbligo di avviare nei confronti del denunciante un’azione risarcitoria. Dobbiamo analizzare l’ipotesi di un contratto assicurativo unico (primo rischio), valido su tutto il territorio nazionale, per tutte le strutture e per tutti i professionisti del SSN che preveda la copertura della rivalsa da parte delle AUSL Aziende Ospedaliere e la copertura del pregresso; in questo ambito auspichiamo che le iniziative di ENPAM e FNOMCeO trovino una loro sintesi strategica per una maggiore efficacia contrattuale. Abbiamo bisogno di informare correttamente la nostra popolazione sulla netta distinzione tra evento avverso ed errore medico e dobbiamo rivedere la possibilità di liquidazione extragiudiziale del danno civile attraverso un percorso di conciliazione che costringa tutti gli attori ad assumersi responsabilità nel campo della civiltà giuridica.
La Federazione degli OMCeO del Veneto ha reiterato la richiesta alla Regione Veneto di conoscere la mappa della copertura assicurativa nelle nostre Aziende Ulss, sino ad oggi non abbiamo avuto risposta; questo silenzio dimostra ancora una volta la difficoltà nei rapporti con la nostra Regione che sembra strenuamente impegnata nei tagli di bilancio ma poco propensa a condividere il disagio delle professioni sanitarie sempre più esposte al contenzioso legale spesso innescato da deficit organizzativi e dai carichi di lavoro. 
Come professionisti attenti alla salute ed alla sicurezza dei nostri pazienti dobbiamo sempre ricercare la qualità e l’appropriatezza ma oggi appare sempre più gravoso questo compito quando manca un sistema solidaristico di protezione sociale che dovrebbe riconoscere le peculiarità delle professioni sanitarie e di quella medica in particolare che porta sulle spalle compiti, funzioni e responsabilità straordinarie.
Maurizio Scassola

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