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Home › Notizie medici › Sindrome da trasporto intracorporeo di droga - The body packer syndrome. ›Sindrome da trasporto intracorporeo di droga - The body packer syndrome.
Sindrome da trasporto intracorporeo di droga - The body packer syndrome.
di Giovanni Leoni
La prima utilizzazione del tratto digerente per il trasporto di droga è stata descritta nel 1973 da Deitel e Syded . La tecnica si ispira a pratiche più antiche di contrabbando di diamanti e microfilm durante la guerra fredda, l’intestino retto è la sede naturale più impiegata.
La droga, nella maggior parte eroina o cocaina, sigillata in ovuli di lattice, plastica e simili, viene ingerita per bocca o immessa nel retto del corriere. Il problema diventa medico per il rischio di vita causato dalla perdita di impermeabilità dell’involucro all’interno dell’organismo prima della sua eliminazione naturale con conseguente assorbimento massivo di sostante stupefacenti, tossicità a vari livelli e pericolo di morte di norma per arresto cardiaco.
Le preparazioni attualmente sono sempre più raffinate e le sostanze sempre più concentrate. I valori economici a seconda della sostanza e quantità trasportata possono arrivare fino a 250.000 euro per un singolo viaggio ma ai disperati che accettano un simile rischio va una ben misera parte ed un incerto destino. Sono spesso soggetti di basso livello socio-culturale e inconsapevoli dei rischi mortali a cui si sottopongono. I medici sono chiamati in causa dalle forze dell’ordine per accertamenti a soggetti in stato di fermo giudiziario, tipicamente a livello di Pronto Soccorso, ma successivamente vengono coinvolti i vari specialisti : laboratorio, radiologia, medicina , rianimazione e talvolta la chirurgia. La successione degli eventi più auspicabile e statisticamente più frequente in letteratura è l’attesa della eliminazione per via naturale degli involucri. Sono però determinanti la via di assunzione scelta , la qualità del materiale di trasporto e la tecnica di sigillatura e confezionamento impiegata, il tempo intercorso fra l’immissione e l’eliminazione. Le complicanze del trasposto possono essere di tipo tossico o meccanico, tipica l’occlusione intestinale. Sul “Il Gazzettino” dei primi del mese di marzo 2010 è stata riportata la morte di un vicentino di 33 anni a Natal, in Brasile, per lo scoppio di un involucro di cocaina nell’intestino. Il percorso diagnostico più rapido prevede la ricerca di sostanza stupefacenti nelle urine e la radiografia dell’ addome in bianco confidando sulla radio-opacità dei corpi estranei. I falsi negativi però possono essere dovuti alla perfetta tenuta degli involucri a livello di dosaggio urinario, e all’utilizzo di nuove tecniche di concentrazione e trasporto degli stupefacenti a livello radiologico.
Si riporta qui il caso del novembre 2009 di una donna di 28 anni proveniente dall’America Latina ricoverata nel reparto di Chirurgia Generale dell’Ospedale Civile di Venezia in stato di fermo da parte della Guardia di Finanza. Il suo compagno era stato trovato portatore di dieci ovuli di cocaina allo stato liquido nel retto, già esplusi . Lei è stata scoperta con un grosso ovulo in vagina e dichiarava di “non ricordare” se ne aveva altri o no. Il tempo di assunzione poteva essere riferito con buona probabilità visti i biglietti aerei a circa 72 ore prima. All’ingresso un rx addome in bianco era risultato negativo (foto 1) e gli esami del sangue ed ecg nella norma, la paziente però all’esplorazione rettale presentava il fondato dubbio di essere portatrice di altri corpi estranei.
Veniva quindi eseguita una tac addominale (sufficiente senza mezzo di contrasto) che rivelava la presenza di 14 ovuli di circa 5 x 2 cm di cui 5 a livello gastrico, gli altri 9 a livello di colon-retto (foto 2-3). La nuova modalità di trasporto di cocaina in formato liquido con involucri di lattice, non era quindi evidenziabile alla radiografia in bianco. Subito dopo la tac la paziente che stava diventando sempre più nervosa e sempre meno collaborante improvvisamente lamenta forti dolori a livello epigastrico ed ha un collasso cardiocircolatorio.
Viene deciso il trasferimento in terapia intensiva e nel frattempo arrivano i risultati dell’esame urine effettuato in precedenza con dato di presenza in questo liquido biologico di oltre 1000ng/dl di cocaina. La norma è l’assenza ovviamente, la tossicità oltre i 300 ng/dl. Anche un involucro recuperato dal compagno, probabilmente identico a quelli contenuti nella ragazza , viene esaminato e si conclude di trovarsi in presenza di un lattice di bassa qualità complessiva.
Il quadro globale e la presenza ormai certa di 5 ovuli non progrediti come gli altri e rimasti a contatto con i succhi gastrici da più di 72 ore fa decidere per l’intervento chirurgico. La paziente, informata della sua situazione, è adesso spaventata e completamente collaborante. La laparoscopia è controindicata per tali situazioni per il rischio di rottura degli involucri a contatto con pinze ed altri strumenti metallici, viene quindi eseguita una laparotomia classica con conferma al reperto palpatorio di numerosi corpi estranei endoluminali. Si esegue una piccola gastrotomia attraverso la quale (foto 4) si estraggono i cinque ovuli gastrici di cui uno bloccato a livello pilorico e probabile causa degli improvvisi dolori. Gli altri nove a livello colon-retto vengono fatti cautamente progredire con manovre manuali fino alla loro uscita attraverso l’ano senza ulteriori sezioni viscerali (foto 5 e 6). Il decorso postoperatorio è stato regolare, è stata eseguita una tac di controllo il giorno successivo all’intervento risultata negativa per altri ovuli residui, è stata controllata quotidianamente la progressiva eliminazione della cocaina dalle urine fino alla sua completa scomparsa. La paziente è stata trasferita in quinta giornata all’infermeria del carcere femminile di competenza.
L’interesse del caso riportato sta nel dato oggettivo delle nuove modalità di trasporto della droga a livello intracorporeo, segnalando una volta di più a tutti i colleghi che potrebbero essere chiamati come consulenti a vario titolo dall’autorità giudiziaria l’ inaffidabilità del semplice rx addome in bianco per la ricerca di corpi estranei.
Da considerare quindi l’eventualità di potersi trovare di fronte ad un caso di trasporto di ovuli a contenuto liquido con l’indicazione di sottoporre i sospetti anche ad una tac addominale per adeguate conclusioni diagnostiche. In letteratura infatti una ecografia addominale non viene considerata sicuramente attendibile per diagnosi di presenza, sede e numero di corpi estranei, anche a contenuto liquido.
Giovanni Leoni e.mail: leong@fastwebnet.it
Chirurgia Generale - Ospedale SS. Giovanni e Paolo di Venezia
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di Giovanni Leoni
La prima utilizzazione del tratto digerente per il trasporto di droga è stata descritta nel 1973 da Deitel e Syded . La tecnica si ispira a pratiche più antiche di contrabbando di diamanti e microfilm durante la guerra fredda, l’intestino retto è la sede naturale più impiegata.
La droga, nella maggior parte eroina o cocaina, sigillata in ovuli di lattice, plastica e simili, viene ingerita per bocca o immessa nel retto del corriere. Il problema diventa medico per il rischio di vita causato dalla perdita di impermeabilità dell’involucro all’interno dell’organismo prima della sua eliminazione naturale con conseguente assorbimento massivo di sostante stupefacenti, tossicità a vari livelli e pericolo di morte di norma per arresto cardiaco.
Le preparazioni attualmente sono sempre più raffinate e le sostanze sempre più concentrate. I valori economici a seconda della sostanza e quantità trasportata possono arrivare fino a 250.000 euro per un singolo viaggio ma ai disperati che accettano un simile rischio va una ben misera parte ed un incerto destino. Sono spesso soggetti di basso livello socio-culturale e inconsapevoli dei rischi mortali a cui si sottopongono. I medici sono chiamati in causa dalle forze dell’ordine per accertamenti a soggetti in stato di fermo giudiziario, tipicamente a livello di Pronto Soccorso, ma successivamente vengono coinvolti i vari specialisti : laboratorio, radiologia, medicina , rianimazione e talvolta la chirurgia. La successione degli eventi più auspicabile e statisticamente più frequente in letteratura è l’attesa della eliminazione per via naturale degli involucri. Sono però determinanti la via di assunzione scelta , la qualità del materiale di trasporto e la tecnica di sigillatura e confezionamento impiegata, il tempo intercorso fra l’immissione e l’eliminazione. Le complicanze del trasposto possono essere di tipo tossico o meccanico, tipica l’occlusione intestinale. Sul “Il Gazzettino” dei primi del mese di marzo 2010 è stata riportata la morte di un vicentino di 33 anni a Natal, in Brasile, per lo scoppio di un involucro di cocaina nell’intestino. Il percorso diagnostico più rapido prevede la ricerca di sostanza stupefacenti nelle urine e la radiografia dell’ addome in bianco confidando sulla radio-opacità dei corpi estranei. I falsi negativi però possono essere dovuti alla perfetta tenuta degli involucri a livello di dosaggio urinario, e all’utilizzo di nuove tecniche di concentrazione e trasporto degli stupefacenti a livello radiologico.
Si riporta qui il caso del novembre 2009 di una donna di 28 anni proveniente dall’America Latina ricoverata nel reparto di Chirurgia Generale dell’Ospedale Civile di Venezia in stato di fermo da parte della Guardia di Finanza. Il suo compagno era stato trovato portatore di dieci ovuli di cocaina allo stato liquido nel retto, già esplusi . Lei è stata scoperta con un grosso ovulo in vagina e dichiarava di “non ricordare” se ne aveva altri o no. Il tempo di assunzione poteva essere riferito con buona probabilità visti i biglietti aerei a circa 72 ore prima. All’ingresso un rx addome in bianco era risultato negativo (foto 1) e gli esami del sangue ed ecg nella norma, la paziente però all’esplorazione rettale presentava il fondato dubbio di essere portatrice di altri corpi estranei.
Veniva quindi eseguita una tac addominale (sufficiente senza mezzo di contrasto) che rivelava la presenza di 14 ovuli di circa 5 x 2 cm di cui 5 a livello gastrico, gli altri 9 a livello di colon-retto (foto 2-3). La nuova modalità di trasporto di cocaina in formato liquido con involucri di lattice, non era quindi evidenziabile alla radiografia in bianco. Subito dopo la tac la paziente che stava diventando sempre più nervosa e sempre meno collaborante improvvisamente lamenta forti dolori a livello epigastrico ed ha un collasso cardiocircolatorio.
Viene deciso il trasferimento in terapia intensiva e nel frattempo arrivano i risultati dell’esame urine effettuato in precedenza con dato di presenza in questo liquido biologico di oltre 1000ng/dl di cocaina. La norma è l’assenza ovviamente, la tossicità oltre i 300 ng/dl. Anche un involucro recuperato dal compagno, probabilmente identico a quelli contenuti nella ragazza , viene esaminato e si conclude di trovarsi in presenza di un lattice di bassa qualità complessiva.
Il quadro globale e la presenza ormai certa di 5 ovuli non progrediti come gli altri e rimasti a contatto con i succhi gastrici da più di 72 ore fa decidere per l’intervento chirurgico. La paziente, informata della sua situazione, è adesso spaventata e completamente collaborante. La laparoscopia è controindicata per tali situazioni per il rischio di rottura degli involucri a contatto con pinze ed altri strumenti metallici, viene quindi eseguita una laparotomia classica con conferma al reperto palpatorio di numerosi corpi estranei endoluminali. Si esegue una piccola gastrotomia attraverso la quale (foto 4) si estraggono i cinque ovuli gastrici di cui uno bloccato a livello pilorico e probabile causa degli improvvisi dolori. Gli altri nove a livello colon-retto vengono fatti cautamente progredire con manovre manuali fino alla loro uscita attraverso l’ano senza ulteriori sezioni viscerali (foto 5 e 6). Il decorso postoperatorio è stato regolare, è stata eseguita una tac di controllo il giorno successivo all’intervento risultata negativa per altri ovuli residui, è stata controllata quotidianamente la progressiva eliminazione della cocaina dalle urine fino alla sua completa scomparsa. La paziente è stata trasferita in quinta giornata all’infermeria del carcere femminile di competenza.
L’interesse del caso riportato sta nel dato oggettivo delle nuove modalità di trasporto della droga a livello intracorporeo, segnalando una volta di più a tutti i colleghi che potrebbero essere chiamati come consulenti a vario titolo dall’autorità giudiziaria l’ inaffidabilità del semplice rx addome in bianco per la ricerca di corpi estranei.
Da considerare quindi l’eventualità di potersi trovare di fronte ad un caso di trasporto di ovuli a contenuto liquido con l’indicazione di sottoporre i sospetti anche ad una tac addominale per adeguate conclusioni diagnostiche. In letteratura infatti una ecografia addominale non viene considerata sicuramente attendibile per diagnosi di presenza, sede e numero di corpi estranei, anche a contenuto liquido.
Giovanni Leoni e.mail: leong@fastwebnet.it
Chirurgia Generale - Ospedale SS. Giovanni e Paolo di Venezia
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