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dell'obbligo di documentazione
Si riporta il testo della mail ricevuta dall'Ordine. In allegato la risposta.
Spett.le Ordine,
Vorrei cortesemente sapere se la deontologia medica impone al dentista l'onere di provare, qualora il paziente lo richiedesse, quale la ragione di una determinata terapia nonchè della sua bouna riuscita. Le faccio un esempio. Domani vengo da lei perchè mi fa male il dente 45 sotto la cui otturaziune risiede una carie. Ma lei decide che a essere curato non deve essere il 45 bensì il 36, anch'esso otturato ma che non da alcun problema. Al suo fianco, sul 37, c'è una corona non devitalizzata, da lei stesso impiantata 3 anni fa, tuttavia senza eseguire una radiografia endobuccale nè prima nè dopo l'impianto. La corona sul 37 comincia peraltro a dare qualche fastidio segnatamente a ipersensibilità caldo-freddo. Mi impianta dunque una corona in porcellana sul 36 senza tuttavia devitalizzarne la radice, lasciando per giunta uno spazio interprcssimale 36-37 enorme facendo il 36 un paio di mm piu basso del 37. Per cui dopo ogni pasto sono costretta a rimuovere enormi quantiativi, nonché pezzi interi di cibo depositati nell'interstizio per mezzo di uno stuzzicadente. Neanche la cura del 36 viene da lei documentata per mezzo di una radiografia. Naturalmente tornerà da lei per lamentarmi dei problemi di accumole ma lei mi liquiderà dicendo che se non mi piace il suo lavoro posso andare anche da un altro. Come e' difatti successo con un dentista, non ci vurrà molto tempo prima che la gengiva fra il 36 e il 37 vanda in necrosi e la radice del 37 sara la prima a risentirne e a infiammarsi. Poi tocchera' naturalmente al 36 ammalarsi come in un copione facile-facile. Come vede il dentista potrebbe aver agito solo in teoria in buona fede ma di fatto è ricorso a un abile trucco per fottermi un paio di mila euro creandomi per giunta dei problemi. Aver infatti curato volutamente in modo errato dapprima il 37 e accelerati gli effetti della cura errata del 37 agendo sul 36 (vedi spazio interprussimale) laddove molto probabilmente non era necessaria alcua terapia. E così il dentista crede di aver trovato la sua gallinella dalle uova d'oro. Se io ora chiedessi al dentista di dimostrarmi l'oppotuimità nonchè necessarietà di queste cure, come potrebbe il collega giustificarle se non le ha documentate? Tornando al quesito posto all'inizio di queta mail, vorrei sapere se vige un obblogo che impone ai dentisti di dimostrare le ragioni della terapia e la bonià della sua esecuziune. Il fatto che non siano state eseguite le lastre e che non può essere quindi provata la bontà della cura, porrebbe mettere il dentista in una condizione di colposità per negligenza a priori, in quanto ha disatteso una prassi imposta dalla deontologia?
Grazie
Spett.le Ordine,
Vorrei cortesemente sapere se la deontologia medica impone al dentista l'onere di provare, qualora il paziente lo richiedesse, quale la ragione di una determinata terapia nonchè della sua bouna riuscita. Le faccio un esempio. Domani vengo da lei perchè mi fa male il dente 45 sotto la cui otturaziune risiede una carie. Ma lei decide che a essere curato non deve essere il 45 bensì il 36, anch'esso otturato ma che non da alcun problema. Al suo fianco, sul 37, c'è una corona non devitalizzata, da lei stesso impiantata 3 anni fa, tuttavia senza eseguire una radiografia endobuccale nè prima nè dopo l'impianto. La corona sul 37 comincia peraltro a dare qualche fastidio segnatamente a ipersensibilità caldo-freddo. Mi impianta dunque una corona in porcellana sul 36 senza tuttavia devitalizzarne la radice, lasciando per giunta uno spazio interprcssimale 36-37 enorme facendo il 36 un paio di mm piu basso del 37. Per cui dopo ogni pasto sono costretta a rimuovere enormi quantiativi, nonché pezzi interi di cibo depositati nell'interstizio per mezzo di uno stuzzicadente. Neanche la cura del 36 viene da lei documentata per mezzo di una radiografia. Naturalmente tornerà da lei per lamentarmi dei problemi di accumole ma lei mi liquiderà dicendo che se non mi piace il suo lavoro posso andare anche da un altro. Come e' difatti successo con un dentista, non ci vurrà molto tempo prima che la gengiva fra il 36 e il 37 vanda in necrosi e la radice del 37 sara la prima a risentirne e a infiammarsi. Poi tocchera' naturalmente al 36 ammalarsi come in un copione facile-facile. Come vede il dentista potrebbe aver agito solo in teoria in buona fede ma di fatto è ricorso a un abile trucco per fottermi un paio di mila euro creandomi per giunta dei problemi. Aver infatti curato volutamente in modo errato dapprima il 37 e accelerati gli effetti della cura errata del 37 agendo sul 36 (vedi spazio interprussimale) laddove molto probabilmente non era necessaria alcua terapia. E così il dentista crede di aver trovato la sua gallinella dalle uova d'oro. Se io ora chiedessi al dentista di dimostrarmi l'oppotuimità nonchè necessarietà di queste cure, come potrebbe il collega giustificarle se non le ha documentate? Tornando al quesito posto all'inizio di queta mail, vorrei sapere se vige un obblogo che impone ai dentisti di dimostrare le ragioni della terapia e la bonià della sua esecuziune. Il fatto che non siano state eseguite le lastre e che non può essere quindi provata la bontà della cura, porrebbe mettere il dentista in una condizione di colposità per negligenza a priori, in quanto ha disatteso una prassi imposta dalla deontologia?
Grazie
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