Le terapie anti Covid in attesa del vaccino: Leoni su Il Giornale

In attesa dell'arrivo dei vaccini anti Covid, ci sono terapie che possono aiutare chi si contagia. «È importante però distinguere tra la terapia che si fa in ospedale, riservata al 4% dei contagiati positivi, e quella che si fa a domicilio, che interessa il 96% delle persone» spiega ad Alessandro Ferro in una lunga intervista pubblicata oggi, lunedì 23 novembre 2020, dal quotidiano Il Giornale (e che potete leggere anche a questo link diretto: https://www.ilgiornale.it/news/cronache/ecco-sei-terapie-contro-covid-1904392.html) il presidente dell'OMCeO veneziano e vice FNOMCeO Giovanni Leoni.

Quelle sei "A" contro il Covid: ​tutte le armi che abbiamo
In attesa di un vaccino, numerosi sono gli "antivirus" che abbiamo messo in campo: ecco come si cura la pandemia

Alessandro Ferro - Lun, 23/11/2020 – 07:43

In attesa che la "gara" dei vaccini abbia i propri vincitori, si sono messe a punto alcune terapie usate contro il Covid-19 per cercare, quantomeno, di alleviare le sofferenze dei malati e ridurre la capacità di forza del virus.

Sono molti i farmaci già in commercio che erano stati pensati per altre patologie ma che si stanno usando anche per combattere la pandemia mondiale: Aifa (l'Agenzia Italiana del Farmaco), Ema (Agenzia Europea per i Medicinali) ed Fda (l'ente regolatorio dei farmaci americani) hanno approvato in questi mesi molte cure in base alla tipologia di paziente ed alla gravità della situazione.

"È importante distinguere tra la terapia che si fa in ospedale che è riservata al 4% dei contagiati positivi e la terapia che si fa a domicilio, che interessa il 96% delle persone. Alcuni sono asintomatici, altri sono paucisintomatici", ci ha detto in esclusiva il Prof. Giovanni Leoni, vicepresidente di Fnomceo, Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri. "Ogni terapia viene identificata come linea generale e personalizzata sulla tipologia del paziente che è estremamente variabile come sintomatologia". Ma quali sono, ad oggi, le terapie contro la pandemia globale? Nella loro diversità sono tutte accomunate della lettera A (e non potrebbe essere altrimenti).

Antipiretici

Nei casi meno gravi ci vengono incontro gli antipiretici, quei preparati farmaceutici che servono a far diminuire o scomparire la febbre. "Il primo baluardo sono gli antipiretici ed è stato dimostrato che il paracetamolo, quindi la tachipirina, è un farmaco consigliato per dolori, febbre e polimialgia, specialmente quando la febbre supera i 37,5 e si ha anche cefalea: si possono prendere fino a 4 compresse al giorno da 1000 mg ma in relazione al peso corporeo del paziente", ci ha detto il Prof. Leoni.

Antibiotici

Il virus può essere messo Ko anche da alcuni antibiotici già presenti in commercio. "Ce n'è uno chiamato Zitromax, l'azitromicina: i dosaggi più usati si hanno con una compressa per 3 o 6 giorni consecutivi ma possono esserci delle variazioni. Viene usato perché sembra avere un effetto immuno-stimolante". Lo Zitromax, tra l'altro, è un farmaco prodotto dalla Pfizer, l'azienda farmaceutica statunitense prima al mondo ad aver ottenuto un eccellente risultato sul proprio vaccino in sperimentazione, con un'efficacia in fase tre addirittura del 95%.

Antinfiammatori

Quando ci si trova in uno stato più critico della malattia si ha un'infiammazione sia a livello generale che a livello sistemico. Nei casi più gravi, se la risposta immunitaria diventa incontrollabile, il paziente va incontro a numerose complicazioni che possono portarlo fino alla morte. Tra gli antinfiammatori più utilizzati c'è il cortisone, il Deltacortene 25 o il Soldesam. "Il cortisone ha un effetto antinfiammatorio generale ed è preso seriamente in considerazione perché effettivamente, dal momento che l'infezione provoca anche un'eccessiva attivazione del sistema immunitario, possono essere utili e vengono somministrati. Non hanno un uso universale ma in tante situazioni sono stati estremamente utili", ha affermato il vicepresidente di Fnmoceo.
Oltre a quelli elencati, alcuni studi indicano il desametasone ed i suoi derivati (i corticosteroidi) molecole utili a spegnere l'infiammazione: una ricerca pubblicata a maggio ed effettuata su oltre 6mila persone, il desametasone ha ridotto di un terzo i decessi nei pazienti sottoposti a ventilazione meccanica e di un quinto in quelli che hanno avuto bisogno dell'ossigeno terapia. Questi dati sono stati pubblicati anche sulla rivista medica Jama lo scorso mese di settembre.

Anticoagulanti

Uno dei maggiori problemi che provoca il Covid riguarda l'eccessiva coagulazione del sangue che può portare a trombosi, cioè la formazione di trombi all'interno dei vasi sanguigni che ostacolano o impediscono la normale circolazione del sangue. Tra gli anticoagulanti più usati in commercio c'è l'eparina, "che viene riservata a pazienti in una fase avanzata di malattia da Covid-19 che si trovano costretti a stare a letto", ci ha detto Leoni. Ma attenzione, perché in questo caso è necessaria la presenza di un medico o di un infermiere. "Difficilmente questa terapia viene usata per uso domiciliare, quasi sempre è per uso ospedaliero perché è necessaria anche la giusta indicazione per la somministrazione sulla base di determinati parametri che si hanno con dati clinici e strumentali".

Antivirali

Arriviamo adesso alle armi già esistenti per combattere gli altri virus e "riadattate" anche per il Covid-19: si tratta di quei farmaci antivirali il cui utilizzo è mirato a combattere numerose infezioni virali o per fornire protezione, generalmente per un breve periodo, nei confronti dell'infezione stessa. In linea generale agiscono inibendo una delle varie fasi del ciclo replicativo del virus come l'assorbimento e penetrazione del virus nella cellula ospite, la trascrizione e traduzione del genoma virale ed assemblaggio e la maturazione dei virioni, ovvero le particelle virali complete, come si legge su Humanitas. Sappiamo bene che una cura ad hoc contro il Sars-Cov-2 non esiste ma tra i farmaci più controversi (ancora oggi il dibattito è aperto) ma che hanno comunque ottenuto dei risultati c'è il remdesivir, un antivirale sviluppato anni fa contro il virus Ebola. Lo scorso mese di ottobre, la Fda americana ha approvato il farmaco per i pazienti positivi basandosi su uno studio clinico pubblicato in maggio i cui è stato dimostrato che vengono accorciati i tempi di degenza mediamente da 15 ad 11 giorni ma non sarebbe in grado, comunque, di ridurre la mortalità.
"Non è universalmente accettato ma una gran parte della letteratura scientifica è favorevole: recentemente è uscito un lavoro su quale l'Oms aveva dichiarato non avesse efficacia ma altri tre hanno dimostrato il contrario. Anche questo è un farmaco in fieri, in evoluzione, per quanto riguarda un riconoscimento sulla base di più trials clinici controllati per vedere chi migliora e chi no", ha detto il Prof. Leoni. Il dibattito è comunque aperto: proprio pochi giorni fa anche l'Aifa è intervenuta con un comunicato nel quale scrive che "la Commissione Tecnico Scientifica, riunita in seduta permanente, sta rivalutando il ruolo del remdesivir nella terapia contro Covid-19 e formulerà nuove raccomandazioni e/o disposizioni la prossima settimana per possibili restrizioni d’uso".

Anticorpi monoclonali

Ultimi, ma non per importanza (anzi), ecco gli anticorpi monoclonali, una terapia in evoluzione che si basa sulla costruzione artificiale degli anticorpi di un individuo che è entrato a contatto con il virus. "Sono una buona soluzione, alcuni studi hanno dato buoni risultati su stadi avanzati della malattia ma sono molto complessi da costruire, da somministrare ed è una terapia molto costosa", ha dichiarato Leoni, il cui uso, al momento, è riservato in pratica a chi può permetterserlo, si pensi all'ex presidente degli Stati Uniti Trump in un articolo di cui ci siamo occupati recentemente sul nostro giornale.
"Non può essere usata su larga scala ma è una prospettiva molto importante per il futuro. I trials clinici sono controllati ma devono esserci più centri specializzati che, utilizzando la stessa metodica o confrontando metodiche leggermente differenti basate sulla stessa tecnologia e stesso tipo di pazienti, omogenei per stadio di malattia, devono ottenere gli stessi risultati. È così che vanno avanti le cose in medicina scientifica", conclude il Prof.

Attualmente, l'unica terapia efficace è stata messa a punto dalla Eli Lilly, azienda farmaceutica globale con sede a Indianapolis. Ne abbiamo parlato recentemente anche sul nostro giornale e si tratta del primo trattamento autorizzato per l'uso sulla popolazione. La cura va somministrata il prima possibile ad adulti e pazienti pediatrici oltre i 12 anni subito dopo il test positivo ed entro 10 giorni dalla comparsa dei sintomi. Entro la fine di quest'anno, potrebbero essere già disponibili un milione di dosi.

Segreteria OMCeO Ve
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