Virus fuori controllo: il presidente Leoni spiega perché al Giornale

«Se non ci prendiamo una pausa, non facciamo una sana riflessione e non diminuiamo i contagi, la situazione ci sfugge. Medici e infermieri non sono infiniti»: lo spiega il presidente dell'OMCeO veneziano Giovanni Leoni, nella sua veste di vicepresidente FNOMCeO, in un'intervista rilasciata ad Alessandro Ferro, pubblicata ieri, 6 novembre 2020, sul quotidiano Il Giornale (che potete leggere anche a questo link diretto: https://www.ilgiornale.it/news/cronache/covid-19-sistema-sanitario-nazionale-sottacqua-ecco-perch-1901358.html).

Tamponi, medici e ospedali: perché il virus è fuori controllo
Medici insufficienti, rete ospedaliera in sofferenza e terapie intensive che faticano a seguire i malati per mancanza di personale. "Scontiamo un gap numerico ed organizzativo", ci ha detto il vice-presidente di Fnomceo Giovanni Leoni

Giallo, arancione e rosso: sono i colori che oggi identificano le regioni italiane in base a tre differenti fasce di rischio che tengono conto del rapporto tra la velocità di diffusione del Covid-19 ed il rischio legato al sistema sanitario di ogni Regione.

Il problema è che la circolazione del virus in Italia, in questo momento, è fuori controllo: i nuovi casi di positività sono stabilmente oltre 30mila da giorni ed aumenta in modo esponenziale il numero dei pazienti che finiscono in terapia intensiva.

E dei decessi. Eppure l'estate ci aveva fatto rifiatare illudendoci che il virus sarebbe sparito, come per magia. Ed è stato ingannato soprattutto il governo Conte (non sarebbe mai dovuto accadere) che non ha saputo attuare le giuste contromisure per la seconda ondata autunnale che tutti stiamo vivendo sulla nostra pelle. Adesso la situazione è molto grave, il Sistema sanitario nazionale è saturo ed ogni ora che passa sempre più sotto pressione. Ma non è l'unico dei problemi.

"Mancano i medici"
"La curva esponenziale necessita di una inversione di tendenza, bisogna tornare al lockdown generalizzato. Ci prendiamo una pausa, facciamo una sana riflessione e diminuiamo i contagiati. Se non siamo stati in grado di dominare la situazione come nei mesi favorevoli, a questo punto va fatta una pausa altrimenti la situazione ci sfugge. Medici ed infermieri non sono infiniti", ha detto in esclusiva a ilgiornale.it il vice-presidente della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri (FNOMCeO) Giovanni Leoni.

"La curva di infezione da Covid-19 ha assunto proporzioni esponenziali, bisogna riuscire a contenere ricoveri in terapia intensiva perché i posti sono limitati, la battaglia va condotta nel territorio e non negli ospedali", ci ha detto Leoni. Proprio le realtà territoriali regionali, di competenza sia del governo nazionale che delle singole Regioni, non è stata minimamente rafforzata nei mesi estivi che ci avevano consentito di rifiatare.

La mancanza di sanitari. "Il dramma è che il personale sanitario è sempre lo stesso e l'altra problematica è anche il trasferimento dei medici da funzioni specialistiche ad altre funzioni di assistenza Covid, la loro preparazione è in altri campi. In questo momento scontiamo un gap numerico ed organizzativo". Come dice il Prof. Leoni, il problema della mancanza oggettiva di medici specializzati non è che la punta dell'iceberg di un sistema sanitario che, a breve, non sarà in grado di reggere quanto sta accadendo con questa seconda ondata. Per far fronte a questo problema, hanno destato scalpore e creato polemiche le parole del governatore del Veneto Zaia che vorrebbe arruolare anche i veterinari, che curano esclusivamente gli animali, per aiutare i medici di famiglia ad effettuare tamponi rapidi.

Medici di famiglia insufficienti. "La problematica è che i medici di medicina generale hanno troppi compiti", afferma Leoni, e riguardano le vaccinazioni antinfluenzali in corso, le numerose problematiche che non riguardano il Covid (che continuano ad esistere) e tutti i pazienti che a loro si rivolgono se positivi al virus. A tutto questo si aggiunga il fatto che, molti di essi, hanno gli ambulatori all'interno dei condomini dove gli abitanti sono sul piede di guerra temendo l'infezione. "I medici hanno un 20% di possibilità di fare i tamponi in modo adeguato, tutti gli altri devono attrezzarsi con aiuto di Asl e Comune per farli in strutture adeguate".

Sulla questione, all'AdnKronos, è intervenuto il Segretario Generale Nazionale dei Medici di Famiglia Silvestro Scotti: "Stiamo lavorando per avviare l'esecuzione dei tamponi rapidi negli studi dei medici di famiglia, approntando quanto è necessario per garantire il servizio strutturato e in sicurezza. Abbiamo sottoscritto l'accordo in tempi record, in una settimana, ora serve la struttura operativa che l'accordo stesso prevede, dalla distribuzione dei tamponi alla messa a punto della piattaforma per la comunicazione degli esiti. E tutto ciò non dipende dai medici". In ogni caso, rimane la question di prima: mancano i professionisti adeguati e potrebbe andare peggio nel prossimo futuro quando è previsto il pensionamento pr 4-5 mila medici che lascerebbero scoperti tra i 5 e gli 8 milioni di italiani. "Negli anni scorsi è stata introdotta una norma che consente di diventare mmg già durante la specializzazione proprio per cercare di arginare questo problema - conclude Scotti. - Sono però 6 mesi che stiamo aspettando il via libera che dipende dalla Conferenza delle Regioni. In tutta Italia sono 2mila i medici che sarebbero pronti ad andare in studio, in Lombardia sono 200".

Le rete ospedaliera
Ma come sta la rete ospedaliera? Nei mesi scorsi, ogni Regione ha avuto la libertà di organizzarsi a modo proprio anche se con l’obbligo di sottoporre un piano di riordino all’approvazione del Ministero della Salute. E cosa è cambiato? Praticamente nulla. "La grande differenza è che l'infezione adesso è anche al Sud, che è seriamente coinvolto. I posti letto in terapia intensiva vengono ottenuti trasformando anche le sale operatorie a discapito anche dell'attività chirurgica normale", ci ha detto il vice-presidente Leoni. E si ripropone il problema iniziale: ad aumento dei posti letto in terapia intensiva non coincide l'aumento dei medici, o se coincide si rischia di mandare in prima linea coloro i quali hanno un'altra formazione professionale. "Il reclutamento dei medici per far assistenza a pazienti con insufficienza respiratoria hanno bisogno di preparazione, non possono essere mandati in campo così... Devono essere tutelati anche dal punto di vista assicurativo perché vanno a a fare un lavoro che non è il loro", è l'amara realtà italiana.

I problemi in terapia intensiva
"I posti sono aumentati ma, a fronte dell'aumento dei posti letto in terapia intensiva, gli operatori sanitari sono aumentati soltanto del 5%. "È una situazione di 'magia'...I dati non me li sono inventati, mi sono stupito io stesso di queste cose qui. Un medico è costretto a seguire più letti ma sono gli standard di assistenza ai malati in terapia intensiva che non vanno bene: sono malati che necessitano di tutto". In poche parole, i medici sono sempre gli stessi, costretti a turni massacranti e costretti a seguire molti più pazienti del dovuto. La battaglia, quindi, è fare in modo di non arrivare in terapia intensiva, su 100 pazienti Covid 3-4 finiscono in intensiva ed il 10-15% nei reparti normali. "Abbassare il numero dei contagi".

Solanto per gestire i nuovi posti letto in terapia intensiva servono quasi duemila anestesisti oltre al personale infermieristico e degli specialisti necessari per il piano di potenziamento delle terapie sub-intensive ha affermato Carlo Palermo, segretario del sindacato Anaao Assomed, in un'intervista a Repubblica. "L'aumento, per quanto non ottimale, dei posti letto intensivi e sub-intensivi, infatti, ha reso ancora più corta la coperta". Secondo l'analisi Altems del 15 ottobre si è scoperto che il numero di anestesisti per posti letto è diminuito: se prima del Covid in Italia in media c'erano 2,5 anestesisti per letto, oggi ce ne sono 1,6 con marcate differenze regionali. “Sono ruoli che devono essere regolarizzati con contratti a tempo determinato e indeterminato, altrimenti la carenza di personale medico non farà che peggiorare nei prossimi anni, e ci troveremo nuovamente impreparati all’arrivo di una nuova emergenza”, conclude Palermo.

Le Unità di Continuità Assistenziale
Oltre alla riorganizzazione degli ospedali, le strategia del Governo poggia anche sul potenziamento dell’assistenza territoriale con la creazione delle Usca dedicate alla presa in carico e il monitoraggio dei pazienti in isolamento domiciliare. Ma queste Usca sono un miraggio in numerose e non esiste un sistema di monitoraggio che dica esattamente quante sono effettivamente in funzione: secondo gli ultimi dati disponibili, dovrebbero essere circa 600 in 15 Regioni, meno della metà di quante erano state considerate necessarie dal Governo a marzo scorso. "Anche qui, il problema maggiore è la preparazione dei medici neo-lauretati che vengono messi a disposizione. Le Usca saranno sufficienti se il numero dei pazienti resterà controllabile", ci dice il Prof. Leoni. "Usca insufficienti? Posso parlare per il Veneto, nella mia regione funzionano ma tutte le Regioni devono arrivare a questo livello di reclutamento. I medici laureati non mancano, manca l'organizzazione".

Insomma, il Covid corre e non si ferma. Ma in queste condizioni qui, sarà davvero difficile resistere fino a quando non arriverà il tanto invocato vaccino.

 

Segreteria OMCeO Ve
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