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I rischi del pesce crudo. E non solo. Un convegno li svela
Data di inserimento: Venerdì, 29/09/17 - Segreteria OMCeO Ve
Il pesce fa bene e pare che gli italiani l’abbiano capito, dato che sono ben 25 i chili di prodotti ittici consumati ogni anno da ogni singolo cittadino. Mare e allevamenti forniscono materia di prima qualità, ma i rischi si corrono sempre, soprattutto se si abbassa la soglia dell’attenzione.
Proprio per questo, allora, per capire quali siano i rischi per l’uomo, come evitarli e come funzionino i controlli in questo ambito, l’OMCeO lagunare e l’Ordine veneziano dei Medici Veterinari hanno organizzato un incontro, Malattie trasmissibili dai prodotti della pesca all’uomo, in programma giovedì 5 ottobre a partire dalle ore 20 nella sala Caterina Boscolo dell’Ordine, in via Mestrina. Una serata di aggiornamento che chiude una serie di incontri dedicati alla formazione comune delle due categorie e che presenta qui il presidente dei veterinari Sandro Zucchetta.
Perché si è scelto questo tema?
Il consumo di prodotto ittico in Italia è molto forte, in media più che in tutti gli altri paesi europei. Noi poniamo grande attenzione nella vigilanza di questi prodotti, sia per quelli locali sia per quelli di importazione: questo è il compito dei servizi veterinari dell’azienda sanitaria. In provincia di Venezia, in particolare, ci sono fonti di approvvigionamento per il pescato locale, i porti di Chioggia e di Caorle, e grossi impianti di commercializzazione di pesce importato, che viene poi smerciato nel mercato ittico di Venezia.
Tutti questi passaggi, produzione e commercio, sono competenza del servizio sanitario che, nonostante una carenza di personale ormai cronica, svolge egregiamente il proprio lavoro, spesso anche con difficoltà legate agli interessi economici molto forti del settore che contrastano con la tutela della salute pubblica.
Questo consumo considerevole di pesce a cosa è legato?
Beh, il consumo è legato in primis alla conformazione geografica del nostro Paese: nelle zone costiere un alto consumo di pesce è normale. C’è da dire, poi, che gli attuali sistemi di conservazione per i prodotti ittici hanno consentito di creare forti mercati anche nelle metropoli: nel giro di meno di 24 ore il pescato arriva a destinazione. Certo, incidono, infine, anche le nuove mode alimentari che prevedono il consumo di pesce crudo: questo pesce però, per essere consumato, deve essere processato negli abbattitori, apparecchi divenuti in questo caso obbligatori. È una moda che ha una grandissima diffusione.
Una moda che potrebbe essere sana, i medici consigliano sempre di mangiare pesce…
Sì, però bisogna ricordare che il pesce può essere veicolo di malattie trasmissibili all’uomo. Il prodotto processato nell’abbattitore è sicuro solo per le malattie parassitarie. La tendenza, a consumare pesce crudo, non abbattuto, può causare parassitosi come l’anisakis. Questa moda interessa, infatti, anche specie autoctone come il branzino, l’orata, la triglia, il tonno, lo sgombro, le sardine, le acciughe di cui vengono mangiati filetti crudi. Per sanificare questi alimenti e consumarli crudi bisogna congelarli alla temperatura di – 20° per almeno 24 ore in appositi abbattitori. Ma se il congelamento viene fatto a casa, nei congelatori domestici i tempi di trattamento vanno portati ad almeno 96 ore (4 giorni); per altri parassiti come l’opisthorchis, il congelamento va protratto per almeno 20 giorni. Se non si può fare il congelamento preventivo bisogna mangiarli cotti!
Quali sono, allora, i rischi per l’uomo?
Il problema più grosso negli ultimi tempi sembra essere la cosiddetta sindrome sgombroide. Pesci di carne rossa, come il tonno, vengono trattati per evitarne l’imbrunimento e mantenerne l’alta appettibilità per il consumatore. Il tonno resta bello rosso per giorni, ma in realtà continua a invecchiare e si formano sostanze tossiche come l’istamina. Sostanze pericolose per l’ignaro consumatore che, vedendo un prodotto di bell’aspetto e reputandolo fresco, anche se fresco non è, lo mangia senza paura.
Poi bisogna fare attenzione ai molluschi, ostriche, cozze, vongole che spesso vengono consumati crudi e che devono provenire da centri controllati. La moda salutistica fa coincidere il concetto di scarsa manipolazione con quelli di salubrità e maggiore valore nutrizionale, ma il problema è più complesso. Nel cibo non cotto non vengono eliminati quei pericoli biologici correlati all’alimento e al suo habitat.
Virus e batteri – che vengono uccisi da una normale cottura del prodotto – possono provocare semplici mal di pancia o malattie gravi, tra cui l’epatite A, il colera, il tifo. Altri rischi possono essere legati alle tossine, spesso provocate dalla cattiva conservazione del prodotto, o ai parassiti.
Altro problema grosso sono i residui di contaminanti ambientali (metalli pesanti) e di pesticidi. Attenzione infatti a molti prodotti che appaiono appetibili perché hanno prezzi interessanti per il consumatore, ma che provengono da zone del mondo dove le condizioni ambientali non sono ottimali, ovvero da posti molto inquinati. E se superano certi limiti, di metalli pesanti e pesticidi, possono essere pericolosi.
Meglio, più sicuro, il pesce d’allevamento o quello pescato in mare?
L’allevato va bene, ma scegliamo prodotti di allevamenti locali. Il nostro allevamento, che ha una tradizione secolare, è tecnologicamente molto avanzato: il rischio di malattie degli animali è molto molto basso. Si riesce ad avere un ottimo prodotto a un prezzo equo.
Nonostante qualche fatica, comunque, nel nostro territorio i controlli funzionano?
Nel nostro territorio la pesca abusiva è un fenomeno non ancora completamente sparito. Le verifiche in merito sono un compito soprattutto delle forze dell’Ordine. I prodotti di pesca abusiva, però, dato che non sono controllati sono una fonte di rischio per chi poi li consuma.
Perché, infine, è importante un incontro simile per i medici e per i veterinari?
C’è un tratto comune ai 4 incontri che abbiamo organizzato insieme: è fondamentale lo scambio di informazioni. Le nostre sono professioni della salute per la tutela del cittadino: ognuno ha le proprie competenze, ma lo scambio di informazioni è utile per avere un quadro complessivo della situazione sia sotto il profilo statistico sia soprattutto per formulare ipotesi di lavoro che consentano di migliorare sempre di più i servizi. Spesso i problemi nascono perché mancano i dati, le informazioni: per questo una sinergia è auspicabile. Il confronto tra competenti è utile perché ci si può capire meglio in quelle criticità, normali in tutti i processi, che possono sorgere e che questa collaborazione può aiutare a superare.
Sandro Zucchetta, presidente Ordine dei Medici Veterinari Provincia di Venezia
Chiara Semenzato, collaboratrice giornalistica OMCeO Provincia di Venezia
Segreteria OMCeO Ve
Categoria News:
Notizie medici
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