Etica o economia della cura? Medici a confronto

Il tema è tra quelli più dibattuti dalla categoria: troppo spesso il medico si trova costretto a scegliere tra l'etica - la propria deontologia, il diritto alla cura del malato - e l'economia, la necessità di far quadrare i conti, di contenere le spese di un sistema sanitario nazionale che non può diventare insostenibile. Un tema di grande attualità e interesse che ha portato più di un centinaio di professionisti veneziani sabato 19 settembre alla Scuola Grande di San Marco per partecipare al convegno annuale Il potere sulla vita: etica o economia della cura?

Una giornata di studio, dedicata al dottor Antonio Lo Giudice, consigliere OMCeO Venezia mancato improvvisamente durante il precedente mandato a poco più di 50 anni,  presenti la moglie e la figlia, organizzata dall'Ordine veneziano dei medici, in collaborazione con l'Università Ca' Foscari, ma pensata in un modo del tutto nuovo e particolare, chiedendo l'apporto di altri professionisti: filosofi, economisti, sociologi. In sala anche i vertici della Federazione nazionale dei medici, la presidente Roberta Chersevani e il suo vice Maurizio Scassola.

Le autorità e i saluti iniziali. Una presidente che si è detta incuriosita dal taglio dato al convegno. “Noi siamo spesso monotematici – ha commentato – questa è un'ottima occasione per vederci dall'esterno. Un confronto che ci aiuta a capire meglio noi stessi". “Il tema scelto – ha precisato il presidente dell'Ordine veneziano dei medici Giovanni Leoni –  rappresenta uno dei più grossi problemi della politica sanitaria non solo in Veneto, ma in tutta Italia”.
“A Venezia siamo fortunati – ha spiegato l'assessore comunale alla programmazione sanitaria Simone Venturini – perché abbiamo una splendida qualità umana prima che professionale sia dei medici sia delle strutture amministrative e direzionali. Per questo mi sento più rincuorato nell'affrontare questa fatica di 5 anni in frontiera: so che accanto a me ci sono persone che vivono il loro lavoro come una missione, come un servizio”.
“Il momento per il nostro sistema sanitario nazionale – ha spiegato, invece, il direttore generale dell'Ulss 12 Veneziana Giuseppe Dal Ben – è delicato. Ma io, partendo dal titolo del convegno, parlerei di etica ed economia: le risorse sono limitate e quindi dobbiamo cercare il modo di far fronte con esse alle esigenze della nostra gente. Non possiamo confondere l'ospedale con un'azienda, dobbiamo trovare una quadra”.

Scuola Grande, master e libro. Prima di entrare nel vivo del convegno tre ampi spazi sono stati dedicati alla presentazione della Scuola Grande di San Marco, con il direttore generale Mario Po' che ha parlato di povertà, carità e di diritto alla salute, di un master organizzato da Ca' Foscari, e di un nuovo volume nato proprio dalla collaborazione, attivata negli ultimi anni, tra medici e filosofi: Le radici della scelta: la vocazione per la professione medica, a cura di Laura Candiotto e Luigi Vero Tarca, edito da Mimesis. “Un'opera – ha spiegato Fabrizio Turoldo dell'ateneo veneziano – che segna il ritorno dell'interesse della medicina alla filosofia. Una medicina che non può essere solo sapere tecnico, ipertecnologico e iperspecializzato. In copertina c'è una scala: rappresenta un saliscendi, l'idea di passare continuamente dalla teoria alla pratica: con la pratica clinica che rimette in discussione continua i principi e una teoria che senza pratica è inutile e sterile”.
Tra gli obiettivi del master Le équipes multi professionali in ambito medico l'idea di concretizzare nella formazione l'incontro nato tra medici e università. “Oggi – ha spiegato la professoressa Ivana Padoan – c'è un diverso modo di gestire la medicina, sia sotto il profilo culturale sia sotto quello economico. La formazione è un valore aggiunto”. “La necessità di gestire il personale – ha proseguito il dottor Roberto Valle del comitato scientifico di Ars Medica – è stringente. Bisogna evitare conflittualità per mantenere alta la qualità professionale. Sul fronte economico siamo poco propositivi”. Ecco allora l'aiuto che il master può apportare.

Le esperienze dirette. Tante, già in questa prima parte della mattinata, le idee emerse: la necessità di una nuova capacità organizzativa del lavoro del medico, di un lavoro di squadra sempre più intenso, di un rapporto sinergico tra medicina e territorio. Temi sviscerati in profondità nella seconda sessione di lavori. "Siamo in un periodo – ha spiegato la dottoressa Ornella Mancin, curatrice scientifica del convegno con Laura Candiotto – di scarsa autorevolezza della nostra professione. Dobbiamo riscoprire il motivo per cui siamo diventati medici. Potere è una parola di grande attualità. Davvero noi gestiamo un potere? Direi di sì, ma più che sulla vita, sulla qualità della vita dei nostri assistiti”. Il punto è, semmai: i medici sono liberi nell'esercizio di questo potere o altri poteri esercitano pressioni?
Sullo sfondo l'idea più volte ribadita che il diritto alla salute, sancito dalla costituzione, si stia trasformando in una pretesa di salute, la pretesa di un benessere totale, fisico e psichico, una richiesta sempre più esplicita di immortalità. Per interrogare la realtà, dunque, spazio alle esperienze dirette dei medici.
A cominciare è il dottor Alessandro Pasqual, 33 anni appena, medico in formazione. “Ho scelto medicina – ha spiegato – perché volevo essere utile agli altri”. E racconta i casi di due pazienti, con due reazioni opposte alla malattia: da una parte l'ostinato rifiuto del limite, la negazione della morte e della caducità della vita, dall'altra la pacifica accettazione della patologia, che crea una piena alleanza terapeutica tra medico e paziente. “Deve farsi avanti – ha aggiunto Pasqual – l'umanesimo della nostra disciplina. Stare vicino al paziente e alla famiglia, accompagnarli. Spesso chiedono salute e salvezza, talvolta solo vicinanza”.
A parlare di salute e felicità è chiamato subito dopo il dottor Gabriele Gasparini, neuroradiologo all'Ospedale mestrino dell'Angelo. “La nostra specializzazione – ha chiarito subito – è molto legata alla tecnologia. Ma noi dobbiamo fare prima di tutto i medici, parlare ai pazienti. Contano la diagnosi, la prognosi e la terapia che fanno i medici non le macchine”. Non si deve perdere l'obiettivo primario di “curare la persona nella sua integrità. Ma il paziente crede di poter avere una risposta a tutte le malattie. La pretesa di salute diventa un diritto necessario per soddisfare la propria felicità”. La pretesa, insomma, di essere guariti e non curati, “ma noi – ha concluso Gasparini – non possiamo guarire sempre”.
Ultima esperienza, quella del dottor Luca Sbrogiò, direttore sanitario dell'Ulss 14. “Etica ed economia – ha spiegato – non devono essere contrapposte. L'etica comprende anche l'economia della cura”. Il rapporto costi-benefici, dunque, non può essere escluso dalla relazione medico-paziente. “L'attore centrale – ha proseguito – non è il medico o il paziente da solo. È l'incontro tra due saperi, quello professionale e quello della sofferenza, due diritti, quello di essere rispettato come medico e di  essere curato in modo appropriato, e di due doveri, quello di curare e quello di mantenere la salute con un corretto stile di vita”.

Il confronto. Nell'ultima parte della mattinata, spazio, infine, al confronto con le altre professioni. “L'obiettivo – ha spiegato la filosofa Laura Candiotto introducendo gli ospiti – è di comprendere la situazione attuale, proporre nuove domande per allargare lo sguardo”. “Sono tre le questioni centrali – ha aggiunto il professor Luigi Vero Tarca, filosofo anche lui – prendere atto dell'esigenza del rifiuto del dolore; la compatibilità tra economia ed etica, si sbaglia se si è irresponsabili nei confronti del bilancio, ma si sbaglia anche se ci si fa dettare l'agenda dalle esigenze di bilancio; l'idea di strutturare la persona nella sua integrità quando circola il fantasma dell'immortalità”.
Di sostenibilità economica della sanità, nel quadro di una popolazione che invecchia inesorabilmente, ha parlato, invece, Stefano Campostrini, docente universitario esperto di statistica medica. “Abbiamo davanti – ha spiegato – 4 sfide da vincere. Un cambiamento nel rapporto medico paziente, cambiando anche il modo di essere medici viste le patologie sempre più complesse, con molte cause, molti sintomi e sempre più spesso croniche. E poi: meno ospedale più territorio, un potenziamento della promozione della salute e l'innovazione, non solo tecnologica".
Proprio sul rapporto tra medico e paziente e sul potere si è concentrato, in conclusione, Italo De Sandre, docente padovano e sociologo della salute. “Cambiamo il linguaggio – ha detto – parliamo di una persona, il medico, che cura un'altra persona, il malato. Così cambia anche il modo di guardare a questa relazione. Potere significa capacità di fare o far fare a prescindere che la persona a cui si fa fare qualcosa lo voglia o no. Il problema del potere, dunque, è delicatissimo. Di fronte alla complessità, oggi la maggior parte delle persone ragiona in termini difensivi. Anche la medicina difensiva è un tipo di strategia che, di fronte alla complessità, chiude i confini. Un modo serio, invece, di affrontare la complessità è di costruire ponti”.
Tanti, insomma, i temi affrontati e gli spunti di riflessione, suggeriti, poi, nel pomeriggio anche da uno strumento particolare di analisi: il Teatro Forum Cura a ostacoli organizzato con la collaborazione di Ars Medica e Libera Associazione di Idee.

Chiara Semenzato, Giornalista - Collaboratrice Omceo Venezia

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