Decreto appropriatezza: l'Ordine di Milano ricorre al Tar

Il decreto sull'appropriatezza prescrittiva va annullato perchè "viola o applica falsamente la Costituzione, il Codice deontologico medico, la legge che istituisce il Servizio Sanitario Nazionale, il principio di imparzialità e di buon andamento", ma soprattutto "per eccesso di potere, ingiustizia manifesta, irragionevolezza e illogicità manifeste, perseguimento di fini diversi da quelli previsti dalla legge". Queste le motivazioni con cui l'Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri della provincia di Milano ha presentato un ricorso al Tar del Lazio contro il Decreto Ministeriale del 9 dicembre 2015 sull'appropriatezza delle prescrizioni mediche. L'Ordine lombardo chiede ai giudici di annullare il provvedimento.

Nel ricorso, presentato dall'avvocato Gennaro Messuti, si sottolinea come "siano state violate le norme poste a tutela della professione dei medici" e si sostiene che il decreto imponga al medico "in determinate circostanze di non poter perseguire i propri compiti e doveri professionali a tutela della salute del paziente, costringendolo in tal senso mediante la previsione di una sanzione in caso di violazione".

Lesi, insomma, gli interessi della categoira, ma non solo. A rischio il diritto stesso dei cittadini alla salute. "Chi è iscritto all'Albo Medici o Odontoiatri - si legge ancora - è in costante contatto con i propri pazienti, con esseri umani, con le loro problematiche di vita" e il giuramento professionale "vincola a vedere il paziente come essere umano da curare, non persona su cui lucrare".

No, insomma, ai criteri puramente contabili adottati dal Ministero per scrivere il provvedimento, ricordando inoltre l'articolo 6 del Codice deotologico che dice: "il medico agisce sempre secondo il principio di efficacia delle cure nel rispetto dell'autonomia della persona tenendo conto dell'uso appropriato delle risorse, [...] perseguendo il beneficio del paziente secondo criteri di equità.

“L'aspetto negativo più evidente - scrive l'avvocato Messuti nelle 32 pagine del ricorso - consiste nella estrema genericità del decreto che non consente una valutazione a priori certa e precisa di quelle che sono le "condizioni di erogabilità" ovvero le "indicazioni di appropriatezza prescrittiva", definite con valutazioni non professionali e che espongono il medico, qualora a posteriori venga ritenuto un "comportamento prescrittivo non conforme alle condizioni e alle indicazioni di cui al decreto ministeriale" a subire provvedimenti sanzionatori quali la riduzione del trattamento economico accessorio ovvero delle quote variabili”.

Un altro secco no al decreto appropriatezza era arrivato nelle scorse settimane anche da un altro grande Ordine, quello di Roma, il più numeroso con i suoi 41mila iscritti. "Impossibile nella situazione attuale - aveva spiegato il presidente Roberto Lala - conformarsi alle indicazioni del Ministro Lorenzin. Inaccettabili, poi, le conseguenze che ne deriverebbero per i pazienti, sia sul piano della prevenzione e diagnosi, sia su quello strettamente economico".

Chiara Semenzato, collaboratrice giornalistica OMCeO Venezia

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Segreteria OMCeO Ve
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