Fare il medico? Difficile. Ma governare il cambiamento si può

Governare i cambiamenti invece che subirli. Aprirsi al confronto per condividere le esperienze e le sofferenze. Mettersi in discussione. Questi gli spunti arrivati dal convegno I medici si raccontano... Commedia o dramma? che si è svolto all'Auditorium San Nicolò di Chioggia venerdì scorso, 30 settembre, organizzato dalla Fondazione Ars Medica, per conto dell'Ordine provinciale dei Medici Chirurghi e Odontoiatri, in collaborazione con l'Ulss 14 di Chioggia, il Comune di Chioggia – presente il sindaco Alessandro Ferro – e Libera Associazione di Idee.

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«Questo evento – ha spiegato Gilda Menini, direttore amministrativo dell'Ulss 14 di Chioggia, portando il saluto del direttore generale Giuseppe Dal Ben – ha un titolo curioso che sottolinea, però, la complessità delle incombenze che ormai sono a carico dei medici di medicina generale. Da questo titolo, che rappresenta il dualismo tra la commedia e il dramma, io colgo anche uno spirito di scherzo, la voglia di superare le difficoltà. Il dramma ci sarebbe se i medici fossero lasciati soli. Per questo l'azienda è qui. Per questo la collaborazione è assicurata ora, come in futuro. Camminando insieme si limitano gli sforzi e si raggiungono i risultati».
«Il titolo – ha aggiunto Giampaolo Pecere, direttore sanitario dell'Ulss 14 di Chioggia e organizzatore dell'iniziativa – è forse un po' provocatorio: i tempi e la società sono cambiati, i pazienti hanno esigenze diverse e spesso arrivano già con mezze risposte... E poi ai medici è chiesto di dimostrare risultati, di raggiungere obiettivi, di rendicontare. Non ci dobbiamo né abbattere, né riderci su: dobbiamo, invece, affrontare questi cambiamenti in modo serio e cosciente, per cercare di andare avanti e fare il nostro lavoro».
«In un momento di cambiamento così veloce – ha puntualizzato Maurizio Scassola, vicepresidente della FNOMCeO – ci sono tante difficoltà: rivalutare il nostro ruolo, rifletterci su al nostro interno sarà fondamentale per riorganizzarci anche nei prossimi anni. C'è una notevole sofferenza nella classe medica, la pressione è enorme. Per cambiare in modo positivo dobbiamo aprirci al confronto al nostro interno per rinsaldarci e rinforzarci. La provocazione che portiamo avanti anche con il teatro ha questo significato: di analisi e di riflessione, ma anche di rinascita e di riscatto».
«Nel quotidiano – ha detto Giovanni Leoni, presidente dell'OMCeO veneziano – il medico e l'odontoiatra trattano materie scientifiche ma in rapporto con pazienti sofferenti. Ci creiamo problemi, sofferenze, cerchiamo risposte... Da alcuni anni abbiamo realizzato un'unione tra filofosi e medici che ha portato a ciò che vedrete oggi. Un lavoro lungo, già collaudato e corretto in corso d'opera, molto rispettoso di quelle che sono le situazioni reali».

Un pomeriggio di riflessione sui cambiamenti, a volte fin troppo repentini, che da una ventina d'anni stanno attraversando la professione medica e odontoiatrica, lasciando talvolta spaesati gli operatori sanitari. Un pomeriggio di confronto per capire come non lasciarsi sopraffare da queste trasformazioni.
«Questo incontro – hanno spiegato i due moderatori, Ornella Mancin, presidente della Fondazione Ars Medica, e Massimo Naccari, medico di medicina generale dell'Ulss 14 – nasce dal desiderio di un confronto. Pensando solo ai medici di famiglia, in 20 anni è cambiato tutto: si è passati dal lavoro solitario a quello in team, gratificante ma anche più difficoltoso. E poi l'informatizzazione, il carico burocratico che toglie tempo al rapporto con il paziente, il controllo della spesa sanitaria, il paziente che ci rende la vita difficile, la medicina difensiva... Questa iniziativa nasce allora per rispondere a una domanda: come possiamo adesso vivere la nostra professione?».
«Saper operare – ha spiegato nella sua relazione Giuseppe Tuccitto, direttore dell'unità complessa di Urologia dell'Ulss 14 – saper seguire il paziente e saper risolvere le complicanze: così mi hanno insegnato a fare il medico. Ora però i modelli sono cambiati, il chirurgo talvolta ha paura di operare. Oggi ci sono difficoltà a essere medico: servono maggiori conoscenze informatiche, tecnologiche e robotiche, una maggior capacità di lavoro in équipe, una maggiore attenzione nel rispetto delle linee guida, una più ampia conoscenza di economia e di management e degli aspetti legali. Tutto questo provoca una conseguenza che incide sulla qualità del processo di cura: c'è meno tempo per il paziente e si fa fatica a raggiungere la necessaria empatia».
«La burocrazia è sempre stato il problema: ci vogliono 15 anni per passare da un'idea alla sua applicazione», ha sottolineato invece Roberto Ferigolli, medico di medicina generale da poco in pensione, che ha dedicato il suo spazio a una rassegna di tutti i cambiamenti introdotti alla professione medica dalla legge dagli anni Ottanta in poi: dall'istituzione del Servizio Sanitario Nazionale, con il passaggio delle casse mutue alle Ulss, alla ricetta rossa, al ticket.
Restare fedeli a se stessi, il consiglio per mantenere l'equilibrio arrivato da Marisa Marcato, direttore del dipartimento di Salute mentale dell'Ulss 14. «Il cambiamento nella vita – ha spiegato – è indispensabile. Facciamo cambiamenti così grandi, pensate ad esempio all'adolescenza, che la ricetta dematerializzata fa quasi ridere. Per scaricare le tensioni e mantenere l'equilibrio, bisogna coltivare le cose che ci fanno stare bene, gli aspetti che ci danno sicurezza. Senza dimenticare che qualche volta, quando proprio non ce la facciamo più, bisogna fermarsi».

Tante le riflessioni scaturite dalle relazioni: la convinzione, ad esempio, che i medici abbiano governato il cambiamento per un lungo periodo, mentre ora siano costretti a subirlo. O ancora: la necessità di mettersi in discussione, di raccontare e condividere la sofferenza, cercando insieme ai colleghi una risposta. O la sensazione netta di un sistema che non sia governato dai bisogni sanitari, ma da quelli economici. O il sollievo che può scaturire dal lavoro di gruppo, nella medicina integrata, dove le decisioni vengono condivise, dove si vive in un mondo colorato e non grigio. O, infine, la responsabilità che i medici devono assumersi di farsi garanti del rapporto di fiducia con i pazienti, «ciò che davvero – ha sottolineato il presidente Leoni – tiene in vita tutti noi alla fine della giornata».

Spazio poi, nella seconda parte del pomeriggio, al Teatro Forum per rappresentare due situazioni di vita reale: una giornata piena di difficoltà per i medici di famiglia in uno studio di medicina integrata e quella sotto continua pressione di un ospedaliero sottoposto a decine di richieste tutte allo stesso tempo.

Questi i partecipanti al gruppo Teatro: Marco Ballico, medico psicoterapeuta, Marco Codato, medico medicina generale e formatore, Antonella Romeo, medico psichiatra, Maria Domenica Pedone, medico igienista, i filosofi Laura Candiotto, Tiziana Mattiazzi, Bruna Marchetti, Melania Cassan, Leonardo Marcato, Sofia Zanin, Chiara Fornasiero, Emilio Ciapponi, educatore e formatore.

«Questo spettacolo – ha spiegato Marco Ballico, medico psicoterapeuta e responsabile del settore teatro dell'OMCeO veneziano – vuole portare sulla scena il disagio umano, esistenzionale e professionale dei medici. Il linguaggio usato, non a caso, è quello del teatro dell'oppresso. Un modo per stimolare la discussione e la condivisione di alcune tematiche, partendo dai problemi che si vivono tutti i giorni».
«Il Teatro Forum – ha aggiunto l'animatore Roberto Mazzini, del Teatro Giolli di Parma – serve a continuare con altri mezzi la discussione iniziata. Lavoriamo da tempo con questo metodo in diversi campi: non presenteremo soluzioni a quanto avete analizzato, ma cercheremo insieme a voi di formulare proposte, di costruire nuovi percorsi».
Ottima la partecipazione con alcuni medici che hanno deciso di salire sul palco per rilanciare la loro visione della situazione narrata, gli attaggiamenti e i comportamenti che avrebbero assunto nelle circostanze portate in scena.
Tra i temi del disagio emersi durante la discussione: il ruolo del telefono, che con i suoi squilli interrompe la relazione medico-paziente, e la possibilità di regolamentarne l'uso; la capacità di riorganizzare spazi e tempi del lavoro; il modo di confrontarsi con le richieste inappropriate del paziente e con lo scaricabarile tra colleghi; l'umanizzazione del rapporto medico-paziente. Il tutto con una convinzione di fondo, più volte ribadita da tutti i partecipanti: la competenza tecnico-scientifica è fondamentale, ma per essere un buon medico serve soprattutto l'umanità.

Chiara Semenzato, collaboratrice giornalistica OMCeO Venezia

 

 

Segreteria OMCeO Ve
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