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Data di inserimento: Sabato, 25/02/17 - Amministratore
La parola orgoglio deriva dal tedesco “urgol” ossia “notevole”. Ma cosa c’è di notevole oggi in una professione come la mia, che quest’anno svolgo da 25 anni?
Certamente tanti sono stati i cambiamenti, a partire dal rapporto medico-paziente, il notevole implemento culturale, gli strumenti per accedervi, una vera e propria rivoluzione tecnologica, situazioni congiunturali alterne. A questi si sono intrecciate storie e vicende personali che hanno reso possibile il raggiungimento di questo traguardo.
Ma rivisitando tutto questo tempo di notevole c’è il saper ascoltare il tuo paziente non solo come atto terapeutico, ma per un’etica che è cresciuta insieme ai miei pochi capelli bianchi. Perché dietro a un caso clinico c’è sempre il volto umano anche del medico, i suoi obiettivi quotidiani e anche le sue diffi- coltà.
Tutti noi abbiamo prova della risonanza emotiva che genera l’ascolto dell’esperienza del paziente e come ciò ci porti ad una mentalità che propende a rassicurarlo, con una mag- gior attenzione nella comunicazione. Questo ci serve a prendere le decisioni cliniche con un percorso personalizzato, teso a favorire l’alleanza terapeutica e la compliance del paziente. Il risultato è il riuscire a formulare un percorso di cure che rispetti maggiormente le sue aspettative e i suoi bisogni. A ciò si aggiungano le difficoltà socio-economiche che incidono sempre di più sulle scelte di vita di chi si siede sulle nostre poltrone, sia in riferimento alla possibilità di cura, sia al tempo che possono dedicare alle terapie
Ma arrivare in studio tutte le mattine con il sorriso non è facile, anzi. Il confrontarsi con lo staff, i collaboratori puntando sempre all’eccellenza è una sfida continua, entusiasmante ma che drena risorse fisiche e psicologiche.
Non so se sia questo il motivo per cui uno dei temi emergenti cogenti la professione non sia più la pletora ma il passaggio generazionale.
Stando alle statistiche, la crescita degli iscritti all’Albo odontoiatri nel 2016 è stata dello 0,86%: 1.018 iscritti nel 2016 (413 donne)
Inoltre la nostra è una professione anziana visto che il 50% degli iscritti ha più di 55 anni, mentre la fascia più numerosa è quella tra i 55 ed i 59 anni. Tutto ciò significa per molti colleghi dover chiudere lo studio perché non hanno giovani odontoiatri a cui passarlo, vedendo così morire tutto il lavoro, l’impegno e la passione di una vita.
Alla luce di queste riflessioni, dell’esperienza vissuta, delle soddisfazioni ricevute dall’ab- braccio di un piccolo paziente o dal ringra- ziamento di chi è stato curato a prescindere dalle possibilità economiche, credo di poter affermare di sentirmi orgoglioso di questi 25 anni e a tutti i protagonisti dedico il mio ringraziamento sincero. Spero che molti giovani possano tagliare questo traguardo col medesimo “orgoglio”.
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