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Data di inserimento: Venerdì, 29/09/17 - Segreteria OMCeO Ve
Pianificare oggi, prima che sia troppo tardi. Questo il messaggio e il consiglio risuonato ripetutamente ieri sera, giovedì 28 settembre, durante l’incontro sulla legge Dopo di Noi con le associazioni e i cittadini, organizzato nella sede dell’OMCeO veneziano dal presidente della CAO Giuliano Nicolin. Un momento di approfondimento per chiarire le novità introdotte dalle legge 112 del 22/06/2016 per chi ha figli con disabilità, ma anche un’attività sociale che rientra in quella dimensione di apertura alla città che medici e odontoiatri hanno abbracciato ormai da anni.
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«L’Ordine – ha spiegato Nicolin nel suo benvenuto iniziale – è la casa dei medici e degli odontoiatri: chi vuole esercitare la professione deve obbligatoriamente iscriversi. Oltre a controllare che chi esercita abbia tutte le carte in regola, il principale compito dell’Ordine è tutelare la salute dei cittadini, verificando che i medici si comportino secondo le norme del codice deontologico. Per questo è anche la casa dei cittadini. Questa serata si inserisce in un percorso personale e con i colleghi iniziato ormai parecchio tempo fa, per provare a dare risposte a problematiche che, pur non coinvolgendoci direttamente, emergono quando svolgiamo la nostra professione».
Protagonista della serata è stato Massimo Doria, fondatore di una società, la Kleros, che si occupa soprattutto di pianificazione successoria. Facendo costante riferimento al film Sliding Doors e a storie concrete appartenenti al suo vissuto lavorativo, ha spiegato ai presenti come ogni cittadino con un parente disabile si trovi di fronte a due possibilità: non fare nulla, e subirne le pesanti conseguenze con un patrimonio spesso disperso tra parenti lontani e quasi sconosciuti, o agire e decidere nel presente cosa succederà in futuro dei propri beni.
E non è sempre indispensabile fare riferimento alla legge Dopo di Noi, spesso bastano anche «due righe scritte bene – ha detto – su un foglio di carta bianca. Purtroppo, però, in Italia fa testamento solo l’8% della popolazione, contro il 50% degli olandesi o dei tedeschi, lasciando decidere del proprio patrimonio allo Stato e al fisco con regole scritte 75 anni fa, in clima di guerra mondiale, e mai cambiate. Qui il problema è cambiare la cultura».
Uno tra i tanti esempi concreti per capire le conseguenze di una scelta non fatta: Luca è nato con la sindrome di down, «un ragazzo straordinario – dicono i genitori – che riempie le nostre giornate di gioia». Elisa, la mamma, ha dovuto smettere di lavorare per seguirlo; Salvo, il papà, è un piccolo imprenditore, ha un’aziendina con delle quote societarie, qualche immobile. Il suo assicuratore gli ha fatto fare una polizza solo per gli infortuni. Se dovesse morire di infarto non ci sarebbe alcuna copertura assicurative. Se Salvo non facesse testamento e gli dovesse succedere qualcosa, ci sarebbero due problemi: il 50% di tutto il patrimonio verrebbe “congelato”, vincolato alla gestione di un giudice tutelare, e la moglie casalinga, senza reddito, non avrebbe garanzie. Scrivendo due righe, invece, facendo testamento, Salvo tutela il coniuge che rimane, Elisa, ma soprattutto in maniera indiretta il figlio Luca che ne ha bisogno.
Gli strumenti giuridici di tutela introdotti dalla legge 112 del 2016 sono sostanzialmente 3: il trust, il vincolo di destinazione e i fondi speciali con affidamento fiduciario, che possono andare anche a favore delle associazioni. Devono essere fatti tutti con atto pubblico, cioè dal notaio, e consentono di avere l’esenzione totale dall’imposta di successione e donazione.
«Il trust – ha spiegato ancora il consulente – non esiste nel nostro Codice Civile. Per poterlo utilizzare l’Italia ha stipulato una convenzione con altri paesi europei. È uno strumento che consente di inserire tutte le componenti patrimoniali: immobili, denaro, aziende, quote societarie, beni mobili». Consiste, in sostanza, nell’affidare i propri beni a una persona fiducia che li controllerà nell’interesse di un beneficiario per un fine meritevole. Ci saranno, dunque:
- - un disponente: il genitore, la persona che ha il patrimonio e che decide come fare il trust, cosa inserire, a chi dare fiducia;
- - il trustee: la persona fisica o giuridica, può essere ad esempio, il coniuge, che gestirà il patrimonio, ma che non ne avrà la proprietà;
- - il guardiano: un soggetto che controlla che l’operato del trustee sia in linea con quanto stabilito dal disponente, può essere un avvocato, un commercialista, un fratello;
- - il beneficiario: il soggetto con disabilità, cioè ad esempio il figlio, che trarrà vantaggio dal trust.
«Con il trust – ha aggiunto Doria – nessuno potrà più toccare un euro di questo patrimonio. Posso decidere in vita tutto il percorso che faranno i miei beni quando non ci sarò più. Il trust, inoltre, può essere anche “dormiente”: lo si istituisce dal notaio, lasciandolo vuoto, lo si scrive sul testamento o tramite una polizza assicurativa. Quando la persona non ci sarà più, i beni finiranno in questo scatolone giuridico, in cui sarà indicato tutto il percorso che dovranno seguire».
Altra possibilità, ma più limitata, quella del vincolo di destinazione che, però, riguarda solo i beni immobili e quelli mobili registrati, macchine, barche, navi e aerei. «Non si può fare vincolo di destinazione – ha precisato il relatore – sul denaro».
Ultima possibilità: i fondi speciali con affidamento fiduciario, «che sono in pratica – ha spiegato Doria – il trust italiano. Cambiano i nomi, qui abbiamo: l’affidante, l’affidatario, il controllore e il beneficiario, ma la sostanza è la stessa». E racconta la storia di Giuseppe rimasto vedovo con una figlia disabile. Ha una società, una snc. I genitori hanno una casa in campagna con un piccolo terreno agricolo. Essendo socio di una snc, se dovesse succedere qualcosa Giuseppe risponderebbe anche con il proprio patrimonio personale. Verrebbe pignorato tutto. I nonni hanno fatto un atto di donazione della nuda proprietà con affidamento fiduciario a favore della nipote disabile: su quel bene si sta creando ora un progetto di fattoria di cohousing in cui saranno ospitati altre 5 persone che coltiveranno la terra, produrranno qualcosa, la venderanno. «Qualcosa di straordinario – ha chiosato – piccole iniziative che, se rese pubbliche, potrebbero diventare contagiose».
Tra i vantaggi derivanti dall’uso di questi strumenti giuridici, infine, c’è la possibilità di non disperdere il proprio patrimonio, lasciandolo, una volta scomparso anche il beneficiario, ad enti o associazioni meritevoli che in vita si sono presi cura di lui.
«Non fare nulla oggi – ha concluso Massimo Doria – è un grande errore. Qualcosa va fatto: un trust, un affidamento fiduciario, una soluzione testamentaria, anche congelata finché non vengo a mancare». Per il bene del figlio disabile e – perché no? - anche per quello di chi lo ha seguito accanto alla famiglia con amore e dedizione. Due righe, scritte bene. Basta poco.
Chiara Semenzato, collaboratrice giornalistica OMCeO Provincia di Venezia
Segreteria OMCeO Ve
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