Gioco patologico d’azzardo: una dipendenza non un vizio

Il gioco patologico d’azzardo non è un vizio o un semplice comportamento sbagliato: è una malattia e, come tale, va affrontata e curata. Chiunque può caderci e, una volta nel gorgo, è difficile tirarlo fuori, ma molto si può fare sotto il profilo della prevenzione.
È questo il messaggio chiaro arrivato dal convegno scientifico, dal titolo Fuorigioco. Vinci quando smetti, alla presenza quest’anno anche di alcune classi di un istituto di San Donà di Piave, che si è svolto sabato 21 settembre al Padiglione Rama dell’Ospedale dell’Angelo di Mestre nell’ambito di Venezia in Salute 2019, la due giorni organizzata ogni anno dall’OMCeO lagunare, con la sua Fondazione Ars Medica, in stretta sinergia con il Comune di Venezia e con il patrocinio della FNOMCeO, dell’ENPAM, che da un paio d’anni inserisce VIS nella sua iniziativa Piazza della Salute, dell’Ulss 3 Serenissima, dell’Ulss 4 Veneto Orientale, della Rete Città Sane dell’OMS e degli Ordini degli Psicologi e dei Giornalisti del Veneto.

I saluti delle autorità
A fare gli onori di casa, in attesa dell’arrivo del presidente dell’Ordine Giovanni Leoni, in trasferta per conto della FNOMCeO, il suo vice Maurizio Scassola e il presidente della Cao lagunare Giuliano Nicolin.
«L’Ordine – hanno sottolineato – continua nel suo impegno a stretto contatto con i problemi della popolazione e delle nostre comunità. Non parlando solo di temi strettamente clinici, ma anche di problemi sociali, socio-economici, psicologici, psichiatrici dei cittadini. Problemi che sono enormi, in netto aumento, che noi abbiamo il dovere di cogliere e analizzare, cercando di prevenire e soprattutto di accogliere le persone e le famiglie che hanno questi problemi. E cercando anche delle soluzioni insieme ai soggetti e alle istituzioni che da sempre ci affiancano in questo percorso. Un tema, quello del gioco patologico d’azzardo, che è da mesi sulla stampa ogni giorno e che VIS affronterà in modo poliedrico».

Compagni di strada eccezionali: così ha definito i medici veneziani l’assessore comunale alla Coesione sociale Simone Venturini, al fianco dell’Ordine da sempre nell’avventura di VIS, grazie anche al lavoro infaticabile di Nicoletta Codato.
«È sul territorio – ha spiegato l’assessore – che le varie realtà devono trovare una sintesi e una comunione d’intenti, e #VIS2019 è la punta dell'iceberg di questo impegno. È bello vedere come i medici in questi due giorni usciranno in piazza per fare rete con le realtà e le energie della città, un importante esempio di sussidiarietà che non può che trovare l’appoggio dell’Amministrazione comunale. VIS da nove anni a questa parte è diventato oramai un evento irrinunciabile».
Venturini si è poi soffermato anche sul tema scelto per l’edizione 2019, sottolineando come si tratti di un argomento molto delicato a livello sociale. «Da parte nostra – ha aggiunto – l’impegno è forte e possiamo dire che, dal regolamento restrittivo approvato nel 2015 a oggi, il Comune di Venezia è una realtà in prima linea e all’avanguardia nel contrastare il gioco d’azzardo patologico. Siamo pronti a raccogliere gli spunti che emergeranno in questi due giorni dal territorio per continuare la nostra azione con ulteriore slancio».

A portare i saluti del direttore generale dell’Ulss 4 Veneto Orientale, è stata Maria Grazia Carraro, direttore sanitario, che ha subito spiegato come il gioco patologico d’azzardo sia un fenomeno in aumento anche nel territorio veneziano. «È un fenomeno – ha detto – anche difficile da dimensionare e che ha effetti non solo sulla persona, ma anche sulla famiglia. Riuscire a fare rete, cercare di essere sentinelle e di riuscire a intercettare questo fenomeno, a far capire che c’è la possibilità di intervento è la vera sfida».

Ringraziamenti all’Ordine e all’Ars Medica per l’impegno di VIS anche dal direttore generale dell’Ulss 3 Serenissima Giuseppe Dal Ben che ha sottolineato come Venezia in Salute sia cresciuta nel corso degli anni. «VIS – ha detto – porta le tematiche della salute in mezzo alla gente. Questo voler essere a contatto con la gente, questo voler ascoltarla, questo presentare alla comunità i servizi a disposizione sul territorio è l’obiettivo più bello dell’iniziativa. Dobbiamo continuare così: lavorare insieme per sviluppare messaggi positivi sui temi della salute. Se la parola gioco fa pensare a qualcosa di bello, quando arriva la dipendenza è una cosa molto pesante perché coinvolge fasce d’età molto ampie e aspetti relazionali importantissimi».

A chiudere il giro dei saluti sono stati Alessandro De Carlo, presidente dell’Ordine degli Psicologi del Veneto, e Giuliano Gargano, consigliere dell’Ordine regionale dei Giornalisti. Il primo ha sottolineato la necessità di un’integrazione sempre più ampia tra le professioni e gli enti per affrontare i problemi di una società sempre più complessa. Il secondo, snocciolando dati sul gioco d’azzardo, sul suo giro d’affari, sulla diffusione delle slot, ha spiegato come giocare non provochi danni solo alla persona, ma anche alla società, sia per i costi elevati per le cure sanitarie di questi pazienti, sia per i prestiti illegali che sono costretti a chiedere per saldare i loro debiti, sia per i danni economici provocati nelle famiglie.

Il banco vince sempre
Il convegno è poi entrato nel vivo con l’introduzione di Gabriele Gasparini, vicepresidente dell’Ars Medica, che ha illustrato alcuni dati sul gioco patologico d’azzardo: le cifre che si spendono in Italia, il guadagno dello stato, il numero stimato dei pazienti patologici in Veneto, la spesa pro capite a Venezia, i pazienti seguiti dai SerD… (in allegato le slide). «Il gioco – ha aggiunto – è un problema che riguarda i giovani, ma soprattutto gli anziani, i pensionati. Uno dei problemi è la capillarità, la possibilità di giocare ovunque».
Ma la realtà è che al gioco è il banco a vincere sempre, non il giocatore. Lo ha ben spiegato nella sua performance educativa – replicata anche nel pomeriggio al Centro Commerciale Porte di Mestre e la domenica in piazza – Diego Rizzuto dei Taxi 1729, un’associazione di comunicazione e formazione scientifica che usa i numeri per spiegare e smontare i fenomeni sociali.
«Di vincere al Superenalotto – ha raccontato – c’è una probabilità su oltre 622 milioni, tante sono le combinazioni possibili. Di fatto c’è più probabilità che l’asteroide 99942 Aphopis colpisca la Terra il 12 aprile 2068 (una su 150mila, calcolo della Nasa) o di riuscire a farsi rispondere al telefono da Cristiano Ronaldo, componendo 7 cifre a caso dopo il prefisso 011 di Torino (una probabilità su 10 milioni)». Eppure, al Superenalotto giocano in tanti e il motivo è semplice: perché alla fine uno che vince c’è. E allora: «Perché non dovrei essere io?».
«Ci sono cose – ha aggiunto Rizzuto – come centrare il 6 al Superenalotto, che sono così improbabili, ma così improbabili, che non ha nessun senso razionale pensare ci possano capitare». Ma tra una probabilità, seppur piccola, seppur remota, e zero, a livello percettivo cambia tutto. Gli esperti lo chiamano “effetto possibilità” ed è quello che spinge le persone a continuare a giocare, e dunque a perdere.
Con una simulazione pratica, consegnando una schedina a tutti i presenti, Rizzuto ha anche smontato la vincita facile del Win For Life, gioco che promette per anni una rendita mensile indovinando 10 numeri sui 20 da estrarre. «La cosa bella – ha spiegato – che ci sono solo tre casi in cui non si vince: solo se si fa 4, 5 o 6. Si vince anche con lo zero. Questo spinge i giocatori a pensare che vincere sia facile… In realtà nell’80% delle giocate si fa proprio 4, 5 o 6. Ma dopo 7 numeri estratti tutti sono ancora in gioco. Così, quando si perde, scatta il meccanismo: sì, ma ho perso per poco, proprio alla fine. E così si rigioca». Per la cronaca: nessuno ha vinto tra tutte le persone presenti.

I testimoni
Cosa davvero succeda a chi cade vittima del gioco e ai loro familiari, lo ha raccontato molto bene il documentario Vite in gioco realizzato per l’occasione dal videomaker di Cavarzere Enrico Arrighi. Un viaggio, con l’aiuto anche delle psicologhe Paola Bozzola ed Emilia Serra dei sevizi dipendenze delle due aziende sanitarie veneziane, per capire come il pensiero del gratta e vinci o delle slot machine diventi totalizzante, il primo e l’ultimo, l’unico pensiero della giornata di un giocatore. Come trasformi le persone che, tra bugie e sotterfugi, prosciugano il conto corrente familiare e diventano altro da ciò che sono sempre state.
Una viaggio nelle difficoltà dei familiari che si sentono ripetutamente traditi, anche a causa delle numerose ricadute, e che trovano un sostegno solo quando capiscono che il loro caro è malato, che non lo fa apposta o per vizio. Ma un viaggio anche nella speranza, se non di guarire – quasi impossibile in caso di dipendenza – per lo meno di riuscire a controllarsi, di saper cogliere i segnali e le tentazioni, di riprendere in mano la propria vita e rimettere in sesto la propria famiglia.

Il viaggio tra i testimoni del gioco patologico d’azzardo è proseguito poi con una videointervista, sempre realizzata da Arrighi, a Franco Zane e alla moglie Simona, titolari a Mestre della Locanda Il Druido, che hanno colto l’occasione di un restyling del loro locale per sbarazzarsi delle slot machine e che, per questo, sono anche stati premiati dal Comune. «Grazie alle slot – ha raccontato Zane – riuscivo a pagarmi tante cose, le bollette ad esempio. Ma vedevo entrare queste persone che neanche salutavano e andavano dritte alle macchinette. Gente del quartiere, anziani che passavano a prendere la pensione e poi se la giocavano qui. A un certo punto ho detto basta e qualcuno di loro mi ha anche ringraziato».

Quando il gioco diventa dipendenza
La seconda parte della mattinata è stata, invece, dedicata alla descrizione di questa patologia e ai consigli per affrontarla agli operatori sanitari, in primis i medici di famiglia presenti. «Il disturbo da gioco d’azzardo – ha sottolineato il medico psichiatra Graziano Bellio, ex presidente di ALEA, Associazione per lo studio del gioco d’azzardo e dei comportamenti a rischio, uno dei massimi esperti in materia – è un disturbo a tutti gli effetti, di interesse sanitario, un fenomeno in preoccupante crescita, quadruplicati i pazienti nel decennio tra il 2007 e il 2017 (dati CNR), e che tra le persone più a rischio vede gli anziani, sempre più gli over 80, e i giovanissimi, per cui il gioco sarebbe in realtà vietato».
I dati dicono che poco più di un terzo dei maggiorenni – di questi il 3% dimostra di avere problemi con il gioco d’azzardo, una percentuale maggiore della schizofrenia e del disturbo bipolare – e il 30% dei giovani ha giocato nell’ultimo anno e che la maggior parte delle persone non gioca on line, ma dal tabaccaio, nelle sale scommesse, nei bar. «Il maggior numero di patologici che arriva ai servizi – ha aggiunto – ha problemi con slot, VLT e gratta e vinci. Chiunque si avvicini al gioco d’azzardo in qualche misura corre dei rischi».
Se i fattori di rischio non stanno dentro alla persona, allora stanno nell’ambiente o nella gente, ma anche nelle strategie che si nascondono dietro ai giochi e che spingono a continuare a giocare, nonostante le perdite.
La maggior parte dei pazienti patologici, poi, presenta comorbilità con altre dipendenze o patologie. I rischi fisici per il giocatore sono tanti: l’angina, ad esempio, o la tachicardia o la cirrosi epatica. «La comorbilità fisica – ha spiegato il dottor Bellio – è legata allo stile di vita del giocatore che fa più uso di risorse sanitarie, che ricorre più spesso al pronto soccorso, che ha disturbi da stress, della personalità, antisociale ad esempio, o alla postura. Se poi si associano fumo e alcool...».
Il giocatore, dunque, non si rivolge al medico di famiglia per i suoi problemi legati al gioco, ma semmai per altro. «Quello che si può fare – ha aggiunto il relatore – dipende dal contesto. L’operatore sanitario deve decidere se fare il cacciatore o il pescatore: se si vede un paziente una volta sola, pur capendo che ha problemi col gioco, si avranno scarse possibilità di incidere sul suo comportamento. Il pescatore, chi prende in carico una persona per una patologia cronica, può fare di più ma bisogna avere pazienza e una prospettiva di lungo termine».
Con il paziente problematico allora bisogna cogliere i segnali, sondare i comportamenti che possono essere collegati al gioco, come l’abuso di sostanze o le violenze familiari, dare informazioni, raccomandazioni e rinforzi motivazionali quando il paziente racconta di aver fatto qualcosa di positivo.
«I medici di medicina generale – ha sottolineato il dottor Bellio – possono fare tutto questo, ma anche provare con il loro paziente piccole azioni con conseguenti verifiche, fino ad arrivare ad un accompagnamento nelle strutture. Fondamentali sono poi il monitoraggio e il ripescaggio: sono frequenti le ricadute, sono possibili gli abbandoni, ma il paziente può essere sempre ripescato».
Tanti i segnali che si possono cogliere in chi ha intrapreso una strada di declino: i cambiamenti nella personalità, nelle condotte, nello stato affettivo, le alternanze di euforia e depressione, l’abuso di alcool o di fumo, lo stato di stress, l’insonnia, le difficoltà relazionali, i problemi che riguardano il denaro e il tempo. «Il giocatore, assorbito totalmente dal gioco – ha concluso il medico – si disinteressa delle proprie responsabilità familiari e lavorative. Il medico può anche fare domande specifiche, ma sempre con stile neutrale, senza avere un atteggiamento giudicante, altrimenti il paziente lo perde».

Le azioni in campo
Ai professionisti presenti i consigli utili sui servizi a disposizione sono arrivati nel corso della tavola rotonda, moderata da Maurizio Scassola, con gli operatori dell’Ulss 3 Serenissima, dell’Ulss 4 Veneto Orientale e del Comune di Venezia, che hanno illustrato le tante azioni di prevenzione e sensibilizzazione messe in campo negli ultimi tempi.
In Veneto, secondo i dati della Regione, nel 2016 i giocatori problematici erano 32.500, la stima dei potenziali malati tra i 3.200 e i 3.700, i fondi 2017 per la prevenzione e il contrasto pari a 5,3 milioni di euro.
Solo un giocatore su 5, però, chiede aiuto ai Servizi Dipendenze delle aziende sanitarie: 264 i pazienti seguiti nel 2018 dall’Ulss 3, con 76 nuove richieste d’aiuto che si stima saliranno a 110 nel 2019, 113 quelli dell’Ulss 4, ma erano 83 solo due anni prima.

Tra i temi emersi durante la tavola rotonda:

  • la difficoltà delle persone ad avvicinarsi ai SerD, stigmatizzati ancora come servizi dedicati solo agli eroinomani (Emilia Serra, psicologa SerD Ulss 4);
  • la mancanza in Italia di una legge quadro nazionale che regolamenti il gioco e una legge regionale sulla prevenzione, il trattamento e la cura varata solo la settimana scorsa (Emilia Serra);
  • come il gioco non sia un problema solo sanitario, ma che riguarda spesso anche la sfera legale e quella economica della famiglia, perché spesso i giocatori commettono illeciti amministrativi o reati veri e propri (Emilia Serra);
  • come non esista la medicina per il gioco, il farmaco specifico per guarire (Emilia Serra);
  • come il 75% di chi si rivolge al SerD lo fa perché perde alle slot, ma sono in aumento anche le persone dipendenti da gratta e vinci e scommesse on line (Alessandro Pani, direttore Dipartimento Dipendenze Ulss 3);
  • come il fenomeno si stia diffondendo anche tra i cittadini stranieri, con prese in carico di pazienti provenienti dai paesi dell’Est (Alessandro Pani);
  • che nonostante il rapporto maschi-femine sia di 5 a 1, questo non significhi che il problema non riguardi le donne, ma solo che loro abbiano una maggiore difficoltà a rivolgersi ai servizi (Alessandro Pani);
  • come, nella maggior parte dei casi, non sia il giocatore a rivolgersi al medico di medicina generale per chiedere aiuto, ma siano in realtà i familiari (Emanuela Blundetto, medico di medicina generale);
  • come il medico di famiglia debba avere la capacità di cogliere alcuni cambiamenti nel proprio paziente, nei suoi comportamenti, la richiesta continua, ad esempio, di certificati per il lavoro può essere un segnale (Emanuela Blundetto);
  • la necessità di dare ai pazienti direttive giuste e di creare una rete tra i medici di famiglia e gli esperti che si occupano del problema (Emanuela Blundetto);
  • gli obiettivi del piano aziendale sul gioco d’azzardo messo a punto dall’Ulss 3, che coinvolge tanti operatori e punta a ridurre l’impatto negativo del fenomeno: innanzitutto la sinergia con enti e associazioni per promuovere azioni innovative e fare una mappatura dei punti di gioco che al momento non esiste; quindi la prevenzione con la promozione di stili di vita corretti, la formazione delle persone e le iniziative di sensibilizzazione; infine la cura e la riabilitazione, sia nei SerD, sia con trattamenti residenziali (Ermanno Margutti, responsabile scientifico del piano);
  • le misure di contenimento adottate dal Comune: dalle attività di controllo ai dati sulle sanzioni comminate (133 diffide, 61 sospensioni di attività per tre giorni per un totale di 183 giorni, sospensioni di 5 giorni per un totale di 95 giorni, altri 180 giorni per ulteriori recidive), dalle ordinanze sulle distanze dalle slot per i luoghi sensibili, come per esempio le scuole, gli oratori, le case di cura, i parchi, alla regolamentazione degli orari di gioco, delle nuove aperture delle sale, dell’installazione di nuove slot, alle campagne di sensibilizzazione, infine, per gli esercenti (Alessandra Vettori, direzione Coesione sociale del Comune di Venezia).

Le conclusioni
«La vita è un gioco, ma se si conoscono le regole si può vincere» ha spiegato Laura Petri, Comunicazione e Ufficio Stampa dell’ENPAM, illustrando le attività di Piazza della Salute, la manifestazione itinerante, che dal 2016 gira l’Italia con iniziative sociali, di prevenzione e di sensibilizzazione alla cittadinanza sui diversi temi della salute, a partire dai corretti stili di vita, e in cui rientra anche VIS. Attività che hanno anche l’obiettivo di rinsaldare l’autorevolezza dei camici bianchi, da tempo ormai in discussione, e l’alleanza terapeutica tra medico e paziente. «La salute – ha aggiunto – è un bene prezioso, in cui bisogna investire, ma in cui bisogna anche giocarsi bene le proprie carte».

Sul gioco d’azzardo restano alcuni dati di fatto: il giro d’affari nel 2018 è stato di 106,8 i miliardi di euro, la spesa per il servizio sanitario nazionale, nello stesso anno, è stata di 115,4 miliardi di euro. «Questa è la massa di denaro – ha concluso il presidente dell’Ordine e vice FNOMCeO Giovanni Leoni ringraziando tutti i partecipanti– che circola. Il problema più grande è lo sdoganamento, la capillarità, il gioco a disposizione di tutti, nel bar o dal tabaccaio sotto casa, con le macchinette, con i gratta e vinci nei distributori dei supermercati… A disposizione anche di chi ha pochi soldi in tasca e si gioca la pensione. Sono dati impressionanti. I 20 miliardi che lo stato guadagna andrebbero reinvestiti prioritariamente in attività di tipo sociale e sanitario. Ma poco possiamo fare noi medici se poi le persone subiscono un bombardamento mediatico, pubblicità in tv, negativa e pervasiva, notizie di vincite stratosferiche sui giornali. Noi cerchiamo di fare la nostra parte, combattiamo con tutta la nostra buona volontà, ma ci troviamo a combattere contro una massa di interessi commerciali potente. Per cambiare davvero le cose, serve più impegno da parte di tutti».

Chiara Semenzato, giornalista OMCeO Provincia di Venezia

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