«Cliniche low cost? No grazie». I giovani dentisti hanno le idee chiare

La professione medica respirata da sempre tra le mura domestiche. Nessuna paura del dentista, neanche da bambino, anzi tanta curiosità. Una consapevolezza già ben definita su ciò che in odontoiatria è giusto e ciò che non lo è. Ha le idee molto chiare, nonostante la giovane età, Domenico Zuccarello, dentista 26enne: sarà lui, sabato 21 ottobre, al Teatro Goldoni di Venezia, a pronunciare a nome di tutti i colleghi neoiscritti all’Albo il giuramento di Ippocrate durante l’edizione 2017 della Giornata del Medico e dell’Odontoiatra che chiude il triennio di mandato e di formazione del consiglio direttivo in carica.

Dr. Zuccarello, come è nata la sua vocazione? Quando ha deciso di diventare odontoiatra?
Mio padre è medico ed è sempre stato una fonte di ispirazione per me. In realtà non mi ha mai fatto pressioni per spingermi a una carriera nel campo delle professioni sanitarie, ma sono sempre stato a contatto con il suo lavoro, restandone affascinato fin da ragazzino. Già al liceo pensavo potesse essere quella la mia carriera.
L’odontoiatria, poi, mi ha sempre incuriosito: quando da bambino andavo dal dentista, quello che mi circondava mi incuriosiva molto e non mi spaventava affatto. Non trovavo mai qualcosa di pauroso, forse perché vedevo il dentista come un collega di mio padre e, fidandomi di lui, non potevo immaginarmi qualcuno che lavorasse nello stesso settore che potesse in qualche modo nuocermi o farmi del male.
A essere sincero, però, la scelta dell’odontoiatria, più che da una mia diretta preferenza, è stata determinata anche dai test d’ingresso a numero chiuso che ci sono adesso per entrare nelle facoltà. Mi piacevano entrambi i corsi di laurea, medicina e chirurgia e odontoiatria, per me erano sullo stesso piano. Potremmo dire che ha deciso la fortuna e sono davvero molto contento che sia andata così. Rifarei esattamente lo stesso percorso.

Come è andato il suo percorso di studi?
Mi sono laureato a Padova, è andata molto bene: sono soddisfatto di aver studiato in questo ateneo. Innanzitutto perché sono rimasto vicino alla mia famiglia, a casa e questo penso aiuti molto ad avere meno distrazioni, a restare più concentrati sugli studi.
Ma anche perché ho trovato un ambiente accademico molto stimolante, con professori che mi hanno insegnato moltissimo sia sotto il profilo delle conoscenze teoriche, sia sotto quello dell’approccio e della gestione del paziente, dal punto di vista umano e non solo clinico. È stato un percorso bello, che ricorderò sempre con molto piacere, anche per le prime esperienze cliniche pratiche fatte nella Clinica Universitaria che c’è a Padova.

Ha fatto anche esperienze all’estero con l’Erasmus?
Sì, ho fatto l’Erasmus in Polonia in una città semi sconoisciuta, Breslavia. È stata sicuramente un’esperienza interessante, formativa non solo per la mia carriera di studi ma anche sotto il profilo personale, di crescita. Mi ha dato la possibilità di vivere in un paese straniero, da solo, di basarmi solo sulle mie forze, di conoscere altri giovani studenti europei, di creare con loro legami d’amicizia che mi hanno fatto sentire parte di una comunità più ampia, quella europea. Mi ha permesso anche di conoscere culture diverse, modi di vivere e di comportarsi diversi.
Poi, sotto il profilo accademico, ho conosciuto un differente modello di formazione, simile in Polonia a quello di altri paesi europei. Oltre al numero di anni di studio, sono diversi l’organizzazione dei corsi e degli esami: l’approccio è molto più pratico. Facendo un confronto, però, penso che il modello che abbiamo in Italia, quello padovano ad esempio che io conosco bene, sia molto più valido: credo che la formazione teorica che ci viene data in Italia non abbia eguali nella maggior parte delle università.

Prima lei parlava dell’approccio umano al paziente. L’Ordine dei Medici e la Cao veneziani da anni ormai puntano molto sulla necessità di mettere al primo posto dell’odontoiatria la tutela della salute del paziente, che non è un cliente. Un’idea che mi sembra lei abbia già molto chiara...
È una cosa che ci hanno insegnato all’università, un approccio che io condivido pienamente. Quando, parlando con un amico, lui confonde i due termini, paziente e cliente, mi piace sempre, se posso, puntualizzare, correggere l’errore, cambiare la mentalità.
Purtroppo questa è una conseguenza logica del fatto che noi odontoiatri lavoriamo prevalentemente in libera professione, ma anche della strada che negli ultimi anni sta prendendo l’odontoiatria. L’esplosione di queste compagnie in franchising, low cost, dà un’immagine commerciale della nostra professione, basata più sul profitto che sulla tutela della salute. Mi sono appena affacciato al mondo del lavoro, ma mi sembra chiaro che si stia svalutando il senso della nostra professione, che viene sminuita di continuo.
Già all’università i professori ci hanno sempre dato un parere molto chiaro riguardo a questo fenomeno: a me e ai miei colleghi sembrava qualcosa di molto distante, ma ora da neoluareati in tanti incontri con l’ANDI o con l’Ordine questo concetto è stato ribadito con forza, ci sono stati dati consigli per un miglior inserimento nel mondo del lavoro. Io e i miei colleghi abbiamo le idee abbastanza chiare su come porci: questo è importante perché il cambiamento, il ritorno a un esercizio più tradizionale della professione deve ripartire proprio da noi.
Per quanto sia breve la mia esperienza lavorativa, ho già avuto modo di conoscere e di entrare in contatto con queste realtà, per mia fortuna in maniera molto breve e indolore. Finché di certe cose si sente solo parlare, finché non si vedono con i propri occhi, non si capisce davvero quale sia la realtà, quanto sia sbagliata questa via. Un modello da cui io cercherà di tenermi sempre ben lontano.

Abbiamo parlato tanto del passato, ora guardiamo al futuro. Ha già scelto la sua specializzazione? Come si vede da qui a qualche anno?
Non ho ancora le idee chiarissime sulla mia specializzazione futura, ma non è una cosa che mi preoccupa più di tanto: mi sono confrontato con colleghi più esperti o con professori e più volte mi hanno detto che la loro specializzazione è maturata a distanza di diversi anni dall’inizio della professione.
Per il momento il mio obiettivo è fare più esperienza possibile, confrontandomi con i colleghi e cercando di conoscere più aspetti di tutte le possibili discipline per trovare poi qualcosa di più specifico, che mi interessi di più e che mi dia più soddisfazione.
Già adesso, rispetto alle idee che avevo all’università, molto è cambiato: in questo primo anno di lavoro, ad esempio, mi sono approcciato e ho praticato con più frequenza l’odontoiatria pediatrica, qualcosa che non avevo mai preso in grandissima considerazione. La vedevo come qualcosa di “scomodo” e invece è una disciplina che dà grandi soddisfazioni, non meno importanti rispetto ad altre.
Questo mi dimostra come, alla lunga, con la pratica le idee possano cambiare. Chirurgia orale e parodontologia sono settori che nel percorso di studi mi hanno particolarmente affascinato e che vorrei approfondire. La parodontologia, soprattutto, perché mira al mantenimento degli elementi dentali. Preservare ciò che è stato dato al paziente senza dover sostituire è, a mio avviso, il fine ultimo della nostra professione.

Lei sabato al Teatro Goldoni pronuncerà a nome di tutti i suoi giovani colleghi il giuramento di Ippocrate. Cosa ha provato quando lo ha saputo?
È motivo di orgoglio e di grande emozione. Essere io il portavoce è anche una responsabilità. Questa giornata è qualcosa di cui senti parlare da quando inizi la carriera in ambito medico. Finalmente potremo pronunciare questo giuramento che, per quanto formale, è qualcosa di molto importante: ci ricorda i principi base su cui poggia e dovrà poggiare sempre la nostra professione.

Chiara Semenzato, giornalista OMCeO Provincia di Venezia

In allegato la locandina della Giornata del Medico e dell'Odontoiatra 2017

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